Russia, l'altra "guerra" in Siria: ripartono i raid contro l'Isis per assicurare i rifornimenti di armi da Iraq e Iran

Russia su due fronti: ripartono i raid aerei in Siria per garantire l'afflusso di armi moderne da Iraq e Iran
di Paolo Ricci Bitti
4 Minuti di Lettura
Martedì 12 Aprile 2022, 13:50 - Ultimo aggiornamento: 21:45

Con tutti i problemi che ha la Russia sul fronte occidentale, perché aumentano di giorno in giorno i raid aerei di Mosca contro i resti dell'Isis in Siria? Isis in ribasso quanto la stessa Siria, stremata da divisioni, occupazioni ed embarghi.  Stati Uniti, Russia, Turchia e Israele alzano periodicamente la voce attorno a Damasco, ma ormai da tempo l'attenzione internazionale non è puntata sulla Siria, rimbalzata ultimamente nei lanci di agenzia soprattutto per la convocazione, da parte di Putin, del generale Alexander Dvornikov, dalla fama sinistra proprio per il pugno di ferro usato per sostenere l'alleato siriano nel decennio scorso, quando in nome della guerra all'Isis sono stati commessi pesanti crimini anche contro i civili. Nel 2016 Putin aveva ritirato gran parte della truppe affidate a Dvonikov considerando chiuso, o quanto meno secondario, il versante sud  rispetto ai confini con l'Europa. C'era da rafforzare la conquista della Crimea e da sostenere le autoproclamate repubbliche del Donbass.

 

Invece, dopo un calo significativo a marzo dei raid aerei russi nella Siria centrale, in corrispondenza col primo mese delle operazioni di Mosca in Ucraina, gli attacchi aerei russi in Siria sono tornati a salire di intensità nelle ultime due settimane. Lo riferisce l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui si sono intensificati nelle ultime 48 ore gli attacchi contro postazioni Isis nel triangolo di territorio tra Homs, Raqqa e Dayr az Zor, in un'area dove insorti locali affiliati all'Isis continuano giornalmente a condurre attacchi contro militari governativi e jihadisti sciiti filo-iraniani. Perché questa ripresa delle ostilità, sia pure affidate ai cacciabombardieri e non ai fanti e ai mezzi pesanti?

Il problema è che Mosca ha sempre più bisogno di armi. E di armi moderne, affidabili, come quelle che arrivano all'esercito ucraino da parte della Nato. Armi che per viaggiare dall'Iran e dall'Iraq fino alla Russia hanno bisogno di corridoi liberi che prevedono anche passaggi in Siria dove focolai dell'Isis, per quanto isolati, continuano a farsi sentire.

«La Russia sta ricevendo munizioni e hardware militare provenienti dall'Iraq per il suo sforzo bellico in Ucraina con l'aiuto delle reti di contrabbando di armi iraniane, secondo i membri delle milizie irachene sostenute dall'Iran e i servizi segreti regionali». Lo scrive il Guardian. «Lanciarazzi Rpg (Rocket Propelled Grenade) e missili anticarro, così come sistemi lanciarazzi di progettazione brasiliana», sarebbero stati «spediti in Russia dall'Iraq», afferma il media britannico. «Un sistema missilistico Bavar 373 di fabbricazione iraniana, simile al russo S-300, è stato anche donato a Mosca dalle autorità di Teheran, che hanno anche restituito un S-300, secondo una fonte che ha aiutato a organizzare il trasporto».

«L'utilizzo del traffico di armi segnerebbe un drammatico cambiamento nella strategia russa, dato che Mosca è costretta ad appoggiarsi all'Iran, suo alleato militare in Siria, in seguito alle nuove sanzioni innescate dall'invasione in Ucraina» e «gli sviluppi hanno anche enormi implicazioni per la direzione e il volume degli scambi nel traffico internazionale di armi», scrive ancora il Guardian.

La situazione in Siria

Il paese resta dilaniato anche se i riflettori della cronaca non la illuminano più. Continua la fuga di tutti coloro che possono contare su qualche aiuto all'estero con il risultato di pregiudicare ulteriormente il futuro della nazione,

Secondo il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres - come riporta il sito Sicurezza Internazionale della Luiss - il 90% della popolazione siriana «vive in uno stato di povertà. Il 60% dei siriani soffre di insicurezza alimentare, mentre 7,78 milioni di abitanti non possono predisporre di medici e strutture sanitarie che rispondano agli standard internazionali.  Altro dato annunciato è che 9 milioni di siriani, al momento, vivono in aree non controllate dal governo di Damasco e, di questi, 5,6 milioni necessitano di aiuti umanitari». La Siria, dal 2011, soffre anche per l'embargo dell'Unione europea che venne varato quando la situazione sul campo era molto differente. 

Il nord-ovest del paese resta insomma occupato dalla Turchia mentre i curdi presidiano il nord-est aiutati da truppe degli Stati Uniti schierate ufficialmente per combattare l'Isis. Ed è proprio il settentrione della Siria la parte più ricca di risorse (petrolio e cereali) al momento sottosfruttate. La strategia americana è quella di controllare fisicamente il confine siriano con Iraq e Giordania: un intento che va al di là degli accordi internazionali anche perché l'Isis resiste, ma senza potere contare più sulla potenza di fuoco del decennio scorso. Di fatto sulle spoglie della Siria si affollano in tanti, compreso Israele che periodicamente invia i cacciabombardieri a bersagliare obbiettivi militari a ridosso di Damasco, sempre sostenuta dalla Russia che tuttavia ha via via ridotto la presenza di truppe sul terreno garantendo comunque all'alleato una "copertura" con le forze aeree. 

Uno schieramento nei cieli che è tornato utile in queste ultime settimane, quando l'aggressione all'Ucraina si è rivelata più impegnativa del previsto. 

Paolo Ricci Bitti

Lo scenario in Siria nel 2016 alla vigilia della decisione di Putin di ritirare gran parte delle truppe di terra dell'esercito russo

© RIPRODUZIONE RISERVATA