Usa, elezioni di midterm: dalle trans ai musulmani: i nuovi volti dem. Nel voto anche il candidato morto

Alexandra Ocasio-Cortez
di Anna Guaita
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Domenica 4 Novembre 2018, 16:48
NEW YORK Almeno 400 sono gli esponenti della comunità Lgbtq, più di 450 sono scienziati, mentre il numero delle donne supera i 3.500. Poi ci sono i nativi, i musulmani, e un ampio ventaglio di immigrati di seconda generazione, coreani, filippini, somali. Alle elezioni di metà mandato, sia per il congresso federali che per quelli statali, per i governatori e i sindaci, gli elettori americani martedì si troveranno davanti una scelta di candidati estremamente varia.

PERSONAGGI
Il candidato che per rintuzzare lidea di armare i professori si è spruzzato in faccia il peperoncino rosso, per provare che ci si può difendere meglio da eventuali attacchi con lo spray urticante. Il candidato morto che è rimasto nelle liste elettorali e per il quale chissà quanti elettori voteranno. Ma le stranezze quest'anno sono più serie, con possibili conseguenze di lungo termine sulla democrazia americana. Il Vermont ci ha offerto la prima candidata transgender, Christine Hallquist, una 62enne che nella sua vita precedente si chiamava Dave. Una sua vittoria per la sedia di governatore sembra improbabile, visto che l'attuale governatore, Phil Scott, è un repubblicano moderato che gode di larga popolarità. Tuttavia il solo fatto che Christine abbia vinto le primarie con il 40 % dei voti in questo Stato agricolo è già un incredibile successo.

E lo stesso va detto dei 400 gay, lesbiche, bisexual che non si sono sognati di nascondere la propria identità sessuale, ma anzi ne hanno fatto un cavallo di battaglia. La grande varietà di queste elezioni in realtà si esprime quasi esclusivamente fra i candidati democratici, sebbene anche i repubblicani portino in pista alcune figure che rompono con la tradizione storica della omogeneità bianca. Molta di questa varietà si deve proprio a Donald Trump, e non solo perché alcuni gruppi si sono mobilitati per fermarne la marcia, ma perché con la sua vittoria l'imprenditore «ha alleviato le paure di chi non osava correre per un carica politica pensando di non essere qualificato» spiega Sayu Bhojwani, fondatrice della organizzazione New American Leaders.

CAMBIAMENTO
Consapevole della terribile disfatta del 2016, e degli errori dirigisti e accentratori compiuti dal direttivo del partito, quest'anno il partito aiuta con fondi generosi, ma lascia autonome le campagne dei vari candidati. È vero quindi che a New York abbiamo visto la vittoria alle primarie della 28enne Alexandra Ocasio-Cortez, dichiaratamente socialista, ma a Pittsburgh abbiamo invece Conor Lamb, ex marine, difensore delle armi e contrario all'aborto. La diversità regna regina, e fra le file dei democratici, potrebbero verificarsi dei casi storici: la prima donna afroamericana governatrice, ad esempio, se Stacey Abrams vincesse in Georgia.

Potremmo avere le prime donne musulmane al Congresso, se la palestinese Rashida Tlaib e la somala Ilhan Omar vinceranno rispettivamente in Michigan e Minnesota. E ancora, i democratici sperano di vantare in Idaho il primo governatore nativo: Paulette Jordan è infatti un'esponente della tribù dei Coeur d'Alene. E quanto a indiani, ben due donne potrebbero diventare le prime native al Congresso: Sharice Davids, una lesbica campionessa di arti marziali, della tribù dei Winnebago, e Deb Haaland dei Pueblo Laguna, sembrano favorite per vincere in Kansas e in Nuovo Messico. Milioni di voti sono già stati espressi. Ma la volata finale per gli indecisi sarà questa domenica, con Trump che difende i candidati repubblicani e Barack Obama che si è ridotto senza voce per i comizi in difesa dei suoi. Stranezza delle stranezze: non si vede Bill Clinton, che fino a due anni fa era richiestissimo. Il movimento #MeToo lo sta punendo per il suo passato di aggressivo seduttore.

 
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