Putin è "per sempre": la Russia vota sì al referendum che lo terrà al potere fino al 2036

Putin è "per sempre": la Russia vota sì al referendum che lo terrà al potere fino al 2036
di Giuseppe D'Amato
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Giovedì 2 Luglio 2020, 10:12 - Ultimo aggiornamento: 12:02

MOSCA È andato tutto secondo le previsioni della vigilia. Stando ai dati ufficiali, il pacchetto degli emendamenti alla Costituzione del 1993 è stato accolto dal 77,92%. L'affluenza alle urne è stata buona e si è attestata al 65% degli aventi diritto. Fonti delle Forze armate hanno comunicato che il 99,99% dei militari ha votato. Intanto, il segretario di stato Usa, Mike Pompeo, non ha escluso che Putin possa essere invitato a un summit allargato del G7 ma ha precisato che spetta a Donald Trump decidere.

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LE MODIFICHE
Oltre 200 sono le modifiche apportate: la più importante riguarda l'azzeramento dei mandati presidenziali. Pertanto, per effetto della riforma approvata, Vladimir Putin - che sta ricoprendo la carica di capo dello Stato per la quarta volta - potrà ripresentare la sua candidatura altre due volte, senza violare la Costituzione che pone il limite dei due incarichi consecutivi. In pratica ha la possibilità di rimanere al Cremlino fino al 2036. E se così fosse entrerebbe nella storia come uno dei più longevi capi di Stato (zar o segretari del partito) russo-sovietici. Nella speciale classifica Vladimir Putin si inserirebbe al terzo posto con 36 anni di potere dietro Pietro il Grande e Ivan il terribile, ma prima dell'imperatrice Caterina II e di Michele Romanov, il capostipite della casa regnante dal 1613 al 1917. Distantissimo è Iosif Stalin con 29 anni al Cremlino.

La curiosità della giornata, rilanciata da tutti i mass media federali, è che Putin si è presentato al seggio elettorale per votare senza la mascherina. Alcune ore dopo il servizio stampa del Cremlino ha chiarito che il presidente si fida delle misure di sicurezza sanitarie prese dagli organi competenti. Le critiche più forti hanno, invece, riguardato la scelta di comunicare ufficialmente i risultati parziali prima della fine della consultazione, mentre nelle regioni occidentali si stava ancora votando. «Abbiamo preferito - si è giustificata Ella Panfilova, capo della Commissione elettorale - dare dati di prima mano» poiché «gli exit poll non sono regolati».

Tornando alle modifiche costituzionali, gli emendamenti sono 206 e toccano 46 articoli. Sono di vario carattere. Politico: alcuni specialisti evidenziano che i poteri presidenziali sono stati ancor più rafforzati (ad esempio: nomina e licenziamento del premier e del procuratore generale); per gli ex presidenti immunità e carica da senatore a vita. Istituzionale: nasce definitivamente il Consiglio di Stato (Gossovet), organo consultivo. Legale: impossibilità di cedere territori a Paesi stranieri (leggasi questione della Crimea, la penisola contesa con l'Ucraina, o quella delle isole Curili con il Giappone); superiorità della giurisprudenza federale su quella internazionale. Religioso: viene espressa la fede in Dio; i matrimoni possono essere contratti solo tra un uomo e una donna.

DUE FASI
La consultazione referendaria è durata giusto una settimana, dividendosi in due fasi. La prima, anticipata, è iniziata il 25 giugno, il giorno dopo la grandiosa parata militare sulla piazza Rossa in occasione del 75° anniversario per la Vittoria sul nazi-fascismo, ed è terminata il 30 giugno. In questo periodo si è potuto votare via Internet (ha preso parte al referendum il 90% di quanti si erano registrati) e ai seggi (ma per la pandemia la capacità era stata limitata a 8-12 votanti l'ora). Ieri, invece, nella giornata decretata come festiva si è avuta solo la possibilità del voto tradizionale.

L'esito della consultazione, organizzata nella prima finestra temporale utile dopo la fine della pandemia e l'inizio delle vacanze estive, era data per scontata anche perché, a causa del Covid 19, non si è avuta una vera campagna referendaria per il no. Invece i mass media federali hanno fatto propaganda per la «stabilità e la sicurezza». Non sorprende quindi che nelle edicole e nelle librerie russe siano già in vendita copie della Legge fondamentale con le modifiche approvate.

Il fronte del No ha avuto poco spazio mediatico. Il movimento Società civile ha pubblicato i suoi exit polls nelle due capitali: a Mosca si sarebbe imposto il no con 10 lunghezze di distanza (55 a 45), a San Pietroburgo stesso risultato, ma con 27 punti di vantaggio (63 a 36).

A Mosca in piazza Pushkin un centinaio di persone hanno organizzato una manifestazione spontanea di protesta al grido «abbasso lo zar». A San Pietroburgo davanti all'Ermitage stesse scene con qualche decina di oppositori. La polizia in entrambi i casi non è intervenuta.

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