Libano, il racconto delle tensioni quotidiane sulla Blue Line: tra sconfinamenti e sfide in mare, il lavoro degli italiani per evitare gli scontri

Sector West, l'Onu l’ha affidato alla guida dei militari italiani, ma qui si concentra il lavoro di 17 nazioni

Libano, sulla Blue Line con i parà della Folgore. Il generale Vergori: «Qui facciamo arrivare farmaci, alimenti e doniamo il sangue»
di dall'inviato Nicola Pinna
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Lunedì 13 Marzo 2023, 00:13 - Ultimo aggiornamento: 9 Aprile, 23:20

AL MANSOURI (Libano) - Alle cinque di sera s'infuoca il cielo e rischia di infuocarsi anche il mare. È stata una giornata tranquilla sul confine conteso, dove persino un cane da caccia che si spinge troppo in là fa scattare sparatorie e proteste. La sfida, oggi, si svolge all'ora del tramonto. Oltre la scogliera e la spiaggia, dove una sfilza di boe blu definisce anche in acqua la linea di confine che da molti decenni è diventata una vera e propria trincea. All'orizzonte c'è tensione e si capisce quasi subito. I servizi di sicurezza israeliani hanno già raccolto l'informazione necessaria per mettere in moto la macchina della difesa e l'arrivo di una motovedetta d'altura fa capire che qualcosa sta per succedere. E poi infatti succede davvero.

Libano, la Blue Line e le tensioni con Israele

Sul fronte opposto c'è un barchino, piccolo e apparentemente innocuo: arriva a tutta velocità, si avvicina alle boe che delimitano il territorio del Libano e dall'altra parte, a quel punto, non si tirano indietro. Inizia la prova di forza. Prua contro prua, virate improvvise: provocazioni, che durano finché non cala il buio e che rischiano di finire con una nuova sparatoria. Il timoniere della piccola chiatta arrivata a tutta velocità da uno dei villaggi del sud del Libano non si arrende. Va avanti e indietro, cerca di ingannare l'equipaggio della marina israeliana e approfitta dell'agilità di manovra per oltrepassare la linea blu che non si vede ma c'è. E che da tutti deve essere rispettata. I caschi blu italiani osservano la scena dall'alto, dal tratto più ripido della Blue line, quella fetta di terra che di fatto è un cuscinetto che attutisce lo scontro tra Israele e Libano e che i blindati della Folgore pattugliano continuamente. La pace in mare la assicurano i tedeschi, anche loro schierati nella grande coalizione messa insieme dall'Onu con l'obiettivo principale di assicurare il cessate il fuoco in questo angolo di Medio Oriente, dove le bombe sono volate fin troppe volte.

Quello dell'Italia, qui, è un compito difficile: presidiare il confine più a sud, tenere gli occhi puntati costantemente su ciò che accade nella zona in cui le tensioni sono da sempre maggiori. «La situazione è sempre delicata, costantemente incerta e non solo per effetto delle storiche tensioni tra Israele e Libano o perché il Libano fa i conti con una gravissima crisi economica - spiega Roberto Vergori, che in patria è il comandante della Brigata paracadutisti Folgore e in Libano è il numero uno del Sector West – Si riversano qui anche gli effetti di situazioni geopolitiche che sono ambientate in luoghi apparentemente molto lontani. E spesso gli effetti delle tensioni non sono neppure facilmente individuabili». Dei 120 chilometri di Blue line, dove i due stati si impegnano a rispettare il divieto di andare oltre ma dove la realtà non sempre rispecchia gli accordi, una sessantina rientrano nella fascia di competenza del Sector West.

Libano, il pattugliamento del contingente italiano Unifil lungo la Blue Line

L'Onu l’ha affidato alla guida dei militari italiani, ma qui si concentra il lavoro di 17 nazioni. Siamo a quasi due ore d'auto dalla capitale Beirut, oltre il limite tracciato dagli argini del fiume Litani. Da qualche mese in prima linea ci sono i paracadutisti della Folgore, supportati da uomini e mezzi di molti altri reparti. E infatti il tricolore sulla divisa tra le strade del Libano lo indossano circa 1300 soldati. I blindatissimi Lince vanno avanti e indietro di giorno e di notte, evitando scontri diretti tra i due fronti, raccogliendo informazioni utili anche alle forze armate libanesi e organizzando pattugliamenti congiunti con i soldati delle Lebanese armed forces. 

Il punto più avanzato della prima linea italiana è in cima a una collina, in quella base che i soldati chiamano “1-31”. A guidare il lavoro dei 17 uomini che sorvegliano ciò che accade da questo lato, e anche ciò che succede dall'altro, c'è un giovane maresciallo che si chiama Andrea Piccirillo e che continuamente raccoglie le informazioni che arrivano dalle pattuglie schierate sul confine e dal sergente che passa le ore in cima a una torretta dalla quale è vietato fotografare. E un motivo c’è: la pace su questa striscia di polvere e macchia mediterranea, dove di tanto in tanto appaiono branchi di iene, è fatta anche di molte delicatezze. Il rispetto del mandato del Consiglio di sicurezza dell'Onu sì, ma anche le aspettative e le richieste degli abitanti, che i soldati se li trovano sull'uscio di casa ogni giorno e da molti anni. «Qui teniamo fede alla nostra grande tradizione, che unisce alle attività operative quella di supporto della popolazione – sottolinea il generale Vergori – Siamo attenti a raccogliere le richieste della parte più fragile della popolazione, a iniziare da quella delle donne, dialoghiamo continuamente con i sindaci, quando necessario facciamo arrivare farmaci e alimenti, doniamo il sangue per rifornire ospedali e associazioni di volontariato. Per questo i libanesi ricambiano con fiducia e affetto».

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Ma l'obiettivo del cessate il fuoco sembra ancora lontano. E durante i lavori di costruzione del grande muro voluto da Israele le violazioni e le provocazioni si ripetono molto frequentamente. Non ogni giorno ma quasi. E per questo ogni pattugliamento è un rischio. Le misure di sicurezza sono altissime e nulla può essere lasciato al caso: ogni convoglio una scorta e per ogni pattuglia è necessario tenere pronte le armi. Tra Al Mansouri, Shama e Naqoura le basi italiane rientrano sotto il comando di Italbatt: 700 uomini tra parà, reggimenti di fanteria e cavalleria, guastatori, battaglioni di manovra e di logistica. Nel piazzale della caserma 1-26 sono schierati i Lince e i blindo-centauro hanno gli armamenti sempre pronti. Ma qui il lavoro non è solo tattico. «La cooperazione militare e civile si devono unire, fondere – sottolinea il colonnello Dario Paduano, il comandante di Italbatt – E nei villaggi ci sono sempre grandi manifestazioni di gioia e apprezzamento quando passano gli italiani. È un segno della bontà del nostro lavoro».

Libano, viaggio lungo la Blue Line dove i soldati italiani lottano per la pace

 

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