Ucraina, il dramma dei bambini: «Bombe o virus, qual è la guerra?». Il conflitto visto dai più fragili

Crescono i disagi psicologici: nei disegni dei più piccoli la siringa diventa un’arma

Ucraina, il dramma dei bambini: «Bombe o virus, qual è la guerra?». Il conflitto visto dai più fragili
di Maria Lombardi
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Martedì 1 Marzo 2022, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 13:48

La guerra? Si fa con le siringhe. Il nemico è invisibile e si combatte con l’ago, uccide come una pistola anche se non fa pum pum. I soldati hanno il camice bianco e ci salvano sparando il vaccino. Sono loro i super eroi, più forti del mostro cattivissimo che alla fine della storia perde e fugge via. D’accordo, bambini, questa è la guerra che finora avete conosciuto e disegnato. Ma ce n’è un’altra che non conoscete e si combatte con armi che fanno tanto tanto male, a tutti, anche ai bambini. Sedici sono stati uccisi non molto lontano da qui, in Ucraina, Polina aveva 10 anni e due ciocche di capelli rosa, Alisa non spegnerà mai otto candeline, la scheggia di una bomba l’ha colpita mentre era a scuola.

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Una nuova paura da raccontare, servono altre immagini per dare forma all’ansia che ora si respira: bombe, missili, sangue e carri armati, nessuno tra voi li ha mai disegnati.

Non ci voleva. Anche perché bambini e ragazzi stanno ancora curando le ferite della pandemia, quel malessere che prende mente e corpo e li accompagna da due anni: la notte con gli incubi, il mal di pancia a scuola, nessuna voglia di mangiare e di uscire. «Noi, la generazione delle catastrofi», si ribella una sedicenne. Una dietro l’altra, senza respiro. Dal virus alla guerra a due passi, e che ci toccherà dopo? Noi, cresciuti tra le sfighe. Dateci una buona ragione per sperare. 

LE PAROLE
Si fatica a trovarle, è vero. Però, proviamo almeno a parlarne. «Veniamo da due anni terribili e adesso ci sentiamo di nuovo in una situazione di incertezza, a essere spaventati», Valentina Grimaldi è pediatra e psicoterapeuta dell’età evolutiva. «Noi adulti proviamo una profonda tristezza e questo i bambini lo sentono. L’importante è dire la verità: siamo tristi perché sta succedendo una cosa brutta. È sbagliato mistificare i sentimenti che si provano perché questo preoccupa ancora di più i bambini. Non c’è un modo positivo di parlare della guerra ma si può dire che le nazioni stanno facendo di tutto per farla finire al più presto, evitando di lasciare i bambini troppo davanti alla tv». E gli adolescenti? «L’impatto psicologico della pandemia sui giovani è stato fortissimo. L’isolamento e l’ansia hanno fatto uscire dalla latenza soprattutto disturbi dell’alimentazione e del sonno. Non sarà facile adesso contenere le loro emozioni».

Solitudine, rabbia, paura: troppe cose da far stare dentro una cameretta. «Ci sarà una lunga coda del malessere generato dalla pandemia», spiega Simona Chiodo, direttore dell'Unità di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza all’Ausl di Bologna. «L’adolescenza di per sé si caratterizza per un senso di incertezza con tendenza a vivere il mondo come minaccioso. Gli eventi degli ultimi anni non fanno che confermare questo sentimento che va contrastato potenziando esperienze di condivisione, di discussione partecipata e di ascolto attivo, incoraggiando anche il volontariato per allontanare la sensazione che non c’è nulla che si possa fare». Parlare e ascoltare, dunque, «far capire ai ragazzi, come disse Einstein, che la creatività nasce dall’angoscia ed è nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Come adulti abbiamo cercato di difendere e proteggere da tutto i nostri figli. Questi eventi ci costringono a ripensare a questo modello educativo, portandoci ad aprirci maggiormente sul piano del confronto, avendo più fiducia nelle capacità dei giovani di sopportare la frustrazione». E la scuola? «Bisognerebbe che se ne parlasse molto della guerra anche nelle aule e non solo in famiglia, dando spazio anche a posizioni diverse». 

«Voglio un mondo normale», scrive Raffaele, tredicenne di Zagarolo, in provincia di Roma. «Potreste ricordarvi che questa non è una partitella a Risiko, ma la vita vera in un mondo già distrutto dalla pandemia?», incalza Lorenzo, suo compagno di scuola. «Abbiamo studiato la seconda guerra mondiale, quell’orrore non ci sarà più, ci hanno sempre raccontato». Che delusione. E di guerra fredda abbiamo letto sui libri, come comincia perché alla fine non ci si arriva mai. 

A SCUOLA
«Dagli eventi dell’Ucraina gli studenti sono emotivamente molto coinvolti», Luisa Collevecchio insegna storia e filosofia al liceo classico-linguistico Lucrezio Caro di Roma. «Sono preparatissimi e molto informati, seguono il conflitto con angoscia e preoccupazione soprattutto per la minaccia nucleare. E reclamano una presa di coscienza da parte di tutti». Anni difficili. «Stiamo lavorando molto come scuola anche sul disagio psicologico dei ragazzi e sulla prevenzione, cercando di accrescere l’autostima, la curiosità, la capacità di star bene». E ce ne vogliono di risorse per sopportare la paura della guerra dopo quella della pandemia.
 

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