Nucleare, l'Italia aggiorna il piano di sicurezza: «Riparo al chiuso per due giorni, finestre sbarrate e iodio». Bozza in pdf

Pubblicata la bozza con gli aggiornamenti delle indicazioni

Ucraina, l'Italia pubblica il piano anti-nucleare: «Riparo al chiuso per due giorni, finestre sbarrate e iodio»
di Francesco Malfetano
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Martedì 8 Marzo 2022, 14:46 - Ultimo aggiornamento: 12 Marzo, 00:09

«Riparo al chiuso» con porte e finestre serrate e sistemi di ventilazione o condizionamento spenti. Ma anche «iodoprofilassi» e controllo della filiera produttiva di verdura e carni. Sono queste, in estrema sintesi, le regole cardine su cui si basa il nuovo Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari. Vale a dire il documento, appena aggiornato dal governo (domani verrà vagliato dalla Conferenza Unificata delle Regioni) e dalla Protezione civile, che «individua e disciplina le misure necessarie a fronteggiare le conseguenze di incidenti in impianti nucleari di potenza ubicati oltre frontiera, ossia impianti prossimi al confine nazionale, in Europa e in paesi extraeuropei». 

L'Italia aggiorna il piano anti-nucleare

In tutta evidenza la guerra in Ucraina e le ultime notizie degli attacchi russi agli impianti del Paese, da Chernobyl a Zaporizhzhia, preoccupano Palazzo Chigi. Senza eccessivi allarmismi però. Il piano infatti è previsto da un decreto legislativo del 2020, e stando alle normative Ue è obbligatorio per ogni Paese da diversi anni oltre, appunto, a dover essere aggiornato regolarmente. Peraltro, le centrali ucraine si trovano tutte ben oltre la prima soglia di sicurezza di 200 km di distanza. Stando alla bozza indirizzata alle Regioni il piano si sviluppa in 3 fasi, diversificate in base all'evoluzione dello scenario incidentale considerato, e appunto è tarato su vari tipi di incidente con differenze tra un impianto posto entro 200 km dai confini nazionali e uno oltre quella distanza (oppure per un incidente in territorio extraeuropeo). In tutti questi casi, con diverse intensità, la risposta è la medesima e si compone di tre atti. La prima fase inizia con il verificarsi dell'evento, e si conclude quando il rilascio di sostanze radioattive può considerarsi terminato. Si caratterizza dal passaggio sul territorio di una nube radioattiva: in questo caso sono necessarie azioni tempestive di contrasto. La seconda, successiva al passaggio della nube, è invece caratterizzata dalla deposizione al suolo delle sostanze radioattive e dal loro passaggio alle matrici ambientali e alimentari. Infine, la terza fase è detta di transizione e prevede - dopo l'aver individuato e fermato l'origine della contaminazione - che siano avviate le azioni di rimedio e di bonifica dei territori contaminati, e la gestione dei materiali contaminati durante l'emergenza.
 

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Le misure

In queste tre fasi verranno applicate delle misure di tutela della salute pubblica che il piano distingue protettive dirette - come il «riparo al chiuso», il divieto di utilizzare impianti di ventilazione e la iodioprofilassi - attuate nelle prime ore dal verificarsi dell'evento, e misure protettive indirette, attuate durante la seconda fase.

Queste ultime sono a più ampio raggio e comprendono limitazioni alla produzione, commercializzazione e consumo di alimenti di origine vegetale e animale («blocco cautelativo del consumo di alimenti prodotti localmente»), misure a protezione del patrimonio agricolo e zootecnico, blocco della circolazione stradale e monitoraggio della radioattivita nell'ambientale e delle derrate alimentari.

Tre fasi

 Infine, il piano fornisce indicazioni per la iodioprofilassi, cioè «una efficace misura di intervento per la protezione della tiroide, inibendo o riducendo l'assorbimento di iodio radioattivo, nei gruppi sensibili della popolazione». Secondo il Piano, «il periodo ottimale di somministrazione di iodio stabile è meno di 24 ore prima e fino a due ore dopo l'inizio previsto dell'esposizione. Risulta ancora ragionevole somministrare lo iodio stabile fino a otto ore dopo l'inizio stimato dell'esposizione. Da evidenziare che somministrare lo iodio stabile dopo le 24 ore successive all'esposizione può causare più danni che benefici (prolungando l'emivita biologica dello iodio radioattivo che si è già accumulato nella tiroide).

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