Migranti, Macron in difficoltà sul fronte interno. Ma non intende rinunciare a Roma

La destra va all'attacco. Le Pen: «Aprire il porto un grave segnale di lassisimo»

Migranti, Macron in difficoltà sul fronte interno, ma non intende rinunciare a Roma
di Francesca Pierantozzi
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Venerdì 11 Novembre 2022, 06:31 - Ultimo aggiornamento: 11:35

L'Eliseo, non a caso, finora tace. Una settimana fa Emmanuel Macron si era detto «ferito» dalla frase pronunciata da un deputato del Rassemblement National in Parlamento: «che tornino in Africa» aveva detto il lepenista Grégoire de Fournas quando un suo collega della sinistra radicale aveva preso la parola per denunciare le «condizioni drammatiche dei migranti a bordo dell'Ocean Viking». Stretto fra l'incudine di una destra francese, non solo estrema, che in Francia chiede più fermezza nella gestione dei flussi migratori, e di una sinistra, non solo all'opposizione, che già nel 2018 aveva fatto secessione perché scandalizzata dalle derive antiumanistiche della politica migratoria del governo, Macron prende tempo.

Il suo proverbiale pragmatismo appare sempre più laborioso.

Con l'Italia, anche quella di Giorgia Meloni, le convergenze sarebbero tante: sul patto di stabilità in Europa, sulla necessità di fissare un tetto al prezzo del gas, sulla gestione dei fondi di solidarietà. Ma dopo la crisi dell'Ocean Viking il proverbiale equilibrismo macroniano richiede dosi acrobatiche di raro virtuosismo. A poco è servito lasciare al ministro dell'Interno Gérald Darmanin - campione dell'ala destra della maggioranza di governo - il compito di dire e ridire che l'approdo in un porto francese di una nave Ong con a bordo migranti «è eccezionale»: l'opposizione non si è fatta pregare per attaccare.

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LE PEN ACCUSA

«Accettando per la prima volta che una nave sbarchi dei migranti in un porto francese, Macron lancia un drammatico segnale di lassismo», ha twittato in un lampo Marine Le Pen. «Il governo francese si rende complice dei trafficanti. Bisogna rispedire le navi nei loro paesi di provenienza. Nessun porto francese deve diventare la nuova Lampedusa d'Europa» ha rincarato la dose Eric Ciotti dei Républicains, eletto nel dipartimento delle Alpes Maritimes al confine con l'Italia. All'inizio del prossimo anno il governo, sempre nelle vesti di Darmanin, presenterà una nuova legge sull'immigrazione che va verso una maggiore chiusura: più difficili le regolarizzazioni e le procedure di richiesta di asilo, più facili i respingimenti. L'ala gauche di Renaissance, il partito del presidente, è già in fibrillazione.

 

Con tutti, Macron cerca di seguire la politica del doppio binario evocando le due parole magiche: responsabilità e fermezza. Lo stesso doppio binario che ha cercato di imboccare in direzione dell'Italia dopo l'elezione di Giorgia Meloni: «continuare con ambizione la collaborazione tra Italia e Francia», ma anche «vigilanza» sul rispetto dei diritti. L'incontro con Giorgia Meloni il 23 ottobre su una terrazza con vista su Roma voleva essere la foto di questa entente se non cordiale, almeno di convenienza. All'Eliseo per ora nessuno commenta ufficialmente la crisi Ocean Viking. A registratori spenti, si auspica che la cosa si fermi a un «richiamo» alle regole europee. Il 26 novembre si celebrerà il primo anniversario della firma del Trattato del Quirinale per la cooperazione rafforzata tra Italia e Francia. È nato per evitare che si ripetesse la grave crisi del 2018 con il Conte I, e Matteo Salvini ministro dell'Interno. Il giovane Trattato affronta il suo primo test.

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