Netanyahu incriminato, Israele nel caos. Lui: è un tentato golpe

Netanyahu incriminato, Israele nel caos. Lui: è un tentato golpe
di Simona Verrazzo
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Venerdì 22 Novembre 2019, 10:48 - Ultimo aggiornamento: 13:58

Per la prima volta nella storia di Israele un premier in carica viene incriminato. Il procuratore generale israeliano, Avichai Mandelblit, ha incriminato il primo ministro Benjamin Netanyahu, per tre distinte accuse: corruzione, frode e abuso d'ufficio. La notizia era nell'aria ma è arrivata in un momento delicatissimo per il Paese, che dopo ben due elezioni (quelle di aprile e quelle di settembre) si trova senza un governo e con la certezza o quasi di dover tornare alle urne per la terza volta.

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Non si è fatta attendere la durissima reazione di Netanyahu, che ha parlato di «colpo di Stato» e di «tentativo di ribaltamento dei poteri». Un atteggiamento che fa escludere che possa dimettersi, così come chiesto da tutta l'opposizione. Il premier ha sottolineato il tempismo con cui è arrivata la decisione del procuratore generale, «nel momento più sensibile per il sistema politico israeliano», denunciando la volontà di farlo cadere con «false accuse motivate politicamente». E ancora: «Stanno versando il mio sangue, di mia moglie e dei miei figli. Non permetterò alle menzogne di vincere. Continuerò a guidare questo Paese». Fino a un attacco diretto ai magistrati: «È ora di indagare sugli investigatori».

Il tempismo a cui si riferisce Netanyahu è per quanto accaduto due giorni fa. Mercoledì Benny Gantz, leader del partito centrista, aveva rimesso il mandato a formare un governo nelle mani del presidente della Repubblica, Reuven Rivlin. Né il partito di Gantz né il Likud di Netanyahu possono contare su una maggioranza di seggi in Parlamento per poter dar vita a un nuovo esecutivo. Il capo dello Stato ha quindi affidato l'incarico al Parlamento, che ha 21 giorni di tempo, altrimenti si prospettano nuove elezioni, le terze in pochi mesi.

Quello stesso Parlamento su cui è puntata ora tutta l'attenzione per vedere se, in caso richiesto, si possa raggiungere il numero di voti a favore della revoca dell'immunità a Netanyahu. E mentre Gantz, commentando la decisione del procuratore generale, ha parlato di un «giorno triste per lo Stato», vasta eco hanno avuto le parole di Avigdor Lieberman, leader del partito di destra laico Yisrael Beitenu, pronunciate prima della notizia dell'incriminazione. L'ex ministro della Difesa e degli Esteri ha detto di augurasi che il premier venga assolto dalle accuse. Lieberman è stato a lungo corteggiato da Netanyahu per formare un'alleanza (in passato era stato uomo di punta dei suoi governi) ma non ha voluto allearsi con i partiti della destra religiosa.

I TRE CASI
Le accuse rivolte al premier uscente sono tre. Tre casi, secondo la terminologia israeliana. C'è il Caso 1000: l'inchiesta che vede Netanyahu accusato di aver accettato regali da facoltosi imprenditori (Arnon Milchan e James Packer) per circa 691.000 shekel (180.000 euro), in cambio di favori. Il Caso 2000: riguarda le intese con Arnon Mozes, editore del quotidiano Yediot Ahronot, per avere una copertura giornalistica benevola, in cambio della promessa di una riduzione delle tirature di un giornale rivale. Il Caso 4000: è il più delicato e riguarda i rapporti intercorsi tra il 2012 e i 2017 tra Netanyahu, all'epoca ministro delle Comunicazioni, e l'imprenditore Shaul Elovitch della compagnia di telecomunicazioni Bezeq, proprietaria anche del sito news Walla. Pure in questo caso si ipotizzano favori al gruppo in cambio di una copertura giornalistica benevola per il premier e per la sua famiglia.

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