Benyamin Netanyahu ostenta prudenza, ma non così tanto da non ammettere di «essere vicino ad una grande vittoria». Se i 65 seggi - a quasi il 90% del voto scrutinato - di cui è accreditata la sua coalizione di destra saranno confermati, non si può in effetti non parlare di trionfo. Un successo che ha sommerso l'attuale maggioranza di Yair Lapid ma che sarà fortemente segnato dall'eclatante affermazione della destra radicale sionista religiosa di Itamar Ben Gvir, terza forza politica della Knesset. Nonostante la politica israeliana non sia scevra da scarti improvvisi, il quadro che disegna il risultato delle urne stavolta non sembra lasciare spazio ad alchimie politiche.
Benyamin Netanyahu, la maggioranza è chiara
La nuova maggioranza è chiara ed è composta dal Likud (32 seggi), dal Sionismo religioso (14 seggi) e dai due partiti religiosi (19 seggi insieme).
Nel suo primo commento Ben Gvir ha fatto sfoggio di moderazione: «Lavorerò per tutto il popolo di Israele, anche per quelli che mi odiano». Poi ha aggiunto che farà parte di «un governo completamente di destra». È noto che il deputato radicale ha chiesto già prima del voto il ministero della Pubblica sicurezza, così come sono note le sue convinzioni: annessione dell'intera Cisgiordania senza diritti per i palestinesi; rigetto della soluzione a 2 Stati; mano libera per soldati e poliziotti; messa all'indice degli arabi israeliani «sleali». Netanyahu dovrà fronteggiare questo quadro. Già prima delle elezioni Usa e Paesi del Golfo hanno ammonito il leader del Likud sull'alleanza con Ben Gvir, che potrebbe avere riflessi sui legami instaurati con gli Accordi di Abramo. Oggi l'ex ambasciatore americano in Israele Martin Indik ha previsto «una strada impervia» da percorrere per le relazioni con gli Usa se Ben Gvir andrà al governo. Per ora da Washington non ci sono dichiarazioni ufficiali, ma il sito Axios ha citato due fonti anonime americane secondo cui è improbabile che l'amministrazione Biden vorrà impegnarsi con Ben Gvir. Sul fonte opposto, quello di Lapid, il senso della sconfitta è totale e già volano gli stracci. Il premier - che ha rinunciato a partecipare alla prossima conferenza sull'ambiente in Egitto - è stato accusato dai suoi alleati di non aver fatto una buona campagna elettorale. Sotto accusa anche la leader dei Laburisti Merav Michaeli, di cui sono state chieste le dimissioni.