Il governo più di destra che Israele abbia mai avuto dalla sua fondazione inizierà a lavorare coi primi giorni dell'anno. Il premier Benjamin Netanyahu ha informato il presidente Isaac Herzog di aver raggiunto un accordo con i suoi alleati per la formazione del 37esimo esecutivo. Il Likud, il più grande partito israeliano, lavorerà accanto a Otzma Yehudit, Sionismo Religioso e Noam, oltre ai partner ultra-ortodossi di lunga data di Netanyahu, Shas e United Torah Judaism. Tutti assieme raggiungono la maggioranza con 64 seggi alla Knesset (su 120 seggi). Gli alleati di estrema destra hanno negoziato a lungo con Netanyahu per garantirsi riforme importanti a cominciare da quella del sistema giudiziario, e nomine chiave nei servizi di sicurezza. Inoltre l'idea è di riuscire ad espandere ulteriormente gli insediamenti e introdurre l'influenza dell'estrema destra e l'influenza religiosa nelle istituzioni statali, scolastiche e sociali.
Israele, Netanyahu verso la vittoria con affermazione ultradestra
La questione che maggiormente desta preoccupazione per la stabilità dell'area, riguarda la promessa di migliorare la sicurezza interna, contrastare la criminalità dilagante in alcune aree e contrastare le ambizioni nucleari iraniane. A complicare il quadro è l'esponente del sionismo religioso, Bezalel Smotrich che vorrebbe modificare una importante normativa ed essere nominato ministro indipendente del Ministero della Difesa quale responsabile degli insediamenti in Cisgiordania e dell'edilizia palestinese. In pratica Smotrich è favorevole all'annessione della Cisgiordania, dove vivono circa 500.000 coloni ebrei e quasi 3 milioni di palestinesi. Una situazione che potrebbe rivelarsi esplosiva. L'annessione però avrebbe importanti ripercussioni interne poiché metterebbe Israele davanti ad una crisi di identità senza precedenti, poiché potrebbe poi negare la piena cittadinanza ai palestinesi incorporati nello Stato, oppure spostare il peso della bilancia per una maggioranza ebraica nell'elettorato.
Il più grande dibattito però ruota attorno al controllo sulla magistratura. Tra le proposte in discussione la possibilità che la Knesset possa ripristinare qualsiasi legge invalidata dalla Corte Suprema. Una questione che indirettamente tira in ballo anche la figura di Netanyahu, sotto processo per tre casi di corruzione, anche se ha sostenuto con fermezza la sua innocenza.
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