Ucraina, spinta cinese per la pace: «Mosca pronta a negoziare». Putin chiude la mobilitazione parziale: «Sul campo altri 80 mila nostri militari»

Pechino rivela il contenuto di una telefonata con Lavrov: «Apprezziamo»

Ucraina, spinta cinese per la pace: «Mosca pronta a negoziare»
di Mauro Evangelisti
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Sabato 29 Ottobre 2022, 00:17 - Ultimo aggiornamento: 30 Ottobre, 10:40

Alcuni analisti lo avevano previsto o sperato: quando Xi avrà ottenuto il terzo mandato dallo scontato XX Congresso del Partito comunista cinese, tornerà a occuparsi di politica estera. E in questa fase il pericolo dell’uso di armi nucleari e la recessione mondiale causata dalla guerra preoccupano anche la Cina. Da Pechino c’è una spinta a Mosca perché si cerchi la strada del negoziato in Ucraina.

Putin pronto a distruggere i satelliti della Nato impiegati nella guerra in Ucraina

L’altro giorno colloquio telefonico tra i due ministri degli Esteri, Wang Yi e Serghei Lavrov.

E ieri proprio Pechino ha voluto far sapere, nel briefing del portavoce del ministro Yi: la telefonata tra i capi della diplomazia di Cina e Russia «ha permesso di confrontarsi, Pechino ritiene che si dovrebbe evitare l’ulteriore escalation e prevenire i disastri umanitari». Non solo. Sempre secondo il Ministero degli Esteri cinese «la Russia ha espresso la volontà di condurre dialoghi con Ucraina e Stati Uniti e di riprendere i negoziati, cosa che la Cina accoglie con favore. L’auspicio è che tutte le parti interessate intensifichino gli sforzi diplomatici e spingano per la riduzione e persino la risoluzione della situazione il prima possibile, attraverso canali politici come i negoziati». Quanto sia strumentale questa prima mossa di Xi al suo terzo mandato, lo si capirà solo più avanti. Il 4 novembre a Pechino il cancelliere tedesco Scholz lo incontrerà. E si parlerà anche di Ucraina.

 


SCENARIO
Di certo, senza una pressione della Cina, che si aggiunge all’opera di mediazione che Erdogan sta portando avanti da mesi, difficilmente si potrà convincere Putin ad accettare un negoziato che non sia la semplice presa atto dei suoi desideri. Ad oggi ciò che non si ferma è la guerra. Ieri il Cremlino ha annunciato di avere completato la mobilitazione parziale, che significa avere obbligato ad arruolarsi 300mila uomini. Di questi, 82mila sono già stati mandati al fronte, mentre altri 218mila riservisti stanno seguendo l’addestramento e potranno essere inviati in Ucraina a combattere in seguito. Siamo in una fase di attesa, perché l’esercito ucraino punta a riprendere Kherson, dove si preannuncia una battaglia cruciale. Già 80mila cittadini sono stati evacuati dalle autorità filorusse. Il comandante della milizia russa Alexander Khodakovsky, ha detto: «Sono in corso i preparativi per la difesa di Kherson. Stiamo portando fuori la popolazione civile, slegandoci in questo modo le mani».

Secondo il Ministero della Difesa britannico proprio a ovest del fiume Dnipro è stata mandata la maggior parte dei riservisti russi. C’è chi parla di «jihad» tra chi combatte, in questa aggressione dell’Ucraina, dalla parte di Putin, che pure ha ricevuto il sostegno della chiesa cristiano ortodossa di Mosca. A Kherson ci sono gli uomini del feroce leader ceceno Ramzan Kadyrov, fedelissimo dello Zar, che su Telegram ha scritto: «23 soldati sono stati uccisi e 58 feriti. Di questi, quattro sono rimasti gravemente feriti. Sì, ci sono state grandi perdite da parte nostra durante la notte, ma i ceceni stanno partecipando alla jihad. E se sono destinati a cadere in una guerra santa, è un onore e una grande gioia per ogni vero musulmano. Tutti sogniamo di morire sulla via di Allah». Secondo le agenzie ucraine, un’unità cecena ha svelato la sua posizione con foto pubblicate sui social. Così è stata individuata e colpita dal fuoco dell’artiglieria.


BLACKOUT
Stanno risultando efficaci i bombardamenti russi, anche con i droni forniti dagli iraniani, sulle infrastrutture energetiche ucraine. La società Dtek ha annunciato che nei prossimi giorni saranno imposte restrizioni elettriche «senza precedenti» nella regione di Kiev: «Saranno attuati blackout più gravi e più lunghi». Secondo il sindaco di Melitopol, i russi «hanno deportato 300 bambini ucraini» nella regione di Zaporizhzhia: «Li hanno portati via con la scusa di una vacanza».

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