Ucraina, database "intelligenti" e nuove reclute: ecco come (e perché) Putin prepara il nuovo attacco a febbraio

Ucraina: ecco come (e perché) Putin prepara il nuovo attacco russo
di Gianluca Cordella
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Venerdì 16 Dicembre 2022, 11:56 - Ultimo aggiornamento: 17 Dicembre, 09:11

Database “intelligenti” per nuovi (e massicci) reclutamenti mirati e gestione degli approvvigionamenti non più affidata ai vertici militari ma alla burocrazia civile. Sono queste le due carte che Vladimir Putin intende giocarsi – o meglio: che avrebbe già iniziato a giocarsi – per rilanciare le ambizioni della grande controffensiva russa. Che ci sarà. «A febbraio come lo scorso anno, nel migliore dei casi a marzo e nel peggiore alla fine di gennaio», come ha rivelato all'Economist il generale Valerii Zaluzhnyi, capo delle forze armate ucraine.

Insomma, la grande tregua natalizia, dettata in primis dalle rigidità dell'inverno ucraino non ci sarà, o comunque sarà ridotta al minimo. Giorni o al massimo settimane che il Cremlino impegnerà prima per preparare le linee di difesa laddove è in corso la controffensiva ucraina – vedi le trincee scovate dal New York Times a sud di Kherson – e poi per riorganizzare lo sfondamento sul campo. A tal proposito, sta cambiando la posizione degli analisti sulle massicce campagne di reclutamento operate da Mosca negli ultimi due mesi. E' vero, molti di quei ragazzi senza addestramento e senza troppa voglia di andare al fronte, sono finiti nel «tritacarne», per usare le parole del ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov. Ma è altrettanto vero – dal solo e terribile punto di vista della strategia militare – che hanno raggiunto lo scopo di frenare un minimo l'onda di liberazione ucraina. Il dispiegamento di forze a Luhansk, ad esempio, ha impedito all'Ucraina di compiere importanti progressi nella regione dalla caduta di Lyman all'inizio di ottobre. Mentre a Kherson i rinforzi hanno facilitato il ritiro ordinato delle truppe russe, contribuendo a evitare il ripetersi della disastrosa sconfitta di Kharkiv.

Ma c'è di più perché, sempre secondo Reznikov, delle 300 mila nuove reclute russe solo la metà sarebbe stata inviata direttamente al fronte. Gli altri 150 mila, al contrario, sono stati indirizzati in campi di addestramento per un programma trimestrale che dovrebbe renderli pronti – o quantomeno più attrezzati – per affrontare la nuova offensiva voluta dallo Zar per l'inizio del 2023.

Doppia mossa

Al netto del fatto che Putin non ha alcuna voglia di fermare i reclutamenti. Quelli di novembre avevano indignato parte dell'opinione pubblica, soprattutto per la disorganizzazione con la quale erano stati gestiti e per la chiamata alle armi non sempre razionale (dalle giovani mamme ai sessantenni). Ragion per cui le autorità stanno predisponendo le linee guida per i prossimi arruolamenti che, a quanto pare, dovrebbero garantire ai più giovani la possibilità dell'esonero in caso di trasferimenti all'estero, di iscrizione a studi post-laurea o di assunzione in aziende che offrono l'esonero dal servizio attivo. Chi finirà al fronte, dunque? Lo insegna la storia: i ragazzi dei ceti più disagiati, quelli in qualche modo tagliati fuori dalle tre precedenti alternative e che al tempo stesso rappresento una risorsa meno spendibile per il Cremlino. «Meglio morire in battaglia che uccidendosi di vodka» aveva sintetizzato tempo fa lo stesso Putin. Per questo il governo si è impegnato a digitalizzare i fascicoli delle commissioni militari e ad integrarli con i database di vari dipartimenti, dal sistema sanitario alle guardie di frontiera, dandosi come scadenza l'aprile del 2024. Da qui lo zar pescherà i nuovi militari per la campagna ucraina, ma è chiaro che questo database sarà un perno delle strategie militari a lungo termine di Mosca.

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Più uomini ma anche più equipaggiamenti. La seconda mossa di Putin infatti è stata esternalizzare la maggior parte degli appalti militari, trasferendoli alla più efficiente burocrazia civile russa. Due le figure di riferimento: il primo ministro Mikhail Mishustin e il sindaco di Mosca Sergey Sobyanin, entrambi incaricati di garantire che i bisogni materiali dell'esercito russo siano adeguatamente soddisfatti.

Il ragionamento è semplice: di fronte alla prospettiva di sapere i propri cari al fronte sprovvisti di armi ed equipaggiamenti adeguati, come si comporterà chi ha avuto la fortuna di non essere spedito sul campo? Presumibilmente sostendendo economicamente l'operazione militare in tutti i modi possibili. Ciò non significa che le difficoltà di approvvigionamento saranno risolte, ma garantisce con certezza un miglioramento della situazione attuale.

«Noi e il mondo intero non dovremmo rilassarci, perché l'obiettivo finale della Russia è conquistare tutta l'Ucraina. E poi andare avanti», il monito del viceministro della Difesa di Kiev Hanna Maliar. Uno scenario che forse Putin ha in mente ma che, per la verità, appare un po' scollato dalla realtà attuale. Quel che è certo è che, come lo stesso Zar ha rimarcato più volte, qualsiasi trattativa per la fine delle ostilità non potrà prescindere dal fatto che i territori “liberati” dall'esercito di Mosca debbano rimanere sotto la bandiera russa. E il nuovo dispiegamento di forze in campo è probabilmente il modo più incisivo per farlo comprendere una volta per tutte alle diplomazie internazionali.

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