Kabul, l'ultimo volo italiano dall'aeroporto nel caos: «Manteniamo i patti»

Kabul, l'ultimo volo italiano dall'aeroporto nel caos: «Manteniamo i patti»
di Gianluca Perino
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Giovedì 26 Agosto 2021, 06:04 - Ultimo aggiornamento: 14:58

Dal nostro inviato a KABUL
«Abbiamo parlato con voi, aiutandovi a gestire la sicurezza dei vostri connazionali. Ma adesso basta. Qui siamo a casa nostra, nel nostro Paese. E questa occupazione deve finire. A partire da martedì». Quelli che hanno superato i check intorno all'aeroporto di Kabul, raccontano il pensiero predominante tra i Talebani: gli accordi sono stati fatti - dicono - quindi basta soltanto rispettarli. Ed è questa posizione dei nuovi padroni dell'Afghanistan, al momento non negoziabile, che ha convinto Biden ad accelerare sui rimpatri degli americani. E, soprattutto, a dire apertamente (anche se poi le parole sono tutte da verificare) di non aver nessuna intenzione di restare nel Paese oltre il 31 agosto, martedì appunto, come non fanno altro che ripetere per strada i miliziani.
LA CORSA
Questa deadline ha inevitabilmente fatto partire una gigantesca corsa contro il tempo, che a questo punto potrebbe portare alla chiusura del «più grande ponte aereo della storia» (come lo chiama Il presidente americano) già nella notte tra oggi e domani.

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Sì, perché secondo i calcoli degli esperti che gestiscono i flussi qui a Kabul, oggi resteranno da trasportare al massimo 16mila persone: un gioco da ragazzi per una struttura ormai più che rodata.

Del resto, i Talebani che controllano l'esterno dell'aeroporto (i migliori uomini a disposizione del movimento secondo l'intelligence) non permettono più a nessuno, stranieri esclusi, di avvicinarsi. Anche se, tra ieri e lunedì, sono stati fatti passare un po' più di mille afghani segnalati dai russi. Forse un segno che il dialogo con Mosca sta procedendo bene.


LA POLVERIERA
Il risultato è che in queste ore lo scalo di Kabul è diventato il posto più caotico e pericoloso del mondo, una polveriera che potrebbe esplodere da un momento all'altro. La gente, tra loro moltissime donne e bambini, si ammassa ai controlli per riuscire a trovare un posto in uno degli aerei che partono senza sosta. Lacrime, pianti e sorrisi, si confondono con le grida dei militari che cercano di tenere la situazione sotto controllo. E cresce, in queste ore, la paura di un attacco dell'Isis, possibilità evocata più volte nei giorni scorsi dall'intelligence statunitense. E non solo. C'è anche una pista: quella del convoglio di auto bomba (quattro) che dovrebbero scagliarsi contro uno degli ingressi dove sono ammassate le migliaia di persone alle quali non viene concesso l'accesso all'aeroporto.
In questo scenario di grande tensione, un ruolo di rilievo è ricoperto dai militari italiani, che con la missione voluta dal ministro Guerini hanno già evacuato dall'Afghanistan quasi quattromila persone. All'appello ne mancherebbero altre 6-700, ma la Difesa ritiene di poter portare a termine le operazioni di recupero entro oggi data che, naturalmente, dovrebbe segnare la fine anche dell'impegno italiano su questo fronte di grande emergenza.

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«Siamo qui dal primo giorno - spiega il console Claudi - per fornire assistenza di fronte a questa grande crisi umanitaria. Con Esteri, Difesa e intelligence siamo una squadra e lavoriamo su tutti i campi, dalla logistica all'assistenza sul terreno. La foto sul muro con il bambino? Mi hanno scritto in tanti». Per il generale Faraglia, capo della missione all'aeroporto «nessuno poteva immaginarsi una cosa del genere, credo nemmeno i Talebani. Su quanto abbiamo fatto fino ad oggi preferisco non dare giudizi. Certamente abbiamo fatto il massimo».
Ma la chiusura delle operazioni lascia molti punti interrogativi, come quello che riguarda, ad esempio, tutti quelli che hanno collaborato con la Nato negli anni passati: sarebbero in tutto oltre 4.500, ma fonti della struttura che gestisce il traffico confidano che ne sono stati portati via nemmeno 800. «Gli altri 3.500, che resteranno qui, rischiano».

 


LE TRUPPE AMERICANE
A questo punto, con lo stop ai trasferimenti dei civili, gli Stati Uniti avranno a disposizione 28, 29, 30 e 31 agosto per far uscire dal Paese tutti i loro soldati, seimila in tutto. E, soprattutto, per rendere inutilizzabili armi e mezzi in dotazione all'aeroporto che non possono essere portati via. Si parla di blindati, camionette e mitragliatrici. C'è poi il nodo dell'aeroporto. Senza gli americani, chi lo gestirà? In prima fila c'è il Qatar, ma sono anche altri ad ambire a un patto con i Talebani. Insomma, il nuovo Afghanistan dei Talebani è solo all'inizio.

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