Ucraina, «Con Bucha superata la linea rossa». Letta preme su Draghi per lo stop al gas russo

Il leader dem: «Quante Bucha serviranno per un embargo completo?». Il premier: aspettiamo la Ue. Ma Di Maio apre

Ucraina, «Superata la linea rossa». Letta preme su Draghi per lo stop al gas russo
di Alberto Gentili e Gabriele Rosana
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Lunedì 4 Aprile 2022, 00:44 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 17:42

Le immagini del massacro di civili a Bucha spingono l’Europa all’azione. L’unità di intenti sull’embargo dell’energia russa è però ancora lontana, con importanti distinguo all’interno degli stessi governi. Però torna sul tavolo la possibile chiusura dei porti. «Stiamo lavorando a un nuovo pacchetto di sanzioni che arriverà presto», ha confermato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che ha annunciato anche nuovi aiuti all’Ucraina in risposta alle «scioccanti atrocità commesse dall’esercito russo nella regione di Kiev». E la numero uno della Commissione, Ursula von der Leyen, ha invocato «un’inchiesta indipendente» sui crimini di guerra. Contro Mosca vanno imposte «misure ancora più dure», le ha fatto eco la presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola.

Il coro a Bruxelles, ma anche a Parigi e Berlino, è quasi unanime.

Sulla carta, i Ventisette sono pronti ad adottare un nuovo round di restrizioni. Eppure, ancora una volta, potrebbero risparmiare lo stop alle forniture energetiche già deciso invece da Washington e Londra. I Paesi Ue continuano infatti a essere divisi sul tipo di sanzioni da adottare con il quinto pacchetto: la definizione di un nuovo lotto di misure era, in realtà, già prevista per questa settimana con l’obiettivo di colmare alcune lacune esistenti per limitare la possibilità di aggiramento delle restrizioni e colpire altri membri dell’élite russa. Ed eventualmente fare pure qualche passo più avanti, come il blocco del commercio delle tecnologie legate all’industria militare o nuove sanzioni alle banche già disconnesse dalla piattaforma dei pagamenti Swift.

 

Tuttavia, i crimini di Bucha per alcuni Stati Ue potrebbero rappresentare il superamento della “linea rossa” per intensificare la pressione sul Cremlino. Ne sono convinti i Paesi dell’Est Europa, che hanno rilanciato le richieste di sospendere il trasporto merci via terra e via mare e le importazioni di gas, petrolio e carbone russi. I Paesi Baltici sono pronti a fare da sé. Nel fine settimana la Lituania è stato il primo Paese Ue ad annunciare lo stop immediato all’acquisto di metano russo, seguita a ruota da Estonia e Lettonia, mentre la Polonia dovrebbe unirsi entro fine anno. In Germania, finora la più restia a fermare l’import di fonti fossili dipendendo per oltre il 50% da Mosca, cominciano a crearsi le prime crepe: se la ministra degli Esteri Annalena Baerbock e il vicecancelliere Robert Habeck (entrambi verdi) hanno detto che serve un «inasprimento delle sanzioni», la titolare della Difesa Christine Lambrecht, socialdemocratica come il capo del governo Olaf Scholz, si è spinta più in là convinta che vadano fermati i flussi di gas russi. Toni assenti nel pur duro comunicato di Scholz, che prima si è limitato a invocare un’inchiesta su quanto commesso a Bucha e poi ha aperto a «nuove sanzioni». E se il responsabile delle Finanze tedesco Christian Lindner ha assicurato che «già da oggi parleremo di nuove misure con i nostri alleati», il premier polacco Mateusz Morawiecki è andato oltre chiedendo a Bruxelles la convocazione di un nuovo summit per «fermare tutti gli scambi commerciali» con Mosca.

La reazione di Mario Draghi, condividendo con Berlino la forte dipendenza dal gas russo, è simile a quella di Scholz. Al pari del cancelliere, il premier condanna gli eccidi di civili a Bucha ma non apre a sanzioni energetiche: «Le immagini dei crimini commessi lasciano attoniti. La crudeltà dei massacri di civili inermi è spaventosa e insopportabile. Le autorità russe devono cessare subito le ostilità, interrompere le violenze contro i civili, e dovranno rendere conto di quanto accaduto».

LA SPINTA DI LETTA

L’approccio cambia (e di molto) sul fronte del Pd, da sempre il partito più leale nel sostenere Draghi. Il segretario Enrico Letta sollecita il governo ad adottare la linea dura contro Mosca: «Quante Bucha servono prima di passare a un embargo completo su petrolio e gas russi? Il tempo è finito». E a riprova che non è una trovata estemporanea, mentre Pier Ferdinando Casini gli dà ragione, il segretario nell’invocazione di sanzioni energetiche schiera molti esponenti del partito. Nel quartier generale dem del Nazareno spiegano: «Putin ha passato il segno. Bucha è il punto di non ritorno. Basta compromessi. La nostra previsione è che l’embargo totale sia l’approdo inevitabile».

Su una linea mediana Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri, intervistato a “Che tempo che fa”, sostiene che «i terribili fatti di Bucha porteranno la Ue a nuove sanzioni e non escludiamo un dibattito nelle prossime ore sull’import di idrocarburi dalla russa. L’Italia non mette alcun veto sul nuovo pacchetto di sanzioni. Noi lavoriamo per renderci indipendenti dai ricatti dal gas russo».Ma Draghi, che intende scongiurare il collasso delle imprese e un nuovo salasso delle famiglie per l’impennata delle bollette di luce e gas, è più prudente. Non dice né sì, né no allo stop al gas russo. E da palazzo Chigi chiariscono: «Qualunque decisione verrà presa e coordinata nella cornice europea per una risposta comune».

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