Guerra in Ucraina, Andrea Margelletti: «A Mosca non interessa parlare di pace
ma la partita è contro tutto l’Occidente»

Il presidente del Cesi: Kiev è stata invasa, curioso che adesso si chieda a loro di fare passi indietro per la fine del conflitto

Guerra in Ucraina, Andrea Margelletti: «A Mosca non interessa parlare di pace ma la partita è contro tutto l’Occidente»
di Marco Ventura
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Venerdì 17 Febbraio 2023, 23:02 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 08:31

La guerra in Ucraina sembra in stallo, quanto durerà? «Finché va a rilento è sotto controllo e non c’è da preoccuparsi. Dobbiamo avere paura delle accelerate, che potrebbero essere terribili», dice Andrea Margelletti, presidente del Cesi, Centro studi internazionali. «Se vi fosse un’accelerata, vorrebbe dire che c’è stato un salto di qualità, ovviamente da parte russa, nell’impiego di determinate armi che finora, grazie al cielo, non abbiamo visto in campo».


Zelensky chiede velocità nei rifornimenti, per salvare vite umane e resistere alla Russia. Ma i tempi dei Paesi occidentali sono altri, più cauti?
«Si tratta di esigenze politiche diverse: da una parte Zelensky si rende conto che i russi stanno rafforzando moltissimo il loro contingente e quindi ha bisogno di colpirlo il prima possibile.

Dall’altra, i Paesi che non sono direttamente impegnati hanno comprensibilmente il problema del dopo. Zelensky ha il problema dell’oggi, gli altri dicono: se noi andiamo allo scontro totale con la Russia, quali saranno le relazioni bilaterali con Mosca a guerra finita?».


Non si vuole lo scontro diretto con la Russia. Che cosa comporta questa differenza di prospettiva?
«In questo anno, i mezzi di supporto e gli armamenti agli ucraini sono stati dati a spirale: prima l’artiglieria, poi quella a lungo raggio, quindi i missili portatili antiaerei, poi quelli più importanti, in maniera incrementale…».


E ci si è fermati a lungo sulla scelta di fornire i carri armati. Sembra che non si riescano a mettere insieme due battaglioni di Leopard…?
«C’è una serie di variabili che devono tutte essere tenute in conto: la prima è che devi avere il personale addestrato, non basta dare il carro armato, i tank occidentali richiedono la conoscenza di tattiche diverse da quelle dei carri russi. Se sono fatti diversamente, devi cambiare anche la tattica e ci vuole tempo. Secondo: negli ultimi vent’anni i paesi occidentali hanno fatto la guerra al terrorismo in scenari come l’Iraq, l’Afghanistan, l’Africa subsahariana, dove il confronto era con forze non convenzionali. Le spese per la gestione e la manutenzione dei mezzi tradizionali è stata accantonata o rinviata. Su 100 tank, quanti ne funzionano oggi davvero? E poi, tutti i Paesi hanno il timore comprensibile che il conflitto si possa allargare, quindi una riserva devono tenerla…».


Per Macron e Scholz la guerra sarà lunga, ma intanto va preparata la pace?
«Non sono d’accordo sul preparare la pace, quello è stato il momento in cui i russi sono entrati in Ucraina: noi non abbiamo mai smesso di pensare alla pace, ma servono le condizioni, la prima delle quali è che la Russia sia disposta ad aprire un dialogo, cosa che in effetti non è. Non si può parlare di pace in astratto ed è curioso che stiamo chiedendo al Paese invaso di fare dei passi indietro… È come se nel 1973 la pressione internazionale avesse spinto Israele a lasciare il Golan perché i siriani ci tenevano tanto…». 


C’è il rischio reale di andare oltre, verso una escalation?
«Qual è l’oltre? La Crimea è Ucraina, i russi l’hanno presa con un colpo di mano militare nel 2014».

Andrea Margelletti


I russi oggi hanno difficoltà a montare l’offensiva?
«Hanno grandi difficoltà a mettere in piedi anche le piccole offensive, il loro esercito è dottrinalmente vecchio, con strutture di comando e controllo antiquate, ma hanno volumi e numeri: è una questione di quando, non di se…».


Agli ucraini servono i jet…
«Si arriverà senza dubbio a fornire jet, ma devi trovare piloti ucraini in numero sufficiente che sappiano parlare inglese, devi portarli a fare un addestramento con mezzi e tattiche e armi completamente diversi… Il jet non va da solo, non basta darlo, c’è un fattore tempo non comprimibile».

 


Il generale americano Milley sostiene che né i russi né gli ucraini possono vincere…
«Al momento è così, bisognerà vedere quando il cambiamento delle condizioni metereologiche consentirà ai russi di sfruttare appieno la loro massa e agli ucraini darà la capacità di manovra assimilata con l’addestramento occidentale».


Quanto conta l’Intelligence?
«Senza l’intelligence occidentale, l’Ucraina non avrebbe resistito. Gli ucraini sono sempre stati un passo avanti ai russi, a compensare con la capacità di dispiegare le forze nel posto giusto al momento giusto la superiorità numerica con cui i russi avrebbero potuto sfondare».


E i mercenari del gruppo Wagner?
«Sono qualificati, e avendo il diritto di saccheggio sono particolarmente motivati, però la Wagner è impegnata anche su altri fronti: Libia, Africa subsahariana… in diretto contrasto con gli interessi nazionali italiani. La Russia ha interessi offensivi anche contro i nostri interessi. La partita della Russia non è solo contro l’Ucraina, ma contro l’Occidente».
 

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