Meno religione, più smartphone i giovani tradiscono gli ayatollah

Meno religione, più smartphone i giovani tradiscono gli ayatollah
di Siavush Randjbar-Daemi
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Domenica 28 Febbraio 2016, 09:49 - Ultimo aggiornamento: 3 Gennaio, 04:30
LA METAMORFOSI
Sfatate le previsioni di chi temeva e prevedeva un'astensione di massa, la società iraniana si è recata in massa alle urne venerdì. Dalle città irrequiete del Kurdistan iraniano e del Baluchistan ai luoghi di culto ebraici e armeni di Teheran, passando per innumerevoli moschee-seggio, oltre 35 milioni di iraniani su 54.8 di aventi diritto hanno deciso di partecipare alla consultazione elettorale, elargendo una chiara affermazioni ai moderati e ai riformisti che sono riusciti a entrare nelle liste elettorali
PIÙ GIOVANI DELLA RIVOLUZIONE

I dati parziali sul voto di venerdì danno indicazioni sugli umori e sulle ambizioni dell'elettorato iraniano. Costituito in maggioranza da cittadini che hanno più o meno la stessa età della Repubblica islamica (nata nel 1979), e quindi privi di una memoria della rivoluzione khomeinista e della guerra con l'Iraq che consolidò il sistema clericale, l'elettorato iraniano è più a suo agio con strumenti della vita globale moderna come Telegram, Instagram e Facebook e meno con il puritanesimo e l'attaccamento zelante ai principi religiosi che contraddistingue i conservatori tradizionalisti opposti al nuovo corso di Rohani. Dotati di un livello di istruzione giovanile superiore al 97% e di almeno 40 milioni di smartphone, i votanti delle grandi città come Teheran sono al passo con i tempi. Al tempo stesso, però, non vedono di buon occhio le sollevazioni nei vicini paesi arabi, da cui sono scaturite crisi come quella libica o siriana, e hanno accantonato le spinte propulsive verso cambiamenti troppo radicali. Preferiscono quindi affidarsi a quelle forze interne al regime islamico che possono garantire una transizione graduale ma effettiva.
UN SÌ A ROHANI

La decisione di sostenere gerarchi come Akbar Hashemi Rafsanjani (da quarant'anni ai vertici della Repubblica islamica, una specie di Andreotti iraniano) e di accordare oltre centinaia di migliaia di preferenze sia a lui che a Rohani, da decenni suo delfino, può essere interpretata come un referendum confermativo sui primi tre anni dell'attuale presidente, tutti incentrati sulla fine dell'isolamento internazionale voluto dai conservatori e il riavvio di rapporti politici, economici e culturali con l'Occidente. La società ha quindi scelto chi può favorire la tanta agognata importazione diretta dei prodotti Apple o quella distensione che ha scaturito, tra le altre cose, il ritorno della concessione, dopo cinque anni di interruzione, dei visti d'ingresso per la Gran Bretagna, dove risiedono almeno 300 mila iraniani, e l'esplosione del turismo occidentale verso il Paese mediorientale.
IL CAPO MILITARE

Tutto ciò avviene in un contesto di rispetto nei confronti di alcune figure conservatrici. Anche i riformisti nutrono rispetto e ammirazione per Ghassem Soleimani, il comandante dei Pasdaran protagonista delle attività del corpo d'elite in Medio Oriente. Considerato un padre della patria a causa delle sue attività contro l'Isis, Soleimani è una delle figure di riferimento di una società che ha ritrovato un patriottismo in precedenza annebbiato dalle crisi dell'era Ahmadinejad.
L'OSTRUZIONISMO

I moderati non potranno però sedersi sugli allori della loro affermazione elettorale. I nuovi deputati allineati a Rohani dovranno affrontare numerose sfide, dall'atteggiamento ostruzionistico di buona parte dei conservatori, che avranno comunque una presenza notevole nel nuovo Parlamento, alla contesa che si staglia sull'orizzonte per la successione alla Guida suprema Ali Khamenei. I neoeletti dovranno quindi rispecchiare il pacato ma chiaro messaggio della società: assicurare che il nuovo corso di Rohani non vada incontro alla fine prematura della primavera innescata - e ricordata con molta nostalgia - dal suo predecessore riformista Mohammad Khatami.
Siavush Randjbar-Daemi
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