Qatargate, false buste paga agli staff: indagati altri parlamentari

Frodi sulle indennità, le nuove accuse a Kaili e alla greca Spyraki del Ppe

Qatargate, false buste paga agli staff: indagati altri parlamentari
di Claudia Guasco e Gabriele Rosana
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Venerdì 16 Dicembre 2022, 00:13 - Ultimo aggiornamento: 11:51

Buste paga, compensi a collaboratori e assistenti, forniture di servizi: insomma spese di vario genere gonfiate o del tutto false. Il Parlamento europeo rimane nell’occhio del ciclone della giustizia. E così pure Eva Kaili, l’eurodeputata cacciata dai ranghi socialisti e rimossa dalla vicepresidenza dell’Eurocamera questa settimana con un voto quasi all’unanimità per il suo sospetto coinvolgimento nel caso di corruzione e influenze illecite dal Qatar e dal Marocco.

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Stavolta con un caso che, dai banchi dei socialisti dell’S&D, si allarga pure ai popolari del Ppe.

Rimaniamo comunque in Grecia, con Eva Kaili e la democristiana María Spyráki colpite dalle accuse di frode. Sono le due donne elleniche finite sotto la lente dell’Olaf, l’ufficio europeo anti-frode, per delle presunte irregolarità nella gestione della (corposa) dotazione finanziaria che ciascun eletto ha a disposizione per l’esercizio del mandato.


I CONTANTI
Il sospetto è che abbiano architettato una frode a danno del bilancio europeo in relazione alla gestione dell’indennità parlamentare e in particolare per quanto riguarda la retribuzione degli assistenti accreditati. A Eva Kaili la Procura federale belga ha sequestrato 750 mila euro in banconote da 50 e 20 euro, l’ipotesi è che quel denaro sia in parte frutto delle spese gonfiate oltre che delle ipotizzate mazzette da Quatar e Marocco, che potrebbero essere servite anche per ungere il meccanismo di pressione a favore dei due Paesi nella Ue e ricompensare altri politici europei «a libro paga». Nell’indagine della magistratura belga sul Qatargate è stato infatti individuato un gruppo «indeterminato e molto ampio dedito alla corruzione, operante all’interno di strutture europee con o senza legami con l’Unione europea», come emerge dal decreto di perquisizione della Procura di Milano su delega di Bruxelles. Atti corruttivi, si legge, legati a «ingenti somme di denaro» in cambio della «propria attività» e già in Italia i pm starebbero ottenendo riscontri dai sette conti su diverse banche aperti dall’ex europarlamentare Antonio Panzeri, dal suo ex collaboratore Francesco Giorgi e dal sindacalista Francesco Visentini.

 

A indagare sul caso delle buste paga è invece la Superprocura europea di nuova istituzione, operativa da appena un anno e mezzo, che si occupa di fare luce sui crimini ai danni del bilancio e degli interessi finanziari dell’Unione europea, come l’impiego delle risorse a disposizione dei singoli parlamentari. La Superprocura Ue, nata sull’esempio dell’Antimafia italiana, ha chiesto all’Eurocamera la revoca dell’immunità parlamentare in modo da procedere contro le due elette di S&D e Ppe. Mentre Kaili si trova reclusa nel carcere di Halen, a poca distanza dall’aeroporto di Bruxelles, nell’ambito dell’inchiesta sul Qatargate, Maria Spyráki ha messo subito le mani avanti rispetto alla richiesta della Procura Ue: «La questione riguarda dei bonus di un mio ex collega che, per dei problemi personali, si è assentato dalle riunioni dell’Europarlamento. Non ho alcun legame con il Qatargate né con nessun altro caso». Giornalista, prima di essere eletta all’Eurocamera, nel 2014, Spyráki era la portavoce del centrodestra greco di Nea Demokratia, il partito del premier Kyriakos Mitsotakis. Fonti del Parlamento Ue, intanto, hanno confermato di aver avviato la procedura per la revoca dell’immunità, che richiede un voto della commissione giuridica, una sorta di giunta per le autorizzazioni a procedere. «Bene che mi venga tolta l’immunità, così potrò chiarire di non aver sottratto neppure un euro al budget del Parlamento», ha aggiunto Spyráki.


STRETTA ANTI CORRUZIONE
Con un tempismo infelice, il possibile filone che porta adesso anche in casa dei popolari è arrivato dopo che il Ppe aveva abbandonato la cautela garantista degli ultimi giorni per uscire allo scoperto, attaccando frontalmente «i socialisti ipocriti che finora ci hanno dato lezioni sul tema dello stato di diritto. Non siamo davanti a un Qatargate, ma a uno S&Dgate». A rompere l’unità vista all’inizio dello scandalo fra i gruppi politici, pure la scelta del Ppe di astenersi, ieri mattina, nel voto su una risoluzione relativa alla violazione dei diritti umani nel Bahrein e di chiedere una moratoria sui prossimi testi di questo genere. Il popolare ceco Tomáš Zdechovský, presidente del gruppo di amicizia Ue-Bahrein, era finito sotto accusa per le sue relazioni con il governo del Golfo: lo smantellamento di queste piattaforme informali di contatto e di influenza con i Paesi terzi è stata decisa dall’Eurocamera tra i provvedimenti da prendere nell’ambito della stretta anti-corruzione che arriverà nelle prossime settimane.

 

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