Russia, la missione anti-Covid in Lombardia e il niet dell'Italia: «Volevano carta bianca»

Con la spedizione del 2020, Mosca tentò di «bonificare anche gli obiettivi sensibili»

Russia, la missione anti-Covid in Lombardia e il niet dell'Italia: «Volevano carta bianca»
di Francesco Malfetano
5 Minuti di Lettura
Martedì 22 Marzo 2022, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 13:16

«Avevano un’agenda e chiedevano carta bianca. Volevano bonificare tutta l’area della Lombardia coinvolta. Paradossalmente non era un’idea sbagliata, ma così erano compresi anche uffici pubblici e obiettivi sensibili». Agostino Miozzo, ex presidente del Comitato tecnico scientifico, racconta così l’incontro che tenne al ministero della Difesa due anni fa. Cioè pochi giorni dopo che, a seguito di una telefonata tra Giuseppe Conte e Vladimir Putin, Mosca lanciò l’operazione “From Russia with love” e spedì in Italia una decina di aerei cargo militari con (poche) mascherine, (pochi) ventilatori polmonari poi rivelatisi inefficienti, almeno 7 veicoli militari (tra cui uno che pare recasse la scritta “unità mobile informativa”) e 104 persone, ma solo 28 medici e 4 infermieri. 

Russia-Stati Uniti, Mosca attacca Biden: «Commenti inaccettabili su Putin, rottura vicina»

La lista è però imprecisa perché mai resa nota.

In ogni caso due giorni dopo lo sbarco all’aeroporto di Pratica di Mare, quando le operazioni di bonifica stavano per iniziare a Bergamo, focolaio dei contagi, la delegazione russa guidata dal generale Sergey Kikot incontrò i vertici dell’allora gestione sanitaria. Insieme a Miozzo c’erano il comandante del Comando operativo interforze Luciano Portolano e Fabio Ciciliano, segretario del Cts. «Gli abbiamo comunicato che si sarebbero dovuti concentrare su Rsa e strutture sanitarie nella zona più in difficoltà» ricorda Miozzo, ma sostenevano di avere un «accordo politico di altissimo livello» e poter fare qualsiasi cosa. «Ci siamo opposti» e Kikot allora, alterato, ha prima riferito a Mosca e poi ha interrotto la riunione. I russi pensavano di potersi muovere senza vincoli tra le province di Bergamo e Brescia, magari fino Ghedi, il paesino della bassa bresciana che ospita una base Nato e almeno venti testate nucleari Usa. Impossibile oggi stabilirlo con certezza, ma qualche dubbio resta. 

LE DICHIARAZIONI
Soprattutto alla luce delle parole con cui Alexei Vladimorovic Paramonov, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, nominato Cavaliere al merito della Repubblica Italiana e Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia dai governi Conte I e II, ha minacciato il ministro Lorenzo Guerini e - ricordando proprio gli accordi per gli aiuti inviati nel 2020 - paventato «conseguenze irreversibili» se l’Italia aderirà a nuove sanzioni contro Mosca. Quali fossero i contorni dell’accordo di cui parla il Cremlino non è noto. Per alcuni media americani c’entrerebbe il vaccino Sputnik che sarebbe stato «sviluppato a partire dal Dna di un cittadino russo risultato positivo in Italia». Supposizioni per ora. 

«Non so se ci furono accordi per la cessione di dati sul Covid o qualche intesa commerciale» tra Conte e Putin «perché è un aspetto su cui non abbiamo chiesto chiarimenti», «ma se l’idea dei russi era carpire informazioni sul nostro territorio, questo non gli è stato consentito». Ogni mossa russa nella Penisola «è stata tenuta sotto controllo dalla Difesa e dagli apparati di sicurezza». A spiegarlo è Adolfo Urso, presidente del Copasir che «anche recentemente» (quindi non solo durante la passata gestione dell’intelligence) ha interrogato i vertici di Aisi e Aise per assicurarsi che «la missione si sarebbe svolta esclusivamente in ambito sanitario». Cioè, come conferma anche la relazione depositata in Senato, i russi sono stati “accompagnati” sempre dai militari italiani. Del resto «era chiaro a tutti che le persone che sono arrivate erano a cavallo tra sanitari, militari e servizi segreti» spiegano altri due componenti del Comitato. Inevitabile quindi che monti la polemica.

Mentre il leader di Italia Viva Matteo Renzi spinge per «una commissione parlamentare d’inchiesta», Conte invece prima in una nota e poi in un’intervista al Corriere prova a frenare: «La vicenda è molto chiara e trasparente: in un momento di estrema difficoltà c’è stata da parte della Russia e di Putin l’offerta della disponibilità di mandare un gruppo di sanitari, scortato dai militari, in ragione della grande esperienza da loro maturata in questo settore nelle precedenti pandemie», spiega il leader del M5S. «Direi che tutte le insinuazioni, le allusioni, le preoccupazioni che oggi sorgono non hanno alcun fondamento». Una frenata che però rischia di trasformarsi in un casus belli interno ai 5S rispetto alle onorificenze insignite a Paramonov (ieri è stato avviato l’iter per la revoca). «Dalla documentazione e dai riscontri effettuati risulta che gli sono state consegnate su proposta del ministro degli Esteri e che la consegna della stella d’Italia è stata concessa dal ministero degli Esteri senza coinvolgere la presidenza del consiglio» ha detto ieri, scaricando per intero la faccenda addosso all’ex ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e, soprattutto, al “nemico” Luigi Di Maio.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA