D'altra parte le formazioni d'opposizione hanno scalzato dal potere gli ex leader della guerriglia indipendentista (Uck), che, con le loro posizioni radicali e fortemente antiserbe, hanno guidato il Paese sin dalla proclamazione di indipendenza da Belgrado del 17 febbraio 2008. Vi è la reale speranza che un nuovo governo abolisca i dazi doganali antiserbi imposti un anno fa e consenta la ripresa del dialogo con Belgrado, unica strada per arrivare a un accordo sulla normalizzazione dei rapporti e alla soluzione di un conflitto che continua a destabilizzare la regione.
Kurti, che si presenta come il futuro capo del governo in pectore, ha un passato di contestazione studentesca contro l'uomo forte jugoslavo Slobodan Milosevic.
E negli ultimi anni è stato protagonista di proteste plateali come la lunga serie di interruzioni dei lavori parlamentari a Pristina con l'uso di gas lacrimogeni in aula per impedire il voto di ratifica di un accordo frontaliero con il Montenegro.
Kurti è consapevole della responsabilità che ora gli tocca e promette l'apertura di una nuova fase di riforme e cambiamenti per il Kosovo: «Stiamo aprendo un nuovo capitolo per il nostro Paese», ha detto ai suoi sostenitori in festa. E stamane su Facebook ha sottolineato che da ieri sera il Kosovo ha una "speranza". «Un grazie a tutti voi che avete votato per il cambiamento, e in particolare per Autodeterminazione, salvando il nostro Paese da un ulteriore declino», ha detto il leader nazionalista.
Vjosa Osmani, docente all'Università di Pristina, si è mostrata disponibile a discutere di una possibile alleanza con Kurti per formare un nuovo governo del cambiamento e mandare all'opposizione le forze politiche che hanno causato lo stallo economico e sociale in cui si trova il Kosovo. A punire l'attuale dirigenza sono stati elettori: tanti i giovani, sempre più insoddisfatti per la crisi economica, la povertà diffusa, una disoccupazione che sfiora il 30%, corruzione e criminalità dilaganti, una situazione che ha indotto oltre 170 mila kosovari a lasciare il Paese negli ultimi cinque anni. La politica dura e intransigente della dirigenza di Pristina negli ultimi anni ha inoltre accentuato l'isolamento internazionale del Kosovo, i cui cittadini sono gli unici ad aver bisogno ancora del visto per viaggiare in Europa. E non ha prodotto risultati concreti nel negoziato con Belgrado.
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