La paura degli americani: Medio Oriente fuori controllo con Gerusalemme più debole

Il supporto Usa alla sicurezza e alla democrazia israeliane «rimane ferreo»

La paura degli americani: Medio Oriente fuori controllo con Gerusalemme più debole
di Marco Ventura
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Lunedì 27 Marzo 2023, 23:35 - Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 22:06

Nei “simulation games”, le prove di scenario del Pentagono (e della Casa Bianca) sul Medio Oriente, il vero punto fermo, il baluardo incrollabile dello schieramento americano e occidentale nella regione, è Israele. Anzi, la democrazia israeliana. Si capisce allora perché le scene di centinaia di migliaia di manifestanti per le strade di Tel Aviv e Gerusalemme dopo il siluramento del ministro della Difesa Yoav Gallant, favorevole al rinvio della riforma della giustizia in nome della sicurezza nazionale, abbiano risvegliato i peggiori fantasmi nel gabinetto del presidente Biden. Il quale nelle ultime settimane ha già dovuto metabolizzare il protagonismo russo e cinese, la ritrovata concordia e la ripresa delle relazioni diplomatiche tra l’Iran e l’Arabia Saudita, tra sciiti e sunniti, platealmente sotto l’ombrello del gigante asiatico. E, ancora, il ritorno di Bashar al-Assad, il dittatore siriano, alle visite di Stato nel Golfo, ricevuto con tutti gli onori perfino negli Emirati arabi uniti che ospitano tuttora basi americane e francesi. La forza e la stabilità di Israele rimangono imprescindibili per Washington, e lo dovrebbero essere anche per l’Europa. L’annuncio, ieri sera, di Netanyahu del congelamento della riforma è una risposta anche alle pressioni di Biden perché la situazione politica in Israele non tocchi il punto di ebollizione. Immediata la reazione compiaciuta della Casa Bianca a un annuncio che è «un’opportunità per creare ulteriore tempo e spazio per un compromesso, proprio quello che avevamo chiesto». 


LE PRESSIONI USA
Intervistato al “Piers Morgan senza censure” su Fox News, Netanyahu era entrato nei dettagli del colloquio con Biden. «Prima di tutto abbiamo parlato della sicurezza legata all’Iran. A lungo. Poi ha sollevato l’altra questione». Le proteste contro il progetto di riforma della Corte Suprema. «E io gli ho assicurato quello che assicuro a voi, che Israele era, è, e alla fine di tutto sarà una democrazia ancora più forte». In precedenza, la posizione degli Stati Uniti era stata affidata a un comunicato del Consiglio per la sicurezza nazionale a firma di Adrienne Watson, che esprimeva «profonda preoccupazione» per gli sviluppi della situazione in Israele, tali da «sottolineare ancora di più l’urgente necessità di compromesso, e come il presidente Biden ha di recente discusso col premier Netanyahu, i valori democratici sono sempre stati, e devono rimanere, un pilastro delle relazioni tra Stati Uniti e Israele». Le società democratiche, aggiungeva la Watson, sono «rafforzate dal sistema di pesi e contrappesi, cambiamenti fondamentali al sistema democratico dovrebbero essere perseguiti avendo la più ampia base possibile di supporto popolare». Formula ribadita in serata. Infine, il supporto americano alla sicurezza e alla democrazia israeliane «rimane ferreo». Un ulteriore intervento di John Kirby, a un livello più alto di portavoce del CSN, spiegava che il confronto tra Biden e Netanyahu era stato «molto franco» (che in gergo diplomatico significa «forte») ma escludeva timori di guerra civile. «Le proteste degli ultimi mesi hanno dimostrato le solide basi democratiche di Israele». 


GLI EQUILIBRI
La preoccupazione di Biden riguarda la tenuta della diplomazia e presenza americana in Medio Oriente, teatro non molto lontano da quello ucraino. Appena ieri, l’intelligence britannica segnalava che i droni di Teheran continuano ad arrivare in Russia e a esser lanciati contro obiettivi civili e infrastrutture ucraine. In cambio, l’Iran ha ottenuto da Mosca la promessa di aerei da guerra, tecnologia (anche nucleare?) e appoggio politico. Sono a rischio i delicati equilibri che garantivano, attraverso la coabitazione tra israeliani, russi e americani, la stabilità dell’area e il contenimento delle mire iraniane. Senza contare il ruolo fondamentale di un Paese-cerniera non solo tra Est e Ovest, ma tra Medio Oriente e Europa, qual è la Turchia di Erdogan, con i suoi altalenanti rapporti con Israele. Anche per questo le parole dell’ormai ex ministro della Difesa israeliano, Gallant, hanno un peso: «La sicurezza dello Stato di Israele è la missione della mia vita». E coincide con la sicurezza di tutto l’Occidente. 
 

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