Kosovo, risale la tensione con la Serbia: il nodo dei documenti e delle targhe auto, ecco cosa succede

Alla base c’è il fatto che la Serbia non riconosce il Kosovo come Stato indipendente

Kosovo, risale la tensione con la Serbia: il nodo dei documenti e delle targhe auto, ecco cosa succede
di Marco Ventura
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Lunedì 1 Agosto 2022, 12:42 - Ultimo aggiornamento: 2 Agosto, 08:10

Perché è riesplosa la tensione in Kosovo tra le autorità di Pristina e la minoranza serba? Le autorità kosovare hanno deciso di applicare gli accordi tra Pristina e Belgrado stabiliti a Bruxelles con la mediazione dell’Unione europea, che prevedono la reciprocità delle regole sui documenti d’identità e sulle targhe automobilistiche. In pratica, in Kosovo, dal 1° agosto le automobili con targa serba devono essere re-immatricolate e avere la targa kosovara, visto che le targhe kosovare in Serbia non sono riconosciute.

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E ai serbi che entrano si fornisce una dichiarazione sostitutiva dei loro documenti serbi.

Secondo un sondaggio, il 65 per cento dei serbi, minoranza nel Kosovo, è contrario e protesta. Belgrado li appoggia. Alla base c’è il fatto che la Serbia non riconosce il Kosovo come Stato indipendente. La tensione può degenerare in guerra aperta? L’invasione russa dell’Ucraina ha reso molto più esplosivo il confronto-scontro tra i serbi di Belgrado, storici alleati di Mosca, e gli albanesi di Pristina, vittime in passato della repressione di Belgrado e poi sostenuti dalla Nato. I fattori di rischio sono la tradizionale instabilità balcanica, con gli animi capaci di infiammarsi per episodi apparentemente insignificanti ma in realtà simbolicamente detonanti, l’interesse di Mosca a portare la guerra nel cuore dell’Europa spingendo Belgrado a scenari bellici appena sei mesi fa impensabili, e il coinvolgimento inevitabile di un Paese vicino (e confinante) come l’Albania. Con possibili conseguenze sulla Macedonia del Nord che ha anch’essa un delicato equilibrio interetnico. Il fattore di stabilità è invece rappresentato dalla forza d’interposizione della Nato, grazie alla missione K-For della quale fa parte un contingente di oltre 600 italiani.

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Che cosa si può fare per disinnescare il pericolo? Il rappresentante degli Stati Uniti ha chiesto e ottenuto dalle autorità kosovare il posticipo di un mese per l’entrata in vigore delle nuove regole. Nel frattempo, deve mettersi in azione rapidamente e efficacemente anche l’Unione europea che ha un ruolo di mediazione tra Belgrado e Pristina. In piena crisi russo-ucraina e di fronte allo scenario di una rinnovata Guerra Fredda senza più il tabù dell’uso dell’arma nucleare sdoganata da Putin, la diplomazia va puntellata da messaggi forti da parte della UE e della Nato. E, insieme, da scelte di buon senso delle autorità kosovare.

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