Brasile, Lula dichiara guerra a Bolsonaro, ma la Camera vota per la carcerazione

Brasile, Lula dichiara guerra a Bolsonaro, ma la Camera vota per la carcerazione
di Francesco Padoa
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Venerdì 22 Novembre 2019, 17:01 - Ultimo aggiornamento: 17:03
Brasile incandescente. Mentre Lula, da poco scarcerato dichiara guerra a Bolsonaro, la commissione per la
Costituzione e la Giustizia della Camera dei deputati ha approvato l'emendamento costituzionale (Pec) che consente l'arresto dell'imputato condannato in seconda istanza. E questo dopo la decisione presa il 7 novembre
dalla Corte suprema, che ha ribaltato la propria giurisprudenza considerando non applicabile la prigione finché non sono esauriti tutti i ricorsi possibili. Delibera che aveva portato proprio alla scarcerazione dell'ex presidente della Repubblica, Luiz Inacio Lula da Silva, condannato per corruzione e riciclaggio di denaro in tre gradi di giudizio. E se non bastasse, a surriscaldare il quadro politico-giudiziario brasiliano, c'è anche la dichiarazione dell'ex ministro dell'Integrazione nazionale durante il primo governo Lula (2003-2006), Ciro Gomes, ha dichiarato al quotidiano Valor di non avere dubbi sul fatto che l'ex presidente abbia commesso reati. E per chiudere il quadro, contro la scarcerazione di Lula si schiera anche l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo. Drago Kos, capo di un gruppo di osservatori dell'Ocse inviati in Brasile, ha dichiarato di essere «preoccupato per il cambio di posizione» votato dalla Corte Suprema, che ha permesso la scarcerazione di Lula, rende l'opinione pubblica «tollerante o
rassegnata alla corruzione». Quando la società si adatta a vivere con «l'impunità» ciò comporta delle «conseguenze nella lotta contro la corruzione».

Tornando a Lula, ieri nella sua prima intervista concessa dopo la sua scarcerazione, ha dichiarato al Guardian che «Il Partito dei Lavoratori (Pt) sta preparando il suo ritorno, per governare questo paese», perché il governo di Jair Bolsonaro vuole «distruggere tutte le conquiste democratiche e sociali degli ultimi decenni». Secondo Lula, «in questo momento, l'immagine del Brasile è negativa», perché un paese «che dovrebbe avere un ruolo nello scenario internazionale» è governato da «un presidente che non governa, e preferisce stare a discutere di fake news 24 ore al giorno» e la cui «sottomissione a Trump e agli Usa è veramente imbarazzante».

L'ex presidente si è detto «animato» dalle vittorie elettorali di Alberto Fernandez in Argentina e Lopez Obrador in Messico, e molto preoccupato dalla situazione in Bolivia, dove «il mio amico Evo (Morales) ha commesso un errore cercando di ottenere un quarto mandato presidenziale» ma ha dovuto affrontare per questo «un colpo di Stato, il che è sempre terribile in America Latina». Lula è stato scarcerato dopo che il Supremo Tribunale Federales (Stf) ha stabilito che le condanne penali diventino esecutive dopo che siano esauriti tutti i possibili ricorsi processuali, mentre finora lo erano dopo la loro conferma in secondo grado da parte di un tribunale collegiale.

Ma proprio su questo tema, La commissione per la Costituzione e la Giustizia della Camera dei deputati brasiliana ha approvato, con 50 voti a favore e 12 contro, l'emendamento costituzionale (Pec) che consente l'arresto dell'imputato condannato in seconda istanza.
Ora la Pec passa alla commissione speciale della Camera.  L'arresto dopo la condanna in appello ha guadagnato forza nel Congresso di Brasilia dopo la decisione presa il 7 novembre dalla Corte suprema, che ha ribaltato la propria giurisprudenza considerando non applicabile la prigione finché non sono esauriti tutti i ricorsi possibili. La delibera aveva come detto portato alla scarcerazione di Lula.


L'ex presidente è stato rinchiuso a Curitiba dall'aprile dell'anno scorso dopo che un tribunale di appello ha confermato una condanna in primo grado per corruzione e riciclaggio, ed è attesa per la settimana prossima una seconda sentenza in un altro caso, nel quale è imputato degli stessi reati. Dietro ai processi nei quali è stato condannato l'ex presidente c'è Sergio Moro, l'ex magistrato simbolo dell'inchiesta Lava Jato diventato ministro della Giustizia del governo Bolsonaro. Gli avvocati di Lula hanno accusato Moro di parzialità politica e altre irregolarità per chiedere l'annullamento delle cause, e lui stesso ha ribadito che spera che «un giorno Moro sia processato per quello che ha fatto».

L'ex presidente ha comunque escluso una sua possibile candidatura per le prossime elezioni presidenziali, indicando che «nel 2022 avrò 77 anni, e la Chiesa cattolica, che ha duemila anni di esperienza, pensiona i suoi cardinali ai 75 anni» e ha detto che non lo preoccupa essere, dopo Bolsonaro, il dirigente politico con il più alto indice di sgradimento. Paragondandosi con il fuoriclasse del calcio brasiliano, anche lui una figura molto polemica nel suo paese, Lula ha osservato che «comunque la gente parla di più di Pelé che di qualsiasi altro giocatore».

 
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