L’Etiopia rifiuta i negoziati per la Grande Diga e obbliga l’Egitto a chiedere aiuto delle nazioni unite

L’Etiopia rifiuta i negoziati per la Grande Diga e obbliga l’Egitto a chiedere aiuto delle nazioni unite
di Alix Amer
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Domenica 21 Giugno 2020, 16:08 - Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 00:04
Si complica sempre più la vicenda tra i Paesi che fanno parte del bacino del Nilo. Non si vedono spiragli di luce nel faticoso negoziato fra Etiopia, Egitto e Sudan sul progetto di riempimento della Grande diga della rinascita etiope (Gerd), l’ambizioso progetto infrastrutturale iniziato nel 2011 sul Nilo azzurro e che, una volta ultimato, darebbe alla luce la più grande centrale idroelettrica in Africa. A rischiare di far saltare tutto è l’ultima minaccia da parte dell’Etiopia di abbandonare nuovamente il tavolo dei negoziati in corso dopo che le autorità egiziane hanno ventilato la possibilità di rimettere il contenzioso al giudizio del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’Egitto ha provato in tutti i modi di trovare una soluzione equa per tutti: l’acqua è vita e non può essere messa in discussione per nessuno. 
Ma riavvolgiamo il nastro della vicenda: l’Etiopia spinge per il riempimento del suo bacino in sette anni, ma l’Egitto vuole tempi più lunghi, tra i 12 e i 21 anni. Il Paese del Corno d’Africa preme per fruire di quella che sarebbe la più grande centrale idroelettrica del continente, mentre l’Egitto teme per l’approvvigionamento delle sue acque. Il Sudan è nel mezzo della diatriba: beneficerà della diga etiope, ma esprime la necessità di cautela e di un accordo tra le parti al tavolo dei negoziati. I tre Paesi hanno tenuto dei colloqui anche a Washington alla fine del 2019 e all’inizio di quest’anno, ma l’Etiopia non ha preso parte al giro finale dei negoziati - da cui si sperava la firma dell’accordo - per consultazioni interne al Paese, come addotto in ragione della mancata partecipazione. E ora siamo nuovamente in stallo. Che succederà? Le preoccupazioni del Cairo si basano prima di tutto sulla limitazione della portata delle acque del Nilo, necessaria non solo all’approvvigionamento idrico della popolazione ma soprattutto perché unica fonte di acqua per le coltivazioni. Con un’economia ancora legata all’agricoltura di sussistenza, il rischio che le coltivazioni necessarie alla sopravvivenza della popolazione vengano compromesse non può infatti essere corso dal Cairo.
Il portavoce del Ministero delle risorse idriche e dell’irrigazione egiziano ha dichiarato alla fine dei negoziati (ora fermi) che non era per nulla ottimista riguardo al raggiungimento di alcun progresso su un accordo, a causa della continua intransigenza etiope, che era già evidente durante gli incontri che si sono svolti tra i ministri delle risorse idriche in Egitto, Sudan ed Etiopia. E ha sottolineato: mentre l’Egitto ha mostrato maggiore flessibilità durante i colloqui e ha accettato un documento di compromesso preparato dalla Repubblica del Sudan, che avrebbe costituito una base per i negoziati tra i tre paesi, l’Etiopia ha presentato, invece, durante la riunione ministeriale svoltasi giovedì 11 giugno 2020, una proposta inquietante che include la sua visione delle regole per riempire e far funzionare la diga senza preoccuparsi degli altri Paesi. Una vera e propria imposizione inaccettabile. «La proposta etiope afferma che l’Etiopia ha il diritto assoluto di cambiare e modificare unilateralmente le regole che governano il processo di riempimento e funzionamento della diga indipendentemente dal fabbisogno idrico dei paesi a valle», aggiunge il portavoce del ministero delle risorse idriche. Insomma l’Etiopia cerca di “imporre” la loro proposta all’Egitto e al Sudan sotto la minaccia di un riempimento unilaterale della diga il prossimo mese. E come se non bastasse la scorsa settimana il vice capo di Stato maggiore dell’esercito etiope, Birhanu Jula, era andato ben oltre le minacce, aveva detto che l’Etiopia potrebbe fare ricorso all’uso della forza per difendere la diga. «Gli egiziani e il resto del mondo sanno molto bene in che modo conduciamo le guerre», ha dose Hula.

Il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi, non molla la via della pace e durante un incontro militare ha ribadito: «Abbiamo chiesto l’intervento delle nazioni unite per continuare fino alla fine la via diplomatica-politica. Siamo contenti dello sviluppo in Etiopia, ma non si può mettere in pericolo la vita dell’Egitto. Siamo un Paese in grado di concludere i negoziati in modo forte».
Intanto movimenti spontanei di pace si stanno muovendo in tanti Paesi, così come in Italia: «L’acqua è vita, fare la guerra per la vita non ha senso». Il filmato italiano è stato già ripreso da molti giornali egiziani.
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