Corte Ue: no a rimpatri di rifugiati se rischiano vita o tortura. Salvini: chi spaccia torna a casa

Migranti, Corte Ue: no ai rimpatri se il rifugiato rischia la vita
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Martedì 14 Maggio 2019, 12:53 - Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 08:22

No ai rimpatri se nel Paese d'origine il migrante rischia la vita o la tortura. Non si può rimpatriare una persona in un Paese dove c'è il «fondato timore» che venga perseguitata. Anche se le è stato revocato oppure non le è stato riconosciuto lo status di rifugiato. La sentenza della Corte di giustizia Ue - che si riferisce a ricorsi presentati in Belgio e nella Repubblica ceca da un ivoriano, un congolese ed un ceceno - è un siluro alle politiche del ministro dell'Interno Matteo Salvini, che infatti reagisce: «io non cambio idea e non cambio la legge: i 'richiedenti asilò che violentano, rubano e spacciano, tornano tutti a casa loro». Ai tre cittadini stranieri è stato, rispettivamente, revocato o negato il riconoscimento dello status di rifugiato sulla base della direttiva europea 95 del 2011 che consente l'adozione di queste misure nei confronti delle persone che rappresentano una minaccia per la sicurezza o - essendo state condannate per un reato particolarmente grave - per la comunità dello Stato membro ospitante. I tre hanno impugnato la decisione ed il contenzioso è approdato in Lussemburgo.

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La Corte Ue oggi si è pronunciata. Fintanto che il cittadino di un Paese extra-Ue o un apolide abbia un fondato timore di essere perseguitato nel suo Paese di origine o di residenza - si legge nella sentenza - questa persona dev'essere qualificata come rifugiato e ciò indipendentemente dal fatto che lo status di rifugiato le sia stato formalmente riconosciuto. La direttiva, infatti, deve essere interpretata ed applicata nel rispetto dei diritti garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Ue, che escludono la possibilità del respingimento verso uno Stato dove la sua vita o la libertà di una persona possano essere minacciate. Proprio la facoltà di rimpatriare i richiedenti asilo o i rifugiati che delinquono è stato invece uno dei capisaldi della linea di Salvini che, nel decreto sicurezza, ha rafforzato le misure per favorire le espulsioni di chi commette reati. Il ministro, dunque, ribadisce che in Italia «la legge non cambia. E nel Decreto sicurezza bis norme ancora più severe contro scafisti e trafficanti».

E la sentenza, aggiunge, fa capire «perché è importante cambiare questa Europa, con il voto alla Lega del 26 maggio». Di parere opposto, Riccardo Magi e Francesco Mingiardi, di +Europa. «Con la sentenza della Corte Ue - sottolineano - cade un altro mattone della propaganda del governo e di Salvini, che vorrebbe governare l'immigrazione a suon di respingimenti e rimpatri e perfino multare chi salva vite. Una politica che viola le convenzioni internazionali oltre che miope e fallimentare, come dimostra il numero di rimpatri, e che deve fare i conti con un principio fondamentale ribadito oggi dalla Corte: in nessun caso si può rimpatriare o respingere una persona se da tali provvedimenti derivi un rischio per la sua vita, la sua libertà o dignità».

Sulla stessa linea Mediterranea saving humans. «Salvare vite umane - rileva la ong - non è un crimine, rimpatriarle senza tutelare la loro dignità e la loro sicurezza, sì. La Corte - aggiunge - ribadisce con forza un principio cardine del diritto internazionale: il 'non refoulement' che tutela la vita e la dignità delle persone e la cui violazione deve essere condannata anche quando avvenga in modo indiretto, con la consegna a Stati o enti terzi di persone che subiranno tortura o morte». Per il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, «le operazioni di compressione dei diritti costituzionali e umani non passeranno. Noi sindaci siamo stati chiamati ribelli ma invece siamo ubbidienti alla Costituzione e alle Convenzioni internazionali dei diritti umani».

 

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