Brexit, la stampa britannica
si interroga:
“E adesso che succede?”

Brexit, la stampa britannica si interroga: “E adesso che succede?”
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Sabato 1 Febbraio 2020, 14:23
LONDRA Le piazze si sono svuotate e i palazzi della politica restano chiusi per il weekend in questo sabato d'inizio febbraio che segna il primo giorno del Regno Unito fuori dall'Ue, dopo la formalizzazione della Brexit scoccata nella notte a chiudere una pagina di storia e 47 anni di matrimonio recalcitrante con Bruxelles. Mentre sono i media raccontare l'emozione fra giubilo, dubbi, titoli a tutta pagina. Il tono prevalente, pur in un Paese ritrovatosi diviso dal referendum del 2016 in avanti, è celebrativo. Con punte di trionfalismo sui tabloid destrorsi tradizionalmente vicini agli umori popolare più euroscettici. «Make Leave, Not War», sintetizza allegramente il Sun di Rupert Murdoch, storpiando di poco il vecchio motto pacifista «Make Love, Not War» (Fate l'amore, non la guerra), per poi chiosare: «Finalmente ce ne andiamo dall'Ue». Il Daily Express da parte sua mostra l'immagine di un cielo che albeggia, come a riprendere la metafora del Brexit Day di Boris Johnson sull' «alba di un nuovo inizio» per il Regno, e incoraggia enfaticamente il sole: «Sorgi e splendi, su una nuova gloriosa Gran Bretagna». A sorpresa il Mail punta invece la sua attenzione sul coronavirus, mentre Times e Financial Times simulano distacco a cavallo fra cronaca e storia: il primo con un semplice «Addio all'Ue», sullo sfondo della foto di una macchinetta a tre ruote old british riesumata ieri da sostenitori della Brexit e portata in giro con l'Union Jack a sventolare dal finestrino; il secondo limitandosi al titolo «La Gran Bretagna ha tagliato alla fine i legami con l'Ue» e sottolineando come il Regno sia da oggi «un Paese terzo» e come Bruxelles abbia perduto «per la prima volta» un pezzo. Un velo di rammarico compare infine sugli eurofili Guardian e I. «Il giorno in cui abbiamo detto arrivederci», titola il primo, mostrando una bandiera dell'Ue e affidandosi di spalla a un commento di Jonathan Friedland concentrato sulle «incertezze del futuro» britannico. Mentre il secondo esprime tutto il suo smarrimento in una domanda secca: «What next?».
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