Nel 1994, alcuni anni dopo l'incidente nucleare di Chernobyl, l'attuale ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba fu ospitato da una famiglia in Italia. Precisamente ad Atripalda, in provincia di Avellino: un posto che gli è rimasto nel cuore. Ed è il primo luogo in cui ha intenzione di tornare perché a quella terra è sempre rimasto legato: «Quando la guerra sarà finita, il mio primo viaggio all'estero sarà in Italia, ad Atripalda, per incontrare quella che considero la mia famiglia», ha detto in un'intervista al Tg1 della Rai. Kuleba ha raccontato una fase difficile della sua vita quando, poco più che ragazzino, venne ospitato da una famiglia del comune alle porte di Avellino dopo il disastro della centrale nucleare di Chernobyl nel 1986. Kuleba allora aveva cinque anni e viveva a Sumy, città poco distante da Chernobyl. Molti bambini e famiglie vennero evacuati per preservarli dalle radiazioni. Nel 1994, all'età di tredici anni, il suo arrivo in Irpinia, ospite di una famiglia di Atripalda con la quale ha mantenuto un legame profondo. «Considero queste persone - ha detto Kuleba - come la mia stessa famiglia e ho ricordi che non si cancelleranno». Kuleba ha ricordato «le serate insieme davanti alla tv tifando Italia e Roberto Baggio ai mondiali di calcio e la pizza margherita che consumavano in pizzeria. È questa la vita a cui vogliamo tornare - ha concluso il ministro -, dopo aver messo fine alla guerra e averla vinta. Il mio primo viaggio privato sarà proprio in Italia, per riabbracciare la mia famiglia di Atripalda».
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Kuleba in giornata è intervenuto anche a Bruxelles dopo un incontro con i ministri degli Esteri della Nato.
Ma finché «l'Occidente continuerà a comprare il petrolio e il gas russi, con una mano sostiene l'Ucraina, ma con l'altra sostiene la macchina da guerra della Russia». Il fatto è, prosegue il ministro, che «la gente muore oggi e l'offensiva avviene oggi, mentre le sanzioni inflitte alla Russia avranno effetto nel medio-lungo termine. I Paesi occidentali sono tutti amici, quasi tutti, anche amici personali, ma il problema è che devi sempre rompere un muro dietro l'altro. Prima dicevano "non vi manderemo armi", e abbiamo abbattuto questo muro. Poi "vi mandiamo armi leggere, non armi pesanti"». Ora, prosegue Kuleba, «"vi manderemo armi difensive, ma non offensive". Ho spiegato che non c'è alcuna differenza, perché noi ci stiamo difendendo: ogni arma è difensiva per definizione. Ora sembra che abbiamo abbattuto anche questo muro. Ma quante altre Bucha devono accadere? Quanti altri bambini devono morire perché capiate che non potete permettervi di essere stanchi di infliggere sanzioni alla Russia?».