Perché Francia e Gran Bretagna litigano? Dal naufragio dei migranti alla crisi dei pescherecci, storia di un conflitto

Scambio di lettere e messaggi: botta e risposta tra Johnson e Macron. E la Francia ritira l'invito all'Inghilterra per un summit europeo sull'immigrazione, in programma domenica prossima

La battaglia sul mare: ecco perché Francia e Gran Bretagna litigano. Le tensioni dai pescherecci ai migranti
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Venerdì 26 Novembre 2021, 18:56 - Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 15:50

La rivalità è vecchia storia. Gli ultimi episodi hanno, alcuni, caratura minore quanto a importanza strategica, altri, al contrario, enormemente tragica e perciò parimenti epocale rispetto gli scontri del tempo che fu. Così i rapporti non sempre facili, spesso difficili, tra Francia e Gran Bretagna rischiano di arenarsi sull'ultimo naufragio, il più doloroso di sempre, con quasi trenta migranti morti solcando il Canale della Manica alla ricerca di un destino migliore, di una vita meno grama. Prima, tra l'estate e l'autunno, era stata la crisi dei pescherecci a incrinare i rapporti tra le due grandezze che condividono lo stesso specchio d'acqua. E già quella era bastata a montare il caso internazionale. Figurarsi ora, con il mare listato a lutto. Dunque, la questione merita un approfondimento. Anche perché Emmanuel Macron, dopo aver stretto un patto con la Germania, ne ha appena firmato uno anche con l'Italia. La frattura con la Gran Bretagna ha così valore ben oltre i fatti specifici, per quanto comunque enormi. E uno su tutti. La questione migranti.

Il blocco dei porti

Con ordine. Le tensioni, intanto, si fanno sentire e vedere. Si parte dagli ultimi episodi. Questa mattina i pescatori francesi hanno bloccato i porti di Calais, Ouistreham e Saint-Malo nell'ambito dello scontro sui diritti di pesca nel Canale della Manica tra Francia e Gran Bretagna a seguito della Brexit. Si tratta di un «avvertimento», come hanno detto gli stessi pescatori facendo prevedere azioni più dure. «Non vogliamo elemosine, rivogliamo solo le nostre licenze. Il Regno Unito deve rispettare l'accordo post-Brexit», ha dichiarato in conferenza stampa Gérard Romiti, presidente del Comitato nazionale dei pescatori. «Sono undici mesi che aspettiamo. La pazienza ha dei limiti. Ci auguriamo che questo avvertimento venga ascoltato», ha aggiunto, parlando di protesta in risposta all'atteggiamento «provocatorio» e «umiliante» degli inglesi.

Nel pomeriggio, i rappresentanti di categoria hanno esasperato la protesta, attuando il blocco dell'accesso ai camion merci al terminal dell'Eurotunnel, il tunnel sotto la Manica nel nord della Francia, sempre come ritorsione contro Londra per la vicenda delle licenze di pesca post-Brexit. A bordo di diverse decine di furgoni e auto, i pescatori hanno bloccato la bretella d'accesso al terminal sul versante francese. Un'operazione annunciata ieri e programmata fino alle 16 di oggi nell'ambito della giornata di azione nazionale dei pescatori francesi cominciata a Saint-Malo. 

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Gli accordi (disattesi) del post-Brexit

Ma su questo versante, e prima ancora di passare al tema più scottante e alle ripercussioni in atto tra i due stati sul fronte migranti, qual è il motivo del contendere? Il punto è questo: al centro ci sono la pesca e le licenze ai pescatori nella Manica. Il canale è diventato un campo minato da quando sono stati siglati gli accordi sulla Brexit che sanciscono il divorzio del Regno Unito dall'Unione Europea (il TCA, cioè l'accordo di libero scambio e cooperazione con la Ue). La guerra diplomatica verte sul numero di licenze concesse da Londra ai pescatori francesi. La Francia considera il numero di licenze eccessivamente ridotto (sarebbero circa la metà), e comunque non conforme ai patti post Brexit  firmati con Londra. Tutto falso, dice Londra per cui la quasi totalità delle richieste dei pescatori francesi è stata esaudita: il 98% delle domande sono state accettate e per il 2% restante il governo britannico si dice aperto a valutazioni. 

Tutto risolto? Non proprio. Perché Parigi ai primi del mese in corso - quindi a far data dal 2 novembre - ha pianificato una serie di azioni che hanno innervosito parecchio gli inglesi: la chiusura dei porti ai pescherecci britannici, un rafforzamento dei controlli sanitari e doganali su camion e navi che attraversano la Manica, e pure il divieto di sbarcare prodotti ittici. Se non dovesse bastare questo primo pacchetto di azioni, ce n'è pronto un secondo ancora più duro che prevede «misure energetiche che riguardano la fornitura di corrente elettrica per le isole anglo-normanne», incluso Jersey. L'isola Jersey e quella di Guernsey, situate nella Manica (lato francese), sono dipendenze della Corona britannica ma la corrente arriva dalla Francia attraverso cavi sottomarini (così come la stessa Gran Bretagna importa energia nucleare dai vicini Oltremanica). A settembre il Regno Unito e il Jersey hanno negato le licenze di pesca a decine di barche francesi. Per tutta risposta i francesi hanno cominciato ad alzare il tiro e hanno giocato la carta "Unione Europea" annunciando di voler colpire l'approvvigionamento energetico della Gran Bretagna e di Jersey.

Secondo l'accordo TCA in vigore dal 1° gennaio, l'accesso della Ue alle acque del Regno Unito e l'accesso del Regno Unito alle acque dell'UE è ora gestito attraverso un sistema di licenze per le navi da pesca. Quando era membro dell'Unione la Gran Bretagna faceva parte della politica comune della pesca che dava a tutte le flotte europee uguale accesso alle acque della Ue. Ora è diverso. I pescatori francesi possono continuare a pescare tra sei e 12 miglia dalla costa del Regno Unito e al largo di Guernsey e Jersey fino al 2026 se hanno una licenza discrezionale rilasciata dalla Gran Bretagna.

Ma per ottenere la licenza, devono aver pescato in precedenza, in quelle acque, tra il 2012 e il 2016, e su questo i due paesi non sono d'accordo sulle prove richieste per provare l'attività di pesca passata. Ripercussioni e rivendicazioni non mancano. Così come le tensioni.

Il nodo dei migranti: triplicati i flussi

Fin qui, solo una parte del problema. Il tragico naufragio dell'altro giorno, mercoledì 24 novembre, ne ha fatto esplodere, improvviso, un altro. L'aumento dei controlli agli ingressi in Gran Bretagna - vuoi la Brexit, certo, ma molto anche il Covid - ha portato i migranti ad abbandonale le vie tradizionali di accesso oltremanica (navi, aerei e camion) per attuare la stessa strategia messa in atto nel bacino del Mediterraneo: la traversata a bordo di gommoni, barchini e barconi. L'ultimo è stato drammatico, con un bilancio pesantissimo: almeno 27 morti, tra cui una donna incinta e tre bambini

Londra e Parigi si rimpallano colpe e responsabilità. Anche qui, tensione crescente, ma su ben altro livello. Quello avvenuto pochi giorni fa è il naufragio più tragico da quando - nel 2018 - passare dalla Francia alla Gran Bretagna è diventata un'impresa quasi suicida, con la blindatura del porto di Calais e del tunnel sotto la Manica, per anni la via di fuga preferita per rifugiati e migranti. Sembra che a bordo del barcone - partito da Dunkerque - fossero stipate una cinquantina di persone in condizioni meteorologiche a dir poco avverse, sia per il mare sia per la temperatura attorno allo zero. Macron ha chiesto il rafforzamento immediato degli strumenti dell'agenzia Frontex alle frontiere esterne dell'Ue e una riunione urgente dei ministri europei coinvolti nella sfida migratoria: «Sarà fatto di tutto per punire i responsabili», ha promesso il capo dell'Eliseo.

Lo scambio di lettere e di veleni

La risposta non poteva farsi attendere. Così ieri sera, giovedì 25 novembre, con un tweet il premier Boris Johnson ha pubblicato il contenuto di una dura missiva recapitata al capo dell'Eliseo. In sostanza, da Downing Street il capo dell'esecutivo britannico ha intimato al presidente francese di riprendersi indietro tutti i migranti che nelle ultime settimane sono salpati dal lato sud della Manica diretti alla sponda nord.  Un numero triplicato nei primi dieci mesi del 2021 rispetto a quello registrato in tutto il 2020. Stilando poi un mini-decalogo in cinque punti, lo stesso Johnson ha delineato i tratti salienti di un ipotetico piano che dovrebbe disciplinare i rapporti tra i due Paesi nel tentativo di contrastare, o quanto meno contenere, i flussi migratori, incluse le ronde lungo la costa per arginare la partenza delle imbarcazioni e un potenziamento tecnologico per il monitoraggio di partenze e arrivi.

Macron non l'ha presa affatto bene. E non si è contenuto nel dirlo: «Sono sorpreso da metodi che non sono seri. Non si comunica tra dirigenti su questioni del genere via tweet o per lettere pubbliche». Così da Villa Madama, a Roma, dove si trovava per la firma del trattato Francia-Italia, il presidente della Repubblica francese è intervenuto sulla questione. «La Francia da lungo tempo si assume la propria responsabilità in materia migratoria - ha rimarcato Macron - i ministri lavoreranno seriamente per risolvere una questione seria, già domenica il ministro dell'Interno Darmanin riunirà gli omologhi dell'Ue e della Commissione. Vedremo poi con i britannici come agire in modo efficace se decidono di essere seri». Ma Johnson non si è dimostrato per nulla pentito di aver reso pubblica su Twitter la lettera inviata a Macron: «Il pubblico giustamente vuole sapere quello che stiamo facendo per risolvere questo problema», ha detto un portavoce di Downing Street. Che poi alla domanda se Johnson si sia pentito di aver reso pubblica la lettera ha risposto con un secco «no». Intanto il governo francese ha ritirato l'invito alla ministra dell'Interno britannica Priti Patel per un summit di ministri europei previsto per domenica proprio sul tema immigrazione. «Siamo delusi dal comportamento dei britannici - ha riferito il ministro dell'Interno francese Gérald Darmanin -; per questo ritiriamo l'invito alla signora Patel per il vertice di Calais».

Non durerà cento anni, la disputa. Ma di danni comincia a farne. E anche pesantissimi, a dare uno sguardo al bilancio del naufragio di tre giorni fa. Il problema è che tutto lascia presagire che qui si sia solo agli inizi. Mentre il mondo si ritrova ancora una volta con orizzonti ristretti per una nuova variante che avanza e preoccupa lungo il fronte Covid. Non proprio un bellissimo momento, insomma.

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