Minneapolis, l'Onu agli Stati Uniti: «Fermate gli omicidi degli afroamericani da parte della polizia»

Minneapolis, Lebron con la maglietta: «Non posso respirare». É lo slogan motto della protesta social
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Giovedì 28 Maggio 2020, 12:37 - Ultimo aggiornamento: 30 Maggio, 12:25

Basta con gli omicidi degli afroamericani. Gli Stati Uniti devono agire per fermare questi abusi da parte della polizia. È quanto ha chiesto l'Alto Commissario dell'Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, dopo l'uccisione del 46enne George Floyd a Minneapolis.

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Intanto il sindaco Jacob Frey ha chiesto l'intervento della Guardia Nazionale alla luce degli scontri avvenuti dopo la morte di George Floyd e nel timore che possano esplodere nuovi disordini ancor più violenti Frey non si è detto contrario alle manifestazioni, tuttavia si è detto preoccupato per la sicurezza dei suoi cittadini. «Imploro la nostra città - ha detto - imploro la nostra comunità, imploro ognuno di noi a mantenere la calma e la pace. Onoriamo la memoria di George Floyd».

Si allargano inoltre negli Stati Uniti le proteste. A Los Angeles centinaia di persone hanno partecipato ad una marcia contro la violenza della polizia. Durante la manifestazione, l'auto di una pattuglia della California Highway Patrol è stata attaccata. «Le manifestazioni pacifiche sono il simbolo del nostro Paese, la violenza non è necessaria e danneggia il messaggio, esorto tutti voi a protestare pacificamente per il bene e la sicurezza di tutti», è l'invito rivolto ai manifestanti dallo sceriffo della contea di Los Angeles, Alex Villanueva. La polizia di Memphis, in Tennessee, ha risposto alle proteste con gli agenti anti sommossa ed almeno due persone sono state arrestate. Dopo che nella seconda notte di proteste a Minneapolis si sono registrate violenze, incendi e saccheggi, la famiglia di Floyd ha esortato i manifestanti a rimanere pacifici. Lo stesso ha fatto il governatore del Minnesota, Tim Walz, parlando di una «situazione estremamente pericolosa». Oggi all'alba la polizia ha reso noto che un uomo è rimasto ucciso nei pressi della zona che è stato teatro delle proteste.


La mobilitazione
«Aiuto, per favore. Non posso respirare!». La frase che è divenuta lo slogan del movimento Black lives matter (la vita dei neri ha un valore), è stata pronunciata di nuovo lunedì scorso a Minneapolis dall'afroamericano George Floyd, morto con le mani legate dietro la schiena, sdraiato a terra sull’asfalto, e con un poliziotto bianco che per otto minuti gli ha tenuto il ginocchio pigiato sul collo, senza che l’arrestato avesse opposto resistenza, e con totale disprezzo per il rantolo di voce con il quale protestava lo stato di travaglio nel quale si trovava. 

 





Quella frase, «non posso respirare», è diventata adesso un grido di battaglia nelle strade della città statunitense infuocata dalla guerriglia in seguito alla morete di Floyd. 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

STILL!!!! 🤬😢😤

Un post condiviso da LeBron James (@kingjames) in data:





 



Gli assi della Nba non smettono di manifestare indignazione per la morte di George Floyd.  LeBron James è sceso in campo per una seduta di allenamento individuale indossando una t-shirt con la scritta «Non posso respirare», alludendo chiaramente alla fine di Floyd. Fra i 24mila commenti alla foto postata dallo stesso James, quello dell'attrice Halle Berry: «Sono arrabbiatissima, non ci sono parole». Già ieri il fenomeno dei LA Lakers, via social, aveva espresso il proprio sdegno scrivendo: «ora capite? O vi viene ancora nascosto? # State svegli». Altri commenti erano stati fatti da Steve Kerr, capo-allenatore di Golden State e da Stephen Jackson, campione Nba nel 2003 con San Antonio e amico personale («era mio gemello») dell'uomo ucciso dalle forze dell'ordine. Ora protesta anche Stephen Curry, stella di Golden State, che con un lungo post sotto alla foto di Floyd, esanime, bloccato a terra da un poliziotto che gli sta sopra, scrive «se questa immagine non ti dà fastidio e non ti irrita, allora non so che dire. George Floyd aveva una famiglia, non meritava di morire, George ha chiesto aiuto ed è stato semplicemente ignorato, il che vuol dire chiaramente che la sua vita 'negrà non era considerata importante. George è stato assassinato, e non era un essere umano per quel poliziotto che, consapevolmente, gli ha tolto la vita». Il pivot degli Utah Jazz Rudy Gobert posta invece l'immagine divenuta virale del poliziotto sopra a Floyd e quella di Colin Kaepernick, giocatore all'epoca dei 49ers del football che al momento dell'esecuzione dell'inno nazionale si inginocchiava per protesta contro le discriminazioni razziali. Il commento è «un'altra persona di colore vittima della violenza della polizia».





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