Fine del Ramadan, i musulmani di tutto il mondo non possono festeggiare per il lockdown

La preghiera del venerdì che chiude il Ramadan in una moschea di Gaza
di Francesco Padoa
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Sabato 23 Maggio 2020, 09:10 - Ultimo aggiornamento: 23:08

La pandemia travolge tutto. Anche le secolari tradizioni religiose, come quelle islamiche, subiscono cambiamenti epocali. In tutto il mondo, i popoli musulmani che si preparano a celebrare fra oggi e domani la fine del Ramadan, non potranno festeggiare come sempre sono abituati a fare. In Italia, per esempio, nella Marca trevigiana, il rito tradizionale della preghiera collettiva si svolgerà sul piano «virtuale» delle piattaforme di videoconferenza web. Ciascuno dei 17 Imam riconosciuti dai fedeli in provincia, infatti, sta predisponendo la rispettiva comunità ad una partecipazione attraverso i mezzi informatici e perciò anche la preghiera quest'anno sarà molto «personalizzata». Sono tuttavia previsti collegamenti con la moschea di Roma per l'ascolto del sermone dei vertici nazionali delle comunità islamiche italiane. Nel territorio di Treviso si calcola che i cittadini musulmani ufficialmente residenti siano compresi fra le 30 e le 35 mila unità, sebbene siano da evidenziare comportamenti differenti nella professione spirituale da parte di etnie diverse. Gli islamici di origine balcanica seguono ad esempio i precetti e le scadenze del calendario islamico in modo normalmente molto «tiepido», mentre la componente proveniente dal Magreb si è sempre manifestata più ligia ai dettami religiosi.

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«Una città e una regione che si lascia cambiare dalla pandemia sarà una città e un regione che permetterà anche a voi quella libertà di avere luoghi per pregare e crescere assieme». Lo dice l'arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, nel messaggio inviato alle comunità islamiche presenti in Diocesi in occasione della fine del Ramadan. «I provvedimenti adottati per contrastare la diffusione della pandemia hanno obbligato anche voi, com'è accaduto a noi cristiani, a una disciplina di preghiera e digiuno nelle case, senza potersi ritrovare in spazi e momenti comuni di riflessione e preghiera - spiega l'Arcivescovo -. Questa mancanza, immagino, abbia segnato anche voi e ci porta tutti a interrogarci sulla bellezza della preghiera comune, sull'importanza di ritrovarci insieme per ascoltare le parole di Dio». A partire da questa riflessione, Delpini formula l'augurio affinché i musulmani presenti nel territorio della Diocesi ambrosiana possano disporre di luoghi di culto «come il diritto alla libertà religiosa impone ad ogni società».


«Ogni fedele dovrà venire con il proprio tappetino personale (già igienizzato), si raccomanda di svolgere l'abluzione nel proprio domicilio. Per la gestione delle scarpiere si consiglia l'utilizzo di calzari di plastica o la sistemazione delle scarpe nelle file in base all'ordine di entrata». Sono alcune delle regole per la riapertura della moschee, inviate in un vademecum dell'Ucoii alle tantissime realtà e centri di preghiera islamici in Italia. I musulmani in Italia sono tornati ieri in moschea per la preghiera del venerdì dopo quasi due mesi di chiusura dovuta all'emergenza coronavirus. Il protocollo per la riapertura delle moschee è entrato in vigore dal 18 maggio ma si è registrato di fatto ieri il ritorno al culto pubblico, essendo appunto venerdì. Mascherine, tappetini distanziati e igienizzati e preghiera in più turni: è questa la via scelta a Milano, nella moschea di via Meda, per la prima preghiera di nuovo insieme. Altri centri, a partire dalla Grande Moschea di Roma, hanno invece deciso di rinviare l'apertura. Il primo venerdì senza lockdown, ieri, coincide anche con l'ultimo venerdì di Ramadan, e in diverse realtà ha prevalso il timore di non potere gestire una grande affluenza di fedeli con le nuove norme. Si riaprirà anche in quelle strutture solo alla fine di maggio, a Ramadan concluso, e gradualmente. Milano dunque ha fatto da apripista. Durante il suo sermone, l'imam Yaha Pallavicini ha ringraziato Dio per «la salute di tutta la comunità». Il vicepresidente della Coreis, Yusuf Abd al-Hakim Carrara, esprime tutta la sua contentezza: «La voce spirituale dà un aiuto e un conforto. Coloro che credono sanno di poter avere nella preghiera un aiuto nella sofferenza. Ringraziamo il Presidente del Consiglio e tutto il governo - dice il vicepresidente della Comunità Religiosa Islamica Italiana - che è venuto incontro alle nostre esigenze nel rispetto del distanziamento e di tutte le norme. Abbiamo così potuto contemperare l'esigenza della salute fisica con quella della salute spirituale». Per questo giorno particolare sono arrivati alla comunità anche gli auguri dell'arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini: «Una città e una regione che si lascia cambiare dalla pandemia sarà una città e una regione che permetterà anche a voi quella libertà di avere luoghi per pregare e crescere assieme». Il protocollo tra il governo e le varie "anime" che rappresentano i musulmani in Italia era stato siglato il 15 maggio. Strette le norme come quelle per le chiese e gli altri luoghi di culto con contingentamenti delle presenze e l'obbligo di igienizzazione della moschea prima e dopo la preghiera. In moschea, al di là della grandezza, si potrà entrare al massimo in 200, mentre nelle preghiere all'aperto si potrà essere fino a mille persone. Comunque ciascun fedele dovrà essere distanziato dall'altro almeno di un metro. Vietato avvicinarsi alla moschea con una temperatura superiore a 37,5 gradi. Stasera si terrà il rito dell'Osservazione della Luna, per verificare se in cielo ci sarà la prima falce lunare. Quasi ovunque questo momento rituale, solitamente molto partecipato, continuerà ad essere vissuto attraverso collegamenti web e social. Poi la festa e la richiesta è quella di evitare assembramenti e di rispettare le norme. 

E all'estero, nei Paesi musulmani, come si comporteranno durante i giorni festivi dell' Eid al Fitr, in cui si celebra la fine del mese sacro islamico di Ramadan? Con circa 1,8 miliardi di fedeli, ossia il 23% della popolazione mondiale, l'islam è la seconda religione del mondo per consistenza numerica (dopo il cristianesimo) e vanta un tasso di crescita particolarmente significativo. In Turchia è scattato alla mezzanotte di ieri (le 23 in Italia) un nuovo coprifuoco di 4 giorni per contrastare la diffusione del Covid-19. Il lockdown, imposto solitamente dal governo di Ankara solo durante i fine settimana, sarà esteso sfruttando la festività islamica dell'Eid al-Fitr. «Abbiamo dimostrato di gestire con successo le ripercussioni economiche, sociali e umane dell'epidemia. Ma dobbiamo rimanere in stato d'allerta. La minima negligenza può farla ripartire. Per un certo periodo di tempo - ha avvisato il presidente Recep Tayyip Erdogan in un discorso ai dirigenti del suo Akp - saremo obbligati a includere certe misure nella nostra vita quotidiana». 

Riaprirà al pubblico dopo Eid al-Fitr, la moschea di Al-Aqsa, il terzo luogo più sacro dell'Islam. Lo ha annunciato ufficialmente il Waqf, l'istituzione incaricata di gestire il complesso di Al-Aqsa situato nella città vecchia di Gerusalemme. In una nota il Waqf ha annunciato di aver preso la decisione dopo consultazione con le autorità sanitarie e alla luce del calo costante dei casi di Covid-19. A breve, precisa il Waqf, saranno rese note le linee guida per la riapertura della moschea.  A Betlemme l'autorità palestinese ha affermato che il lockdown sarà rafforzato in Cisgiordania durante i tre giorni di festeggiamenti. 


L'Indonesia, sta registrando il maggior numero di casi quotidiani di coronavirus mentre milioni di persone nel quarto paese più popoloso del mondo si preparano a celebrare la festa di Eid al-Fitr senza le solite celebrazioni e raduni per la conclusioni del mese del digiuno del Ramadan.

In Indonesia vive il 13% della popolazione di religione musulmana di tutto il mondo. Il presidente indonesiano Joko Widodo ha vietato alle persone di recarsi a casa dalle loro famiglie per le feste, anche se secondo quanto riferito migliaia hanno anticipato il viaggio questa settimana, nonostante i timori che ciò possa causare ulteriori aumenti nella trasmissione del virus. Le autorità hanno chiesto ai militari e alla polizia di impedire gli arrivi a Giacarta fino a quando non sarà consentita una riapertura completa della capitale. Maizidah Salas, coordinatrice dell'Unione dei lavoratori migranti indonesiani, ha dichiarato che quest'anno sarà «l'Eid più triste per i lavoratori e i loro familiari». La festività è generalmente celebrata con regali e nuovi vestiti, e di solito c'è un picco nell'invio di denaro da parte di chi lavora all'estero. Quest'anno, tuttavia, molti hanno visto cancellare il proprio lavoro poiché le aziende sono state costrette a chiudere. Wasito, che lavora come idraulico in Malesia, non pagato da sei settimane, è stato costretto a prendere in prestito denaro dal suo datore di lavoro solo per mangiare. «Non ho il coraggio di chiedere perché non sono stato pagato perché non voglio essere licenziato, e sono troppo imbarazzato per prendere nuovamente in prestito denaro per Eid. Mia moglie chiama e piange ogni giorno. Quest'anno dobbiamo annullare le celebrazioni».

In Libano, una crisi economica che stava già causando enormi difficoltà è peggiorata a causa della pandemia e ha lasciato i musulmani nella disperazione all'inizio di Eid. «Anche durante la guerra civile c'erano soldi e nessuno moriva di fame», racconta un autista di autobus pubblico disoccupato a Beirut. In Egitto, le autorità stanno anticipando l'inizio del coprifuoco coronavirus esistente e vietando tutti i trasporti pubblici per sei giorni a partire da domenica. Le autorità dell'Iran hanno avvertito le persone di non viaggiare durante le celebrazioni.
«La nostra più grande preoccupazione è di avere nuovi picchi di malattia nel paese non rispettando le normative sanitarie», ha detto il ministro della sanità Saeed Namaki. «Quindi chiedo al caro popolo iraniano ... di non viaggiare durante le vacanze di Eid al-Fitr. Nuovi viaggi significano nuove infezioni da Covid-19»

Ma c'è chi ritiene la fine del Ramadan più importante di un'epidemia o addirittura della guerra. Lo stato di Nasarawa, situato nella parte centrale della Nigeria, ha sospeso il divieto di raduni religiosi per due settimane, dopo le quali si prenderà in considerazione l'opportunità di farlo in modo permanente. Il commissario statale per l'Informazione, il Turismo e la Cultura Dogo Shammah, ha affermato che i leader religiosi dovranno seguire le linee guida per arginare la diffusione del coronavirus, con i fedeli obbligati a lavarsi le mani e indossare le mascherine. Nasarawa confina con Abuja, che si colloca al terzo posto per numero di casi di coronavirus nel Paese. La revoca del divieto arriva proprio in coincidenza, non casuale, con le celebrazioni di Eid al-Fitr. Lo stato di Kano, nel nord della Nigeria e di religione prevalentemente musulmana, ha permesso ai fedeli le preghiere del venerdì osservando le regole necessarie a prevenire la diffusione del virus. Mentre in Libia l'autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) guidato dal generale Khalifa Haftar ha annunciato che si ritirerà di due-tre chilometri dal fronte di Tripoli. Il portavoce dell'Lna, Ahmed al-Mismari, ha spiegato che la decisione di ritirarsi è per permettere agli abitanti della capitale libica di muoversi liberamente durante l'Eid al-Fitr.

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