Proteste in India contro la legge di cittadinanza: scontri e morti

La manifestazione in India
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Lunedì 16 Dicembre 2019, 18:09 - Ultimo aggiornamento: 18:11
Altissima tensione in India dove le proteste contro la nuova legge sulla cittadinanza voluta dal premier, Narendra Modi, e giudicata discriminatoria nei confronti dei musulmani, ha innescato duri scontri. Con un bilancio di almeno 6 morti, centinaia di feriti e di arresti in cinque giorni, soprattutto nello stato dell'Assam. Il focolaio del malcontento che nel weekend ha visto gli studenti contrapporsi con la polizia nel campus Jamia Millia Islamia di Delhi, si sono estesi a tutto il Paese. Con l'opposizione a fare da sponda ai manifestanti.

La leader del Bengala occidentale, Mamata Banerjee è scesa in strada a Kolkata alla testa di un massiccio corteo mentre Priyanka e Sonia Gandhi, si sono sedute sotto l'India Gate in un sit-in pacifico. Il portavoce delle opposizioni in Parlamento, Ghulam Nabi Azad, ha detto che non solo il suo partito, il Congresso, ma tutte le opposizioni sono unite nella condanna alle azioni della polizia. L'intrusione violenta della polizia nel campus della Jamia Millia Islamia, ha visto gli agenti lanciare lacrimogeni, picchiare coi manganelli studenti e studentesse, insultare le ragazze barricate nei bagni, dove era stata fatta saltare la luce, e devastare una biblioteca e una sala adibita a moschea. Almeno un centinaio di feriti sono stati ricoverati negli ospedali, qualcuno anche ferito da pallottole, mentre una cinquantina di arrestati non hanno potuto incontrare per ore i legali e gli attivisti dei diritti civili. Fondata nel 1931 la Jamia è una delle università più prestigiose del paese.

L'irruzione di ieri pomeriggio documentata da video rilanciati immediatamente sui social, è stata uno shock per il campus, con il vice rettore che oggi ha denunciato la polizia, e per l'India intera. Se non è chiara la dinamica dell'accaduto, che verrà discussa domani alla Corte Suprema, è chiaro l'intento della polizia di reprimere la protesta a tutti i costi. La domenica nera della Jamia ha acceso un fuoco che si è allargato alle università di tutto il paese: oggi, mentre i 50 fermati ieri venivano liberati, decine di migliaia di altri studenti sono scesi in strada dall'IIS di Bengaluru, ai due principali istituti di Mumbai, il Tiss e la Bombay University, ai college di Chennai, Madurai, Pondicherry, in Tamil Nadu, a Hyderabad, all'Università gemella della Jamia, in Uttar Pradesh. Il premier Modi ha cercato di placare gli animi con un tweet in cui dice che nessun indiano sarà toccato dalla nuova legge «che riguarda solo i rifugiati perseguitati per motivi religiosi».

Ma gli studenti che contestano la cittadinanza basata sull'appartenenza religiosa con l'esclusione dei musulmani, e gli indiani del nord est (dell'Assam, Tripura e Meghalaya, che si sentono minacciati nelle loro identità dagli immigrati dal Bangladesh), non la pensano come lui.
I più delusi dal premier e dal governo nell'Asam dove continuano le manifestazioni e regna il coprifuoco, con il governo che ha inviato alcune migliaia di agenti di sicurezza ed ha sospeso internet fino a domani, creando un «Kashmir dell'est». «Il governo di Modi ha dichiarato guerra alla nostra gente», ha detto Sonia Gandhi sotto l'arco di trionfo di Delhi, circondata da migliaia di persone che hanno letto con lei il preambolo della Costituzione: «Da giorni gli studenti protestano contro l'aumento delle rette e l'attacco alla Costituzione, ma il premier e il ministro degli interni Shah - ha denunciato - li attaccano come terroristi, secessionisti, rinnegati. Il loro è un attacco alla nostra anima».
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