Kherson, seicento civili in Ucraina nelle stanze delle torture. «Condizioni disumane»

Navi russe in fuga dalla costa per paura dei droni. Il Lugansk nelle mani di Mosca

Kherson, seicento civili in Ucraina nelle stanze delle torture. «Condizioni disumane»
di Cristiana Mangani
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Mercoledì 8 Giugno 2022, 07:43 - Ultimo aggiornamento: 16:03

Si era già vista a Bucha, la città delle fosse comuni e dei morti abbandonati sulle strade. Cinque cadaveri con le mani legate dietro la schiena e il corpo piegato in avanti, erano stati trovati dall'esercito ucraino, dopo che le truppe russe si erano sposate altrove. Erano nel seminterrato di un ospedale locale per bambini chiamato Radiant. Avevano visibili segni di tortura. A distanza di qualche settimana, gli orrori della guerra continuano a lasciare scie di sangue. E ora a Kherson la scena si ripete. La città dove il Cremlino ha imposto un sindaco fantoccio, la moneta e il fuso orario di Mosca, nasconde altre atrocità. Ieri la nuova denuncia: circa seicento persone sono state portate nelle «camere delle torture» nella regione di Kherson, nel sud dell'Ucraina, dalle truppe di Mosca. A darne notizia è Tamila Tacheva, rappresentante permanente della presidenza ucraina in Crimeabriefing.

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«Secondo le nostre informazioni - ha dichiarato all'agenzia di stampa ucraina Ukrinform -, circa 600 persone sono detenute in scantinati appositamente attrezzati, in camere di tortura, nella regione di Kherson».

Trecento sono «nei seminterrati» della città e gli altri in diversi insediamenti della regione. «Sono detenuti in condizioni disumane e sono vittime di torture», ha spiegato ancora Tacheva. Si tratta «principalmente di giornalisti e attivisti» che hanno organizzato «manifestazioni filo-ucraine a Kherson e nella regione» dopo che le truppe russe hanno occupato il territorio. Di questi, un'altra parte, tra civili e combattenti, sono detenuti e rinchiusi in carceri in Crimea.


LA STRATEGIA
Nel frattempo, mentre la battaglia infuria nel Donbass e nel Lugansk, cambia la strategia dei generali di Putin davanti alle coste del Mar Nero. La controffensiva ucraina sta mettendo a dura prova la flotta navale dello zar, tanto che le navi hanno lasciato il presidio davanti alle coste. La Marina di Kiev che ha diffuso la notizia, spiega: «Le navi russe si sono ritirate a più di 100 chilometri (circa 65 miglia) dalle coste. E questo è avvenuto a causa degli attacchi dei militari ucraini con missili e droni». Il ritiro della flotta, comunque, viene specificato, «non elimina la minaccia di attacchi missilistici dal mare». Inoltre, hanno concluso gli alti ufficiali, c'è ancora il rischio che Mosca possa far sbarcare truppe tattiche e gruppi di sabotaggio e ricognizione sulla costa di Odessa, soprattutto in condizioni climatiche favorevoli in estate».

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Il Mar Nero diventa, dunque, il luogo cardine per le prossime fasi della guerra. Anche perché è intorno a quelle coste che la diplomazia sta lavorando per rimettere in movimento le navi che contengono il grano. In pole position per la gestione delle trattative resta Ankara, anche se a guidare la missione per il trasporto della preziosa merce sarà l'Onu. Ieri, i ministri della Difesa di Russia e Turchia, Serghei Shoigu e Hulusi Akar, hanno discusso della creazione dei corridoi sicuri per l'esportazione. Il tema sarà al centro anche dell'incontro di oggi tra i ministri degli Esteri dei due Paesi, Serghei Lavrov e Mevlut Cavusoglu. Secondo una indiscrezione, non confermata dalla Turchia, l'Esercito di Ankara aiuterebbe a rimuovere le mine dal porto di Odessa mentre le forze navali russe sarebbero a disposizione per scortare le navi commerciali nel mar Nero.


Gli effetti devastanti della guerra stanno lasciando sul terreno acque contaminate dai rifiuti, sepolture sommarie, scarse condizioni igieniche. E ora l'allarme colera sembra essere diventato realtà a Mariupol, occupata dall'esercito russo. «La città è sull'orlo di un'epidemia esplosiva di colera», ha avvertito il vice sindaco fedele alle autorità di Kiev Sergei Orlovio, sottolineando che le forze di occupazione hanno messo la città in quarantena.
I CIVILI
Sul campo, invece, le aree residenziali di Severodonetsk sono «totalmente» sotto il controllo russo. Dopo giorni di furiosi combattimenti, con continue rivendicazioni di capovolgimenti di fronte, la città sembra definitivamente caduta. E con il suo centro urbano, il 97% della regione di Lugansk è passato nelle mani di Mosca. A rivendicarne la presa è direttamente il ministro della Difesa, Serghei Shoigu. Ultimo baluardo di una battaglia impari resta l'enorme fabbrica chimica Azot, in una parabola sempre più simile a quella dell'acciaieria Azovstal di Mariupol. Nei bunker dell'impianto sono nascosti circa 800 civili, 600 abitanti e 200 lavoratori.

 


Davanti allo stallo dei negoziati, poi, il presidente Volodymyr Zelensky ha chiamato in causa il partner più pesante di Mosca. La Cina «usi la sua influenza sulla Russia per porre fine a questa guerra - ha chiesto a Pechino - Quanto accade può portare alla Terza guerra mondiale, e questo dovrebbe essere una priorità per tutti». Il leader di Kiev ha ribadito di essere pronto a sedersi in qualsiasi momento al tavolo con Vladimir Putin, a condizione che siano colloqui davvero mirati a porre fine alle ostilità».
 

 

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