Kosovo e Serbia ai ferri corti, truppe ai confini e granata contro pattuglia dell'Eu: che cosa sta accadendo. Schierati anche i carabinieri

Kosovo, granata contro pattuglia Eulex dell'Unione europea: Pristina e Serbia ai ferri corti, truppe ai confini
di Mario Landi
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Domenica 11 Dicembre 2022, 19:41 - Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 12:08

Una granata contro le forze di polizia della missione europea Eulex e centinaia di agenti del Kosovo che si muovono pesantemente armati verso i confini con la Serbia. Sono sempre più tesi i rapporti fra Pristina, capitale di una repubblica autoproclamatasi indipendente dalla Serbia nel 2008 e riconosciuta solo da 98 stati (fra i quali l'Italia), e Belgrado, deterioratesi a livelli che ricordano sempre più gli scenari del dramma seguito al disfacimento della Jugoslavia di Tito. 

Meno di due milioni di abitanti, stretto fra Montenegro, Albania, Macedonia e Serbia, il Kosovo è tornato lo scenario della miccia che può riaccendere la polveriera dei Balcani dove le ferite per le guerre degli anni Novanta sono ancora aperte e dove è ancora necessaria una presenza armata internazionale, la KFor con militari della Nato e quindi anche dell'Italia, affiancata dalla missione Eulex dell'Unione europea di cui fanno parte anche carabinieri: ieri personale di questo contingente europeo è stato bersaglio di una granata "stordente" - di cui si sospetta una matrice filoserba - che per fortuna non ha causato feriti, ma che ha fatto scalare alla tensione un altro gradino.

la componente italiana di questo contingente al momento vede schierati 23 carabinieri del 7° reggimento “Trentino Alto-Adige”1 arrivati a fine novembre dalla caserma di Laives (Bolzano)

L'attacco alla pattuglia di ricognizione della missione è avvenuto la notte scorsa nei pressi di Rudare, nel nord del Paese.  "Questo attacco, così come gli attacchi agli agenti di polizia del Kosovo, sono inaccettabili - è scritto in una nota di Eluex -  Condanniamo fermamente gli atti violenti perpetrati da persone armate nel nord del Kosovo, anche contro la comunità internazionale. Eulex continuerà a lavorare con determinazione per sostenere la stabilità del Kosovo, entro i confini del suo mandato, e contribuire alla sicurezza della sua popolazione da parte di tutte le comunità. Chiediamo ai responsabili di astenersi da azioni più provocatorie e sollecitiamo le istituzioni del Kosovo a consegnare i colpevoli alla giustizia".

L'escalation

E oggi siamo all'ultimatum del premier del Kosovo, Albin Kurti, che ha dato tempo fino a stasera alla popolazione serba di rimuovere le barricate erette per protestare contro l'arresto di un ex ufficiale di polizia. Secondo fonti di Vecherne Novosti, Kurti ha informato i Paesi del Quintetto sul Kosovo (Usa, Regno Unito, Francia, Germania, Italia) che «le strutture di sicurezza del Kosovo, guidate dalle Unità speciali di polizia Njso, ora in stato di massima allerta, prenderanno tutte le misure per rimuovere le barricate nel nord».

Come reazione immediata a questa dichiarazione, il presidente serbo Aleksandar Vucic ha convocato una riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza nazionale per discutere la risposta in caso di intervento contro la popolazione serba del Kosovo. Il presidente del partito serbo kosovaro Lista Serbia, Goran Rakic, ha denunciato che questa sera Kurti invierà unità della polizia e del servizio di sicurezza speciale del Kosovo per «perseguitare il popolo serbo» e «scatenare una tempesta» sulla popolazione.

«Questo è il momento in cui spetta alla Kfor (la forza della Nato) e alla (missione Ue) Eulex impedire il caos che Kurti sta preparando», ha avvertito Rakic, il cui partito governava le quattro municipalità a maggioranza serba del Kosovo settentrionale prima di annunciare, a novembre, un boicottaggio totale con le dimissioni di tutti i suoi sindaci e il ritiro dalle elezioni locali inizialmente previste per la prossima settimana, ora rinviate ad aprile. 

Dopo la guerra delle targhe dei mesi scorsi ora la tensione è stata innescata dall'arresto dell'ex poliziotto serbo-kosovaro Dejan Pantic, con le accuse di coinvolgimento in reati di terrorismo e attentato all'ordine costituzionale, in particolare per l'assalto agli uffici della commissione elettorale e attacchi a funzionari della polizia kosovara.

Pantic, come altri 600 ufficiali serbi del Kosovo, si è dimesso dal suo incarico come parte della campagna di boicottaggio lanciata della Lista Serbia, dopo le tensioni sulle targhe e la nomina di un ministro kosovaro per le Comunità non proveniente dalle fila del partito sostenuto da Belgrado.

​La reazione dell'Europa

Dopo l'attacco di ieri sera a una pattuglia di Eulex con una granata stordente, che non ha provocato vittime, il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha chiesto moderazione e la rimozione delle barricate.

Ma la premier serba Ana Brnabic ha risposto che sono state erette «non solo perché i loro diritti umani fondamentali (dei serbi kosovari) sono minacciati, ma anche per proteggere l'accordo di Bruxelles e la cui attuazione dovrebbe essere garantita dall'Ue».

Le barricate, ha scritto, sono «un appello alla pace e anche un appello all'azione della comunità internazionale affinché inizi a fare il suo lavoro».

La situazione

Le cancellerie occidentali, in primis Ue e Usa, moltiplicano gli appelli alla calma, e nelle ultime ore a intervenire è stato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha contattato telefonicamente il presidente serbo Aleksandar Vucic e il premier kosovaro Albin Kurti lanciando appelli al dialogo e alla moderazione. L'intesa delle scorse settimane sul nodo delle targhe automobilistiche sembrava aver riportato la calma nei turbolenti rapporti tra la dirigenza di Pristina, di etnia albanese, e la popolazione serba che costituisce la maggioranza nel nord del Kosovo, e che gode dell'appoggio incondizionato del governo di Belgrado.

A surriscaldare nuovamente l'atmosfera è stata tuttavia la decisione del governo kosovaro di inviare al nord centinaia di agenti della polizia speciale, pesantemente armati e appoggiati da veicoli blindati. Un passo motivato dalla necessità di garantire l'ordine pubblico e la sicurezza dei residenti dopo gli incidenti dei giorni scorsi, ma che ha provocato un'autentica sollevazione della popolazione serba locale. Una rabbia sostenuta e condivisa da Belgrado, che accusa apertamente il premier Kurti di soffiare sul fuoco, di attuare una politica provocatoria e di puntare a una vera e propria pulizia etnica con l'espulsione dei serbi dal Kosovo.

Scioccanti le parole ieri della premier serba Ana Brnabic, secondo la quale con le sue azioni unilaterali e destabilizzanti e con il suo evidente odio antiserbo Kurti ha portato la situazione «al limite di un nuovo conflitto armato» nei Balcani. E oggi, per protesta contro l'arresto di un ex agente serbo della polizia kosovara, dimessosi nelle scorse settimane insieme agli altri rappresentanti serbi di tutte le istituzioni del Kosovo, in varie parti del nord la popolazione serba ha inscenato dimostrazioni erigendo barricate e attuando blocchi stradali. In tale situazione di crescente tensione, la presidente del Kosovo Vjosa Osmani ha annunciato il rinvio al 23 aprile delle elezioni locali anticipate in programma il 18 dicembre per la sostituzione dei sindaci nei principali Comuni del nord a maggioranza serba.

In serata da parte sua il presidente Vucic, in un intervento in diretta tv, è tornato ad accusare il premier kosovaro Kurti di portare avanti una politica «irresponsabile e pericolosa», calpestando il diritto internazionale e tutti gli accordi conclusi in sede di dialogo. E ha annunciato che Belgrado chiederà al comando Kfor di poter inviare in Kosovo un contingente delle proprie forze di sicurezza. Cosa questa prevista a suo dire dalla risoluzione 1244 del consiglio di sicurezza Onu. Un pressante appello alla moderazione e al dialogo come si diceva è giunto in giornata da Tajani, che a Vucic e a Kurti ha espresso preoccupazione per il progressivo deterioramento della situazione. Il titolare della Farnesina, che era stato in missione a Belgrado e al Pristina nelle scorse settimane, ha ribadito la volontà dell'Italia di «svolgere un ruolo da protagonista nei Balcani occidentali per garantire sicurezza e crescita socioeconomica». «La stabilità della regione è un obiettivo italiano ed europeo», ha affermato Tajani.

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