È passato un mese dalla resa dei soldati trincerati nelle acciaierie Azovstal di Mariupol. La città è caduta, gli invasori sono entrati ed è cominciato il vero inferno. Anzi: «È stato peggio dell’inferno, non ci sono parole per descriverlo», ha detto al “Guardian” Vladimir Korchma, un macchinista nato e cresciuto nella cittadina. Due giornalisti del quotidiano inglese, Pjotr Sauer e Andrew Roth, hanno parlato con le persone che sono fuggite dopo aver sperimentato le conseguenze dell’occupazione russa e il quadro che emerge dai loro racconti è davvero terrificante.
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Mariupol aveva 500 mila abitanti prima della guerra.
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Ma erano i russi a rimediare alla mancanza di informazioni. Avevano organizzato un sistema basato su grandi schermi portati in giro da camion, sui quali si vedevano i telegiornali di Mosca e si potevano seguire dibattiti che spiegavano come la liberazione dell’Ucraina fosse una necessità alla quale Putin non poteva sottrarsi. «Avevano messo quegli schermi in tutte le piazze principali - ha detto una rifugiata di nome Katerina -. Quando mia madre ed io eravamo in fila per prendere cibo e acqua, siamo state costrette ad ascoltare storie su come ci stavano liberando dai nazisti».
La gente non ha di che mangiare e ha finito i soldi. I russofoni collaborazionisti, entrati in città con le truppe di Mosca, avevano promesso che le pensioni sarebbero state pagate di nuovo, ma non è accaduto. Solo chi rinuncia al passaporto ucraino e prende quello russo ha diritto a qualche miglioramento della sua misera condizione. Come accade in ogni guerra, molti sono subito saliti sul carro del vincitore, guardati con odio da chi ha avuto la casa distrutta e i familiari uccisi.
Anna Chasovnikova, la psicologa del centro di assistenza di Kiev, ha definito «un flusso infinito di dolore» le sessioni di terapia con coloro che hanno lasciato Mariupol. «Le persone non accettano che le loro vite passate siano perse per sempre, non riescono a guardare avanti». Le storie che raccontano «non erano immaginabili in questo secolo: cosa dici a una ragazza che ha visto suo padre saltare in aria durante la sua stessa festa di compleanno?». Mariupol dista appena 60 chilometri dal confine e gli abitanti avevano sempre pensato che i vicini russi fossero amici. Ora si domandano come abbiano potuto fare una cosa del genere. La dottoressa Chasovnikova risponde che a ordinare l’invasione è stato uno schizofrenico, ma perché i soldati ubbidiscono a un pazzo invece di ribellarsi?
Il filtro della tv
Nei programmi tv che si vedono in Russia la drammatica realtà di Mariupol non viene nascosta. NTV ha mostrato famiglie che scaldano brodo di piccione su un falò di legna nel cortile di casa e ha fatto vedere le code per il cibo e per l’acqua. Non ci sono più medicinali. Un rifugiato ha raccontato che quando dopo settimane di sofferenze è finalmente riuscito a portare il suo fratellino dal dentista, l’estrazione è avvenuta senza anestetico. In un video girato pochi giorni fa si vede un parcheggio pieno di cadaveri ancora da seppellire e subito sono circolate voci su un’epidemia di colera. Ogni medico sa che non sono i cadaveri a causare il colera, ma la distruzione dei servizi idrici e igienici e l’inquinamento delle falde acquifere, tipiche conseguenze di ogni guerra. Bisognerebbe anche vietare il consumo di cibi che trasmettono i vibrioni, come il pesce crudo, i molluschi e i crostacei contaminati dalle feci.
Secondo quanto ha dichiarato il consigliere del sindaco di Mariupol, Petro Andryushchenko, ogni giorno tra le 10 e le 15 persone arrivano in ospedale con sintomi di colera o dissenteria. Poiché in città non ci sono più farmaci, i pazienti vengono rimandati a casa dove diffondono attraverso le feci altri vibrioni nell’ambiente. Le truppe di occupazione non fanno niente, ha detto Andryushchenko, non hanno neppure vietato la vendita di pesce vivo, la misura più efficace e più semplice da prendere. L’inferno continua, ed è quasi peggiore dei bombardamenti.
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