Germania, vola l'ultradestra ma non sfonda

Germania, vola l'ultradestra ma non sfonda
di Flaminia Bussotti
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Lunedì 2 Settembre 2019, 07:31 - Ultimo aggiornamento: 08:15

BERLINO I partiti tradizionali al potere da anni nei due Länder e a Berlino, si sono salvati per il rotto della cuffia, ma il messaggio che esce dal voto regionale ieri in Sassonia e in Brandeburgo, due delle più importanti regioni dell'Est, è chiaro: uno schiaffo ai partiti di governo, a Dresda e a Potsdam, ma anche al governo federale di Angela Merkel a Berlino. La rabbia e la protesta dei tedeschi dell'Est ha consacrato una schiacciante affermazione agli estremisti dell'AfD. A 30 anni esatti dal crollo del Muro, la sentenza che emerge dalle urne è la grande frustrazione dei tedeschi dell'Est che si sentono ancora cittadini di seconda classe, e un atto di accusa alla riuscita dell'Unificazione.
 



I PARTITI POPOLARI
Per i partiti tradizionali, in perenne emorragia di consensi, la domanda che si pone ora è se valga ancora la qualifica di Volkspartei partito popolare. Qualifica che potrebbe invece presto passare ai Verdi che continuano la loro corsa a livello regionale, federale e europeo. A fare incetta dei voti di protesta in entrambi i Länder, secondo i dati provvisori del voto, è stato il partito di estrema destra AfD (Alternative für Deutschland, alternativa per la Germania), che ha fatto della lotta ai vecchi partiti e alla politica sulla migrazione del governo federale il suo principale (e unico) cavallo di battaglia.
In Sassonia, dove la Cdu, il partito cristiano democratico della cancelliera Merkel, governava da 30 anni ininterrottamente (in tempi remoti con maggioranze assolute), ha difeso la sua posizione al primo posto ma incassando forti perdite: 32,5% (contro il 39,4% alle regionali nel 2014), ma la Spd, il partito socialdemocratico alleato junior della Cdu nel Land e anche della Cdu-Csu a Berlino, crolla al 7,8% contro il 12,4% di cinque anni rendendo impossibile una prosecuzione della Groko, la grande coalizione, a Dresda. Per governare il premier Cdu Michael Kretschmer, dovrà trovarsi un terzo alleato, molto probabilmente i Verdi, passati dal 5,7% all'8,4%. L'AfD tallona da vicino la Cdu e diventa secondo partito in Sassonia con il 27,8% dei voti contro il 9,7 che aveva. La Linke (Sinistra, eredi del partito comunista della Ddr) precipita dal 18,9% al 10,1%. I liberali (Fdp) che erano fuori dal Landtag, il parlamento regionale, raggiungono il 4,5% e restano sotto lo sbarramento del 5% e dunque fuori del parlamento a Dresda.

In Brandeburgo, in situazione speculare con la Sassonia, al governo del Land c'era da 30 anni la Spd, in coalizione rosso-rosso con la Linke. Il partito di Willy Brandt, che attraversa anche a livello federale un travaglio storico senza precedenti con il rischio di estinzione, si conferma al primo posto ma non gli bastano più i numeri per continuare a governare in coalizione con la Linke. La Spd arriva al 26,1% (contro il 31,8% nel 2014) e la Linke al 10,7% (18,6%): assieme dunque non raggiungono la maggioranza: possibile una coalizione rosso-rosso-verde con i Grünen, o anche rosso-nero-verde (Spd-Cdu-Verdi). Anche in Brandeburgo l'AfD conquista il secondo posto raddoppiando i voti con il 23,7% (12,2%). La Cdu crolla al 15,7% dal 23% che aveva, i Verdi arrivano al 10,6% (6,2%) e la Fdp al 4,4% quindi fuori dal Landtag.

LE RIPERCUSSIONI
L'esito di questo voto locale era atteso con preoccupazione a Berlino nel timore di un ribaltamento degli equilibri che avrebbe potuto avere ripercussioni drammatiche a livello federale. Se Cdu e Spd fossero state scalzate dall'AfD, probabilmente sarebbero cadute diverse teste ai vertici dei due partiti a Berlino, con fine del governo e rinvio alle urne. Il pericolo sembra scampato anche perché nessuno, date le cattive acque in cui versano i due partiti, ha interesse a elezioni anticipate. Salvo imprevisti, la Groko, la terza guidata dalla Merkel, arriverà a fine legislatura nel 2021 proprio come nei disegni della cancelliera la quale, come annunciato l'ottobre scorso quando lasciò la leadership Cdu (passata alla delfina Kramp-Karrenbauer), con la fine del suo quarto mandato dal 2005, gradirebbe nel 2021 andarsene finalmente in pensione.
 

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