Assange, considerato a Washington una sorta di nemico pubblico fin dalla diffusione nel 2010 da parte di Wikileaks di una cascata di documenti diplomatici riservati imbarazzanti, ha visto imporsi condizioni di "asilo" molto più severe dall'Ecuador dopo l'ascesa alla presidenza al posto di Rafael Correa di Lenin Moreno, più attento ai rapporti con l'Occidente.
Fino alla sospensione di ogni suo contatto con l'esterno, avvocati esclusi, decisa sette mesi fa a causa di alcune dichiarazioni pubbliche di critica ai governi americano e britannico non gradite dalla nuova leadership di Quito. Nei mesi scorsi si è persino ipotizzato che Moreno potesse revocare lo status di rifugiato, ma il presidente ha poi assicurato di poter ipotizzare di «chiedere al signor Assange di lasciare l'ambasciata» solo di fronte a una garanzia formale «del governo britannico di non fargli correre alcun rischio di essere estradato in un altro Paese»: ossia consegnato sbrigativamente agli Usa, come Wikileaks teme.
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