Regeni, gelo con l'Egitto e tensione nel governo: M5S imbarazza la Lega

Regeni, gelo con l'Egitto e tensione nel governo: M5S imbarazza la Lega
di Marco Conti
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Sabato 1 Dicembre 2018, 08:55 - Ultimo aggiornamento: 11:06

ROMA Sul caso Regeni si consuma un duplice scontro. Quello tra Italia ed Egitto, tornato durissimo dopo la decisione del presidente della Camera Roberto Fico di sospendere qualsiasi rapporto diplomatico con Il Cairo, e il Parlamento egiziano, e uno tutto interno alla maggioranza tra M5S e Lega. Due forni di tensione che oltre a riportare i rapporti con Il Cairo al momento della scoperta del corpo del giovane universitario, dimostrano come ormai la politica estera diventi sempre più frequentemente argomento da campagna elettorale cessando di essere non solo bipartisan ma luogo dove distinguersi all'interno della maggioranza, marcando il territorio, senza troppa fatica e costo. Almeno per i leader.

I DUBBI
E' accaduto ieri l'altro sul Global Compact, quando Matteo Salvini ha preso il microfono della Camera per annunciare il ritiro dell'Italia dalla Conferenza di Marrakech, e si è ripetuto ieri quando Fico prima ha sottolineato il suo favore per il documento sui migranti messo a punto dall'Onu e poi ha annunciato la rottura delle relazioni tra il Parlamento italiano e quello egiziano a seguito della decisione dei magistrati della procura di Roma di procedere interrompendo la melina dei colleghi egiziani. E se qualcuno aveva ancora dubbi su chi fosse l'obiettivo del presidente della Camera, è arrivato l'affondo contro il decreto Salvini appena licenziato da Montecitorio. Quando il parlamento del Cairo reagisce, dicendo che Fico «ha assunto una posizione unilaterale che va oltre le inchieste, non fa gli interessi dei due paesi né aiuta a giungere alla verità», il ministro degli Esteri Moavero rompe gli indugi e convoca l'ambasciatore egiziano per esprimere tutto il disappunto italiano per l'oltremodo scarsa collaborazione degli inquirente egiziani sulla vicenda del giovane universitario massacrato e poi ucciso. La vicenda, per ieri, poteva dirsi conclusa, quando invece interviene Luigi Di Maio. Il vicepremier, in difficoltà per le note vicende familiari, mette sulla polemica il carico della sua delega allo Sviluppo Economico mettendo in dubbio le strategiche attività dell'Eni in Egitto: senza risposte entro l'anno «tutto ne risentirà» nei rapporti bilaterali. Nessuno grillino è arrivato a mettere in discussione anche la partecipazione delle aziende italiane del Nord Italia alla fiera sulle armi che si terrà la prossima settimana al Cairo, o gli accordi sull'immigrazione. Forse per non esagerare e magari scatenare la reazione di Salvini che ieri ha evitato di esprimersi. Significativa però la reazione del leghista Guglielmo Picchi. Per il sottosegretario agli Esteri «pregiudizio e ideologia sono due ingredienti troppo spesso utilizzati nella politica italiana. Tenendo fermi i principi ed essendo duri nel dialogo si possono ottenere risultati senza danneggiare il Paese». Tradotto: la linea Fico dello scontro non porta da nessuna parte, meglio continuare nel dialogo che il governo aveva riallacciato - dopo la morte di Regeni - con ben quattro missioni al Cairo: due del premier e una ciascuno di Salvini e Di Maio.

LE UMILIAZIONI
E così l'offensiva italiana nei confronti dell'Egitto diventa l'offensiva del M5S per uscire dall'angolo. Ed è significativo che sia Fico a portarla avanti proprio nel momento di maggiore difficoltà dell'attuale leader pentastellato e alla vigilia del varo di una manovra di Bilancio che, se otterrà il visto di Bruxelles, cancellerà di fatto la versione del reddito di cittadinanza che ha contribuito non poco al successo elettorale del 4 marzo. D'altra parte mentre Salvini ha da tempo coltivato altri argomenti forti in grado di supplire alle umiliazioni che sta subendo quota 100 - dai migranti al sovranismo, alla polemica con l'Europa destinata a riaccendersi un minuto dopo l'approvazione della manovra da parte di Bruxelles - il M5S ha sinora puntato solo sul Reddito.
Il triste caso Regeni, che anche il presidente del Copasir Lorenzo Guerini dice di «seguire con attenzione», ha quindi tutte le caratteristiche per permettere al M5S di marcarsi a sinistra e, mentre Salvini coltiva l'elettorato di destra, la politica estera italiana oscilla e costringe sempre più spesso Sergio Mattarella ad intervenire.

 
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