Mariupol, paura per i bimbi. Ancora bombe sugli Azov

L’acciaieria di nuovo sotto il fuoco di Mosca. Nei cunicoli ci sono civili con i figli

Mariupol, paura per i bimbi. Ancora bombe sugli Azov
di Mauro Evangelisti
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Domenica 24 Aprile 2022, 01:00 - Ultimo aggiornamento: 16:31

Sotto Mariupol distrutta dalle bombe, c’è una piccola città sotterranea dove i bambini hanno un solo un sogno: «Tornare a vedere il sole». Sopra sono morte già almeno 28mila persone, i palazzi sono stati distrutti dall’esercito di Putin, con i feroci combattenti ceceni, e dalle milizie delle repubbliche indipendentiste. Mariupol fino a due mesi fa era una città come tante, che si riuniva vicino al teatro a Natale dove c’erano le bancarelle. Oggi sono solo rovine, dolore e morte, eppure lì Putin vuole organizzare la grande parata del 9 maggio. Difficile capire cosa ci sarà da festeggiare tra i cadaveri. Sopra i russi controllano quasi tutta la città. Ma poi c’è il sottosuolo, ci sono le gallerie delle vaste acciaierie Azovstal, dove un migliaio tra soldati del Battaglione Azov e marines provano ancora a resistere. Sopra, anche ieri sono proseguiti i bombardamenti dell’area industriale. Sotto, ci sono anche centinaia di feriti e di corpi. E ci sono anche i bambini, perfino neonati, le loro madri, che da settimane conducono questa vita senza conoscere più il mondo all’esterno, che non esiste nemmeno più per come lo ricordano loro. Ieri è stato diffuso un video. Certo, è stato pubblicato sul canale Telegram del battaglione Azov, formato da elementi di estrema destra, un tempo volontari, oggi inglobati nell’esercito ucraino. Ma ciò che conta davvero sono le testimonianze, le parole, le sofferenze di questi bambini e delle loro madri. Dicono i più piccoli, avvolti in maglioni e cappelli, ricoperti da cappucci sotto cui solo s’intravedono i sorrisi, perché lì nei cunicoli fa ancora freddo: «Vogliamo uscire e vedere il sole». Un bambino: «Abbiamo qualcosa da dire: vogliamo tutti tornare a casa, vogliamo tornare vivi, vedere i nostri parenti, ci mancano tanto».

 

 

Attesa

La voce fuori campo, probabilmente un militare dell’Azov, chiede: ma da quanto tempo siete qui? «Dal 5 marzo. Non sappiamo quando possiamo tornare a casa, stiamo qui da quasi due mesi. Aspettavamo i corridoi umanitari ma siamo rimasti intrappolati». Parlano anche le donne: «Mio marito lavora qui allo stabilimento. Siamo venuti il 2 marzo e abbiamo perso il conto di quanti giorni siano passati. Vogliamo tornare a casa». Un’altra: «Ci è sembrato il posto più sicuro. Io sono con la mia famiglia nel rifugio dell’Azovstal dal 25 febbraio. Abbiamo bisogno di aiuto, di essere evacuati. Imploriamo garanzie di sicurezza per i nostri bambini. Noi qui ne abbiamo più di 15 di diversa età, da neonati ad adolescenti. Chiediamo il cessate fuoco. Non passa giorno che i bambini non abbiano paura degli attacchi, stiamo finendo il cibo e presto non potremo sfamare i nostri figli». Secondo i media ucraini questo video risale al 21 aprile, mentre ieri è emersa la notizia della morte di due bambine attrici del teatro di Mariupol: avevano recitato insieme nelle «Cronache di Narnia».

 

Il presidente ucraino Zelensky ha lanciato un avvertimento all’esercito russo: se uccidete le persone che si trovano sotto le acciaierie i negoziati si interromperanno.

Ha aggiunto: «Ai battaglioni mando messaggi di sostegno. Cerco di ricordare loro che sono dalla parte giusta della storia, ma al momento lo sblocco militare dell’assedio di Mariupol non è una prospettiva. Possiamo solo difenderci». Le autorità ucraine mattina hanno denunciato: altri 308 cittadini di Mariupol sono stati «deportati» in Russia. Erano previsti nuovi corridoi umanitari, per consentire ad altri civili di mettersi in salvo (ma in territorio ucraino), ma sono stati boicottati dall’esercito di Mosca. «I russi hanno bloccato l’evacuazione e portato le persone nella città di Dokuchayevsk, che si trova nella regione del Donetsk, occupata da Mosca» sostiene il consigliere del sindaco di Mariupol Petro Andriushchenko su Telegram. «Vicino al centro commerciale hanno raccolto almeno 200 residenti di Mariupol. Invece degli autobus promessi dalla parte russa, l’esercito ha ordinato alle persone di disperdersi, annunciando bombardamenti e con l’uso della coercizione le persone sono state disperse. Gli autobus non sono mai arrivati».

 

 

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