Grano, allarme di Giansanti (Confagricoltura): «Irrisori gli aiuti Ue. Settore piegato da siccità e guerra»

«L’Unione cambi strategia e metta la sicurezza alimentare tra le priorità»

Grano, allarme di Giansanti (Confagricoltura): «Irrisori gli aiuti Ue. Settore piegato da siccità e guerra»
di Carlo Ottaviano
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Lunedì 28 Marzo 2022, 00:37

«Dalla crisi dobbiamo ripartire con una nuova strategia a livello nazionale ed europeo. I provvedimenti presi finora li definisco bebè, come il primo passo di un bambino. Ora guardiamo lontano, come hanno fatto i capi di Stato al vertice di Versailles. Purtroppo, però, le decisioni di Bruxelles non sono state coerenti». Per Massimiliano Giansanti, romano, presidente di Confagricoltura, la pandemia Covid, la crisi energetica, le conseguenze del conflitto in Ucraina dimostrano l’importanza del settore agroalimentare.

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Alle porte c’è una nuova emergenza, la siccità. Non piove da mesi, i fiumi sono sotto i livelli minimi perfino al Nord. Le coltivazioni ne stanno già risentendo? 
«Sono reduce da una riunione europea.

La situazione potrebbe diventare catastrofica proprio in Italia, Spagna e Grecia. Siamo preoccupati quanto e più della crisi in Ucraina e non è una esagerazione».

Mancano il grano (essenziale per il consumo interno e per l’industria della pasta, leader nell’export) e altri cereali, mancano il mais per gli animali e l’olio di girasole per l’industria di trasformazione. Siamo sempre più vulnerabili?
«È per questo che le decisioni dell’UE sono la classica montagna che ha partorito un topolino, avevamo ben altre aspettative con l’obiettivo dell’autosufficienza alimentare dell’Europa. Il Commissario ha solo spostato risorse da un capitolo di spesa a un altro».

Cos’altro avrebbe dovuto fare?
«Il problema è che si continua a governare la politica agricola di 27 diversi Paesi, invece di pensarci come un unico Stato. È tempo di valutare tutti assieme come misurare gli stock e affrontare le crisi, manca un modello di food security. Va cambiato proprio il paradigma di pensiero, mettendo l’Europa in sicurezza alimentare (per mantenere disponibilità del cibo e stabilità dei prezzi) e dandole così un ruolo nel nuovo scenario geopolitico che sta cambiando. Perché se oggi la Cina o la Russia, per esempio, decidono di affamare l’Africa lo possono fare e questo provocherà un impatto rilevantissimo nei rapporti di forza mondiali». 

Domani alla Camera il ministro all’Agricoltura Stefano Patuanelli illustrerà i provvedimenti d’emergenza per la crisi nel vostro settore. Ritenete sufficienti i 195 milioni stanziati dal decreto legge Ucraina?
«Non bastano, speriamo che il Parlamento potenzi le decisioni. L’agricoltura trasforma in cibo il gasolio che usiamo per le macchine agricole, per riscaldare le serre, per altri interventi. Il taglio di 25 centesimi al litro ha visto immediatamente il rialzo del gasolio agricolo. Io personalmente un mese fa lo pagavo 80 centesimi, venerdì mi è costato 1,50 al litro. Questo influisce sui costi di produzione e a cascata sulla spesa degli italiani. Se vogliamo bloccare le tensioni inflattive senza fermare l’economia dobbiamo sostenere i consumi essenziali delle famiglie che sono proprio l’energia e il cibo. Su questo chiediamo maggiore determinazione». 

Un prodotto di prima necessità è il latte. Il settore (100 mila addetti) risente più di altri dell’impennata dei prezzi delle materie prime. 
«Ormai si lavora in perdita. Per questo apprezziamo la decisione di Granarolo di riconoscere agli allevatori un aumento sul prezzo alla stalla. In settimana lo faranno altri trasformatori». 

Sarebbe utile ragionare in ottica di filiera anche negli altri comparti?
«Sì, la crisi deve spingerci a un nuovo modello, a ripensare alla politica industriale del settore. Non lo facciamo da più di 50 anni. Dobbiamo difendere allo stesso tempo i successi in quantità e qualità (540 miliardi di euro di produzioni, di cui 52 di export, ndr) e rafforzare tutta l’agricoltura italiana in modo sostenibile e tutelando le risorse naturali».

Un primo tema sono le risorse energetiche rinnovabili. In Italia abbiamo 1500 impianti di biogas che assieme agli impianti fotovoltaici producono 4,5 gigawatt di energia. Bastano?
«Bene fa il presidente Draghi a spingere sulla transizione energetica e noi agricoltori siamo pronti ad avere un ruolo fondamentale nel biometano e nell’abbattimento dei costi nelle aziende agricole che poi si traducono in prezzi più accessibili per le famiglie». 
 

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