Israele, decine di razzi sparati dal Libano. «Il più grande attacco dopo il 2006». Tel Aviv: «Non abbiamo risposto»

Fonti della sicurezza israeliana sostengono che dietro l'attacco dal Libano ci siano «fazioni palestinesi legate a Hamas»

Israele, centinaia di razzi sparati dal Libano. «Il più grande attacco dal 2006». Militari italiani nei bunker
di Raffaele Genah
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Giovedì 6 Aprile 2023, 15:15 - Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 22:05

Questa volta la grandinata arriva dal nord. Una lunga sequenza di razzi che piovono dal Libano che l’ombrello protettivo del sistema “Iron Dome” riesce a disinnescare per la quasi totalità. Venticinque su trentaquattro. Altri cinque sono finiti sul suolo israeliano. Nelle città al nord della Galilea l’allarme ha risuonato più volte e dopo molto tempo sono stati riaperti i rifugi antimissili. Un uomo e’ rimasto ferito dalle schegge in un villaggio druso vicino al confine. L’esercito libanese ha informato di aver localizzato altre rampe, nel sud del paese, pronte per i lanci.

Ma questa nuova fiammata sul versante settentrionale, la più grave dalla guerra del 2006, che aveva provocato la morte di 160 israeliani e 1200 libanesi (tra cui centinaia di militanti Hezbollah), allarma analisti e politici anche perché apre un altro fronte.

Dopo le notti di Gerusalemme, gli scontri che si sono ancora ripetuti sulla Spianata delle Moschee- quello che per gli ebrei è il Monte del Tempio- e nelle vie strette della Città Vecchia; dopo i missili da Gaza, indirizzati verso cittadine e villaggi a sud di Tel Aviv; dopo gli incidenti esplosi nelle città arabe-israeliane come Baka el Garbya e Umm-al Fahm con lanci di pietre e copertoni incendiati in prossimità dell’autostrada 65 ; dopo i tafferugli in prossimità di alcuni campi profughi in Cisgiordania ora anche il confine con il Libano andrà rinforzato.

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L'attacco

Ufficialmente nessuno rivendica il lancio dei missili, la versione più probabile è che la responsabilità sia da attribuire a gruppi palestinesi con base nei campi a sud di Tiro. Israele accusa Hamas. Ma è comunque difficile ipotizzare che Gli Hezbollah filoiraniani che controllano l’area ne fossero all‘oscuro. A vigilare sul rispetto della tregua israelo-libanese in quella regione è da più di quindici la forza di interposizione delle Nazioni unite, Unifil, circa millecento militari tra cui un nutrito contingente italiano dove andrà in visita il ministro della Difesa Crosetto. L’attuale comandante lo spagnolo Aroldo Lazaro -che ha preso un anno fa il posto del generale Stefano Dal Col- ha espresso le preoccupazioni per questa improvvisa escalation e ha esortato tutti alla moderazione. Preoccupazioni espresse anche dagli Stati Uniti.

 

Tutto e’ cominciato due notti fa con gli scontri fin dentro la moschea di Aqsa dove secondo la polizia israeliana si erano asserragliati gruppi di palestinesi armati di spranghe , sassi e fuochi di artificio. Poco più tardi il lancio di missili da Gaza e la replica dell’aviazione israeliana. E gli scontri si sono ripetuti anche ventiquattr’ore dopo. Adesso c’è timore per la prossima notte e soprattutto per le preghiere del venerdì che nel mese di Ramadan richiamano sulla Spianata decine di migliaia di persone tra cui potrebbero infiltrarsi gruppi intenzionati a dare battaglia. 

Le proteste

E mentre militari dell’IDF e intelligence dello Shin Bet analizzano gli scenari e le possibili misure da adottare dopo gli attacchi dal Libano , la politica sollecita una condanna internazionale e riflette su quanto sta accadendo nel mondo arabo dopo gli scontri di al Aqsa. Le prime proteste sono arrivate dalla Giordania, paese amico e responsabile della tutela dell’ area , a cui si ‘ aggiunta la voce del presidente turco Erdogan e quella del Bahrein e degli Emirati che a nome della Lega hanno richiesto una convocazione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Paesi con cui Israele intrattiene buoni rapporti: gli ultimi due hanno sottoscritto gli accordi di Abramo. E anche chi ,come l’Arabia Saudita, avrebbe potuto aggiungersi a quell’elenco sembra aver ormai virato verso i nemici storici iraniani. Insomma il rischio di far naufragare anche gli esili spiragli di una difficile pacificazione nella regione è davvero alto.

Netanyahu: «Colpiremo nostri nemici e pagheranno prezzo»

«Per quanto le aggressioni di oggi, colpiremo i nostri nemici e pagheranno un prezzo per ogni loro azione». Lo ha detto premier Benyamin Netanyahu in apertura della riunione del Gabinetto di sicurezza. «I nostri nemici non devono sbagliarsi, il dibattito interno in Israele non ci impedirà di agire contro di loro. Siamo tutti uniti». Il premier ha poi spiegato che Israele non ha «alcuna intenzione di cambiare lo status quo sul Monte del tempio» (la Spianata delle Moschee, ndr) ed ha fatto un appello a «calmare gli animi» anche se Israele «agirà con determinazione contro gli estremisti che praticano la violenza».

 

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