Marito uccide la moglie malata terminale: «L'ho fatto per amore». Le taglia la gola ma per il tribunale è omicidio colposo

Anche lui ha provato a togliersi la vita ma è sopravvissuto

Marito uccide la moglie malata terminale: «L'ho fatto per amore». Le taglia la gola ma per il tribunale è omicidio colposo
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Sabato 30 Luglio 2022, 11:58 - Ultimo aggiornamento: 14:38

Ha ucciso la moglie per aiutarla a non soffrire più. È un racconto lucido e razionale quello di Graham Mansfield, condannato per l'omicidio colposo di sua moglie a cui ha tagliato la gola. «Il coltello era la cosa migliore che mi venisse in mente. Avevo promesso a Dyanne che avrei fatto di tutto per alleviare il suo dolore... Così l'ho fatto».  
Graham, 73 anni, ha ucciso la moglie Dyanne, una donna di 71 anni malata terminale da quaranta. E dice di averlo fatto per amore. Per amore, infatti, si erano ripromessi di morire insieme, di uccidersi insieme. Ecco perché per il tribunale non c'è dolo nell'assassinio commesso da Graham. 


Graham Mansfield, infatti, è stato condannato per omicidio colposo e non andrà in carcere. È straziante questa storia comparsa su tutti i giornali britannici e riportata anche dal Daily Mail con una lunga intervista al protagonista. 


Graham Mansfield ha fatto tutte le cose che avrebbe fatto normalmente prima di portare la moglie in vacanza. Ha cancellato le consegne del latte e dei giornali, ha mandato un messaggio al lavavetri, ha svuotato il freezer e riempito le mangiatoie per gli uccelli. Ha persino trovato il tempo per riordinare la casa. «Lo facevamo sempre, tiravamo fuori l'aspirapolvere, facevamo un po' di pulizia. Ti piace lasciare tutto in ordine, no?», ha detto al quotidiano britannico. Anche quando sua moglie Dyanne era fuori, con il cappotto addosso, Graham stava facendo la sua lista di controllo, impostando l'antifurto e spegnendo il riscaldamento. «So che sembra stupido, ma stavamo per partire, no?».

Poi però non sono corso in aeroporto, ma hanno camminato lentamente fino in fondo al giardino, dove ci sono delle belle aiuole rialzate. Lì, quando si è fatto buio ed è calata la notte, ha tagliato la gola alla moglie e poi la propria. Lei è morta, lui no, è sopravvissuto a un calvario di dodici lunghissime ore. Sarebbe stato un caso classico di omicidio suicidio. Invece è un omicidio: un marito che ha ucciso la moglie. Un femminicidio, si direbbe in Italia. Invece tra Graham e Dyanne era stato stipulato un patto suicidario.

La scorsa settimana il tribunale ha dichiarato Graham, addetto ai bagagli in pensione, non colpevole di omicidio, ma di omicidio colposo. Alla Manchester Crown Court, la giuria ha sentito che aveva ucciso Dyanne, 71 anni, «per amore». Quando le era stato diagnosticato un cancro terminale, Dyanne gli aveva fatto promettere di porre fine alla sua vita. E lui ha accettato, a condizione di morire con lei. Per il tribunale siamo di fronte a un patto suicida mal riuscito.

Il giudice Goose ha sottolineato le circostanze «eccezionali», affermando: «Sono del tutto convinto che lei abbia agito per amore di sua moglie». Ha incarcerato Graham per due anni, ma ha sospeso la sentenza, il che significa che Graham è libero di tornare a casa nella sua casa a Hale, Greater Manchester.

Suicidio assistito, mancano le leggi anche in Gran Bretagna dove il dibattito è aperto 


Anche in Gran Bretagna si parla perciò di inadeguatezza delle leggi esistenti in materia di morte assistita. E anche in Gran Bretagna il dibattito è apertissimo perché il reato c'è, la condanna pure. Ed è un reato pesantissimo: omicidio. C'è stata l'uccisione brutale di una donna a cui è stata tagliata la gola.

E c'è stato un atto di autolesionismo brutale: un uomo che ha provato a togliersi la vita. C'è un elemento violento che non può essere trascurabile.

Sul Daily Mail Graham torna in quella casa dove è successo tutto con il cronista. Ripercorrono insieme il tragitto che ha fatto quella terribile notte di marzo dell'anno scorso, sanguinante e disorientato, ma, con suo grande sgomento, «ancora vivo». Ha provato a morire ma non ce l'ha fatta. Si è tagliato i polsi, ha cercato di usare un martello ma poi è riuscito a rientrare in casa per prendere gli antidolorifici della moglie.

Mentre piange ha raccontato di aver pensato al disordine che stava facendo sul tappeto della sala da pranzo e ricorda di aver chiamato la polizia «solo perché potevo vedere l'orologio e sapevo che mia sorella avrebbe telefonato. Telefonava ogni mattina. Non potevo permettere che mi trovasse così». Quando sono arrivati i servizi di emergenza, «li ho pregati di portarmi fuori e lasciarmi morire. Ma non potevano farlo». Ha scelto di dare un'intervista perché vuole che altre persone che si trovano nella stessa situazione - con un coniuge che chiede aiuto per farla finita - abbiano «altre scelte». «Perché se ci fosse stata un'altra opzione per noi, l'avremmo presa. Se avessi potuto mettere Dyanne su un aereo per la Svizzera, l'avrei fatto», dice. «Se qualcuno ci avesse offerto un'iniezione, avremmo detto «sì». Avremmo potuto accoccolarci a letto, farci coccolare, farlo in un modo più umano, spiega.

Se le motivazioni di Graham sembrano comprensibili lo è meno il metodo scelto per compiere questo gesto estremo: l'uso di un coltello. «Lei ha lasciato fare a me. Quando andavamo in vacanza, mi diceva: "Graham, fai le ricerche e poi presentami le opzioni", e così ho fatto. E non avevamo più opzioni. . . Il coltello era l'unica cosa che mi veniva in mente», ha spiegato.

«Dyanne è ancora ovunque in questa casa. I suoi occhiali e il suo set da manicure sono su un tavolino in soggiorno; il suo spazzolino da denti in bagno. So che dovrei buttarli via, ma non ci riesco. Sarebbe come cancellarla», dice nella lunga intervista. Dice che gli manca di più quando cerca di cambiare il copripiumino. «Facevamo un gioco, ci schieravamo da una parte ciascuno. Lei diceva "Via!" e noi correvamo per portare il piumone agli angoli». «Ora, quando lo faccio, mi ingarbuglio».

Graham e Dyanne, gli amici e i vicini di casa testimoniano al processo

Graham e Dyanne si sono conosciuti nel 1974, in un pub, e si sono sposati sei anni dopo. Durante il processo, amici e vicini di casa hanno fatto la fila per testimoniare il loro reciproco amore. «Abbiamo condiviso tutto. Gite in bicicletta. Il badminton. Le vacanze: una volta in pensione, ne facevamo tre o quattro all'anno».  Lei lavorava come impiegata all'import-export, lui al controllo bagagli. Non ci sono stati figli: «Non è capitato», dice.

Nel 1999 ha avuto un cancro alla vescica e nel 2004 le è stato asportato un rene. Era una donna che conosceva bene gli ospedali e non voleva morire lì. Avevano appena festeggiato il loro 40° anniversario di matrimonio quando, nel settembre 2020 hanno ricevuto una terribile notizia. «Dyanne aveva un cancro ai polmoni che si era diffuso ai linfonodi. Stadio 4. Non esiste uno stadio 5», dice Graham. Un mese dopo, seduta sul divano, Dyanne gli chiese di prometterle qualcosa. Qualsiasi cosa, disse lui.

«Mi ha chiesto di ucciderla quando tutto è diventato troppo. Ho detto che l'avrei fatto a una condizione: che potessi andarmene con lei», ha detto Graham. Le persone disperate dicono queste cose quando si trovano di fronte all'impensabile, ma poche le mettono in pratica. 

Il patto e il piano per morire insieme

Nei cinque mesi successivi, hanno sgomberato la soffitta, portato le borse nei negozi di beneficenza, si sono assicurati che il loro testamento fosse aggiornato. Graham è andato in banca per prelevare 60.000 sterline dal loro conto di risparmio, nel disperato tentativo di evitare che i fratelli dovessero pagare l'imposta di successione. Si possono prelevare solo 5.000 sterline alla volta, quindi le mettevamo in cassaforte, a goccia a goccia. I dettagli sarebbero stati lasciati alla sorella nella lettera di addio.

Il piano è andato avanti parallelo al rapido declino fisico di Dyanne che si è sottoposta a chemioterapia e ha iniziato a perdere i capelli. La vita ha cominciato a diventare una serie di appuntamenti in ospedale, telefonate ai medici, attese nei corridoi, parcheggi dell'ospedale senza posti, Dyanne che piange per il dolore e la frustrazione.

Hanno trascorso un Natale triste. «Ho cucinato un tacchino e lei non è riuscita a mangiarlo. Mi ha detto: "Mi dispiace di averti rovinato il Natale"», ricorda. 

A un certo punto si presenta l'opzione di un ricovero in una casa di riposo ma l'ospizio locale aveva una lista d'attesa. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sembra essere arrivata quando Dyanne si è convinta che la sua gola si stesse chiudendo.  Entrambi sapevano di essere arrivati alla fine. Lei disse: «Ne ho abbastanza, Graham. È ora». Aveva ragione. Non aveva più la forza per andare avanti, ricorda il marito. 

Hanno provato a mettere in atto il loro patto suicidario a Buxton, nel Derbyshire, in una strada tranquilla. «Eravamo soliti andare in bicicletta nelle vicinanze. Ma quando fummo lì, Dyanne notò che c'era una telecamera a circuito chiuso in alto. Non potevamo rischiare che qualcuno avvertisse le autorità», spiega. Erano convinti di fare ciò che si erano promessi. 

È stata Dyanne, insiste Graham, ad avere l'idea di farla finita nel loro giardino. «Era perfetto: un luogo che amavamo, ma privato», dice.

La notte precedente è stata emozionante: «Alcune sere, quando spegnevamo la TV, dicevo: "Vogliamo fare un discorso profondo e significativo, Dyanne?", e ci sedevamo a parlare - mai di qualcosa di così profondo, per lo più di vacanze, ma quella sera abbiamo rivissuto tutta la nostra vita». Le dissi: «Dyanne, quando avevi 20 anni, se qualcuno ti avesse detto che avresti avuto un matrimonio felice, belle vacanze, una bella casa e un buon lavoro, ma che avresti dovuto rinunciare a tutto a 71 anni, avresti accettato?». Ha risposto: «Si».

Hanno pianto fino a che non si sono addormentati. La mattina dopo Graham ha scritto un biglietto d'addio per la sorella e uno per la polizia. Li ha inseriti in cartelle di plastica, per evitare che fossero danneggiati dalla pioggia e li ha messi in bella vista. 

In tribunale si è parlato molto del fatto che Dyanne non ha firmato queste note di addio. Che prove c'erano che lei fosse a bordo come lui? Nessuna. Lui ha sostenuto - con successo - che chiederle di «firmare una lettera sarebbe stato ridicolo in quelle circostanze. Stavo cercando di toglierle il peso», ha protestato. «Forse sarebbe stato meglio per me se avessi fatto un video, ma non stavo pensando al tribunale o alla prigione. Stavo per morire!».

Nel punto prestabilito, ha posizionato due sedie di plastica da giardino. Prese il suo coltello Stanley (non comprato per l'occasione; faceva parte del suo set di attrezzi) e altri due coltelli, dalla cucina. Quella sera si sedettero a guardare l'orologio. Verso le 18, Dyanne propose un bicchiere di vino per sé e una birra per lui. Lei riuscì a berne solo qualche goccia. Lui bevve la sua birra e poi un whisky. Piange di nuovo mentre descrive l'ultima volta che ha aiutato la moglie a scendere lungo il sentiero del giardino. «Faceva freddo, quindi aveva il cappotto. La stavo aiutando perché era così debole. Lei mi disse: "Non farò rumore". E non lo fece"», racconta.

Ci sono voluti due tentativi per uccidere Dyanne. Tra l'uno e l'altro Graham era in preda al panico. Quando alla fine la moglie si è accasciata sulla sedia, lui è andato avanti. Ha detto: «Dyanne, cosa abbiamo fatto?". Mi sono seduto sulla mia sedia. Le ho messo un braccio intorno alle spalle. Poi dissi: "Ora tocca a me"». Si è portato la mano al collo e ha provato a uccidersi. Non ci è riuscito mentre la sua casa nel frattempo è diventata la scena del crimine, con i vicini  sotto choc e Graham in ospedale, in arresto e in attesa di un intervento chirurgico.

Il sistema penale e quello giudiziario faticano a capire cosa fare di un uomo come Graham, scrive il Daily Mail. Sebbene la legge sia la legge, esistono linee guida per le forze di polizia su quali accuse penali dovrebbero essere mosse nei casi di cosiddetti omicidi per pietà. E' possibile - scrive il quotidiano - che le accuse di omicidio siano state mosse solo a causa del metodo di uccisione. Comunque sia, Graham sembra essere stato trattato con insolita gentilezza. Racconta che quando si trovava nella cella della polizia, un agente gli ha portato non una sola coperta, che è la norma, ma sei, «e una l'aveva arrotolata come cuscino». Gli è stata concessa la libertà su cauzione mentre le indagini proseguivano - cosa mai successa con un'accusa di omicidio.

Giovedì scorso Graham è uscito dal tribunale libero, ma "macchiato" da una condanna penale. «Dyanne ne sarebbe inorridita», ammette. «Ma lo rifarei se dovessi farlo». L'uomo ha sparso le ceneri della moglie nel loro giardino. E uscendo dalla casa di Graham e Dyanne, la giornalista Jenny Johnston nota uno di quei quadretti con le frasi fatte appese in tante case: "Quando il gioco si fa duro, i duri fanno giardinaggio". E pensa che un tempo, questa frase, scandiva il riassunto della loro vita. 

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