Conte a Baghdad, vinta la sfida all’Isis: «Ora paese da ricostruire»

Conte a Baghdad, vinta la sfida all’Isis Ora Paese da ricostruire
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Mercoledì 6 Febbraio 2019, 15:12
Uscito da poco più di un anno dalle sabbie mobili della guerra al sedicente Stato islamico (Is), l'Iraq in cui arriva in visita il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è oggi un Paese con ancora molti problemi, a partire da quelli economici, ma che ha compiuto passi avanti sul piano della sicurezza e della stabilità politica e che guarda con ottimismo alla ricostruzione, la principale sfida che lo attende a breve termine. A Baghdad Conte avrà un bilaterale con il primo ministro iracheno, Adel Abdul Mahdi. In seguito inconterà il presidente Barham Salih e successivamente il presidente del Consiglio dei Rappresentanti, Mohamed Al-Halbousi. A Erbil il presidente del Consiglio vedrà il primo ministro del governo regionale del Kurdistan, Nechirvan Barzani. Dopo mesi di impasse successivi alle contestate elezioni parlamentari del 12 maggio - le prime dopo la «vittoria» sull'Is annunciata nel dicembre 2017 dall'allora primo ministro Haider al-Abadi - a inizio ottobre è maturata una 'svoltà politica con l'elezione a presidente del curdo Bahram Saleh. A stretto giro l'esponente dell'Unione patriottica del Kurdistan (Puk) ha incaricato il 76enne sciita Adel Abdul Mahdi di formare il nuovo governo. A metà settembre l'ex governatore della provincia di Anbar, il sunnita Mohammed al-Halbusi, era stato eletto presidente del Parlamento. Tuttavia il governo, a causa dei veti incrociati delle forze politiche, è ancora incompleto. A ottobre i deputati hanno dato la fiducia a 14 dei 22 ministri nominati dal premier ed il mese scorso sono stati approvati altri due ministri. Restano ancora da assegnare cinque dicasteri tra cui quelli chiave di Interno, Difesa e Giustizia.

Sul piano della sicurezza l'Iraq molto faticosamente sta cercando di uscire da una spirale di violenza che l'ha reso tra i luoghi più instabili del Medio Oriente. La guerra tra le milizie sunnite e le truppe americane, il conflitto confessionale, l'ascesa di al-Qaeda prima e dell'Is poi, avevano trasformato il Paese in una polveriera. I progressi dell'ultimo periodo sono tangibili. Anche se restano sacche di resistenza in particolare nel nord, intorno a Mosul, e al confine con la Siria, l'insorgenza jihadista è stata quasi completamente neutralizzata. La serie incredibile di attentati che scuoteva a intervalli regolari Baghdad e le altre principali città, lanciando dietro di sé una lunga scia di sangue, sembra essersi placata. A dicembre nella capitale sono state parzialmente riaperte le strade della 'Zona Verdè, l'area fortificata che ospita uffici governativi e ambasciate. E, alla luce dei risultati positivi nella lotta all'Is, anche la missione militare italiana a sicurezza della Diga di Mosul sarà chiusa entro marzo 2019. Passi avanti sono stati fatti anche nei rapporti tra il governo centrale ed il Kurdistan, uno dei punti più controversi della storia recente dell'Iraq. Dopo il referendum sull'indipendenza del 25 settembre 2017, convocato per capitalizzare il grande lavoro svolto dai peshmerga contro l'Is e riconosciuto a livello internazionale, Baghdad, che ha dichiarato «illegale» la consultazione, era praticamente arrivata allo scontro frontale con Erbil.
 
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