Coronavirus, lo studio: immunità di gregge non funziona: metà della forza lavoro sarebbe in malattia

Coronavirus, lo studio: «L'immunità di gregge non funziona: metà della forza lavoro sarebbe in malattia»
di Raffaele Alliegro
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Venerdì 24 Aprile 2020, 13:27 - Ultimo aggiornamento: 13:51

Impossibile da ottenere. La famosa immunità di gregge, la possibilità cioè che un'intera popolazione realizzi una propria immunità naturale esponendosi direttamente al coronavirus, è stata definita «un mito» da uno studio scientifico realizzato analizzando i dati sulla malattia raccolti da quando è stata individuata a Wuhan. Eppure proprio all'immunità di gregge ha pensato il Regno Unito in una prima fase della lotta alla pandemia. E a una recente retromarcia è stata costretta la Svezia che pensava di raggiungere già a maggio, a Stoccolma, questo tipo di risultato. Lo studio che pone una seria ipoteca sulla validità di questa strategia terapeutica spiega che se si rinunciasse a tutte le restrizioni nel combattere il virus, ci si potrebbero aspettare epidemie cicliche di Covid-19 anche di altri ceppi, forza lavoro fortemente ridotta per malattia e ancora morti.

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A queste conclusioni è giunto un team di scienziati dopo una revisione di dati di riviste mediche internazionali e di ricerche universitarie. La responsabile del progetto è Raina MacIntyre, capo del Programma di ricerca sulla biosicurezza dell'università australiana del New South Wales, che afferma: «L'immunità di gregge è un mito. Si avrebbe un forte aumento dei contagi, con poco vantaggio, a cui seguirebbe la necessità di più lockdown, perché il sistema sanitario sarebbe troppo gravemente impattato». Un percorso rischioso, dunque. Che potrebbe aggravare il problema invece di risolverlo. E il cui andamento è anche difficile da valutare, come mostra in questi giorni il caso svedese.

 



In Svezia le uniche misure di distanziamento sociale adottate prevedono il divieto dei raduni con oltre cinquanta persone e delle visite nelle case di riposo. Per il resto ci si è appellati al senso di responsabilità individuale. Con un tweet, l'Agenzia di sanità pubblica svedese ha nei giorni scorsi smentito, almeno parzialmente, la previsione secondo la quale Stoccolma, epicentro dell'epidemia in Svezia, avrebbe potuto raggiungere l'immunità di gregge a maggio. «Abbiamo rilevato errori nel rapporto e in questo momento gli autori stanno esaminando nuovamente il materiale. Pubblicheremo di nuovo il rapporto non appena l'esame sarà concluso». La previsione era basata su un modello matematico che si avvaleva dei dati del contagio e in un primo momento era stata ritenuta probabile dall'Agenzia di sanità pubblica fautrice appunto dell'immunità di gregge.

Nei giorni scorsi, del resto, la stessa Organizzazione mondiale della sanità ha spiegato come sia ancora bassa la proporzione della popolazione mondiale che ha già sviluppato gli anticorpi al coronavirus e quanto lontano possa essere il raggiungimento dell'obiettivo dell'immunità di gregge. «I risultati dei primi test sierologici che sono stati condotti in varie parti del mondo indicano che una proporzione inferiore alle attese ha sviluppato anticorpi, il che significa che una proporzione ancora molto più ampia è ancora suscettibile al Covid-19». Lo ha detto a Ginevra Maria Van Kerkhove, responsabile dell'Unità malattie emergenti, spiegando come nella maggioranza degli studi la percentuale è stata inferiore al 10% con un massimo del 14% in Germania.

Questo porta a pensare, ha spiegato, che siamo ancora lontani da una possibile situazione di immunità di gregge e dobbiamo essere cauti anche nel celebrare i successi che si stanno registrando in alcune zone del mondo: «Certo è fantastico che in alcuni Paesi si stia finalmente registrando un miglioramento della situazione per quanto riguarda la diffusione del virus ma dobbiamo essere molto cauti nel misurare il successo perché il virus può riemergere. Continuare a cercare casi e trovarli e isolare i positivi e avere in vigore programmi di identificazione di tutti i contatti fa parte del successo: su questo punto bisogna insistere. Dobbiamo essere contenti e orgogliosi dei risultati raggiunti in alcuni Paesi ma non abbassare assolutamente la guardia. E bisogna agire con prudenza perché rimuovere le misure di lockdown con troppa fretta può portare a un risorgere del problema».

Appunto quello che spiega lo studio australiano sull'immunità di gregge. Il rischio, dice ancora Raina MacIntyre è che «si avrebbe metà della forza lavoro in malattia o in quarantena e una massiccia insorgenza del virus negli ospedali, a spese di altri interventi e trattamenti». Inoltre, conclude: «Al momento non sappiamo quanto duri l'immunità da Covid-19, non sappiamo se si formino mutazioni anche minori che farebbero circolare un ceppo leggermente differente. Se questo avvenisse, non sappiamo se una precedente esposizione offrirebbe una sufficiente immunità».

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