Egitto, esposti per la prima volta “I tesori nascosti di Sohag”: sono nove le icone copte in mostra

Egitto, esposti per la prima volta “I tesori nascosti di Sohag”
di Rossella Fabiani
5 Minuti di Lettura
Sabato 24 Settembre 2022, 11:24 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 12:10

Per la prima volta vengono esposte al di fuori dei luoghi di culto. Sono nove icone copte in mostra nel museo nazionale di Sohag in Alto Egitto. “I tesori nascosti di Sohag”, questo è il nome della mostra, testimoniano la devozione per la Vergine Maria presente in tutto il Paese. La mostra comprende nove icone, le più importanti delle quali sono due icone che rappresentano la Vergine Maria che porta Gesù, l’icona dell’Arcangelo Michele, l’icona dell’angelo Gabriele e l’icona di Anba Pusa e Anba Abadion.

Roma, archeologia, addio a Paolo Moreno: interpretò i Bronzi. Il direttore Malacrino: «Contributo fondamentale»

Egitto, esposti I tesori di Sohag

«E’ la prima volta che queste icone escono dai monasteri e che vengono esposte in un museo. L’idea della mostra nasce, infatti, dalla volontà di coinvolgere la comunità locale. Alcuni monasteri e chiese di Sohag sono stati contattati per esporre alcune delle icone copte - che conservano e che risalgono al XVIII secolo - che sono ora messe a disposizione del pubblico che visiterà il museo.

Abbiamo scelto nove icone che provengono tutte da Akhmim, la città di fronte a Sohag: tre dal Monastero della Vergine e sei dalla Chiesa di Abu Seifin (San Macario)”, ci ha detto il direttore generale del museo, Alaa Elkadi. Nella più generale strategia nazionale di sviluppo dei governatorati dell’Alto Egitto e delle loro risorse, il desiderio è quello di fare del Museo di Sohag un importante polo culturale e didattico valorizzando e promuovendo il Sud del Paese. Ma soprattutto si rivolge alla comunità locale. “Si tratta di una mostra importante», ci dice la professoressa Gihane Zaki, egittologa, già direttrice per sei anni dell’Accademia d’Egitto a Roma e oggi parlamentare.

Lo scopo

«Lo scopo e il desiderio è quello del coinvolgimento degli abitanti del posto. Un aspetto notevole che dà valore all’equilibrio esistente tra la comunità musulmana e cristiana, anche se ci sono momenti in cui la situazione può essere difficile. Credo, però, che una mostra del genere, e anche alcuni progetti in corso per il restauro delle chiese, siano pietre per costruire relazioni profonde. Papa Tawdros, la settimana dopo l’incendio di una chiesa al Cairo, che il governo sta già ricostruendo, ha fatto un discorso molto significativo sull’amore, sulla pace, sull’accettazione dell’altro e sulle mani tese verso l’altro. La situazione adesso è difficile, sia economicamente che da un punto di vista sociale, e l’incendio della chiesa al Cairo ha gettato un’ombra negativa. Ma questa mostra vuole essere un punto di ripartenza per rafforzare il dialogo tra le comunità in Alto Egitto, una zona molto sensibile e molto importante. La mostra al museo di Sohag, città che non è turistica come Luxor o Assuan, accende i riflettori su una provincia egiziana che ha un posto speciale dal punto di vista storico con Abido e con il sito della necropoli di El 'Araba el Madfuna”. Ma anche con il celebre monastero bianco – detto il monastero di San Shenute dal suo più grande archimandrita, considerato il padre della letteratura copta – che è di capitale importanza per la storia della cultura cristiana d’Egitto. E con il monastero rosso. Entrambi importantissimi anche per le loro biblioteche.

«Per questo la mostra rappresenta aggiunge Gihane Zaki – un messaggio positivo che documenta come i cristiani di ieri e di oggi e l’arte copta sono una pagina essenziale della storia del Paese dove tutti sono, prima di ogni cosa, cittadini egiziani». Non lontano da Sohag, si trova poi Deir Dronka, dove c’è uno dei più importanti monasteri dedicati alla Vergine, che è meta di pellegrinaggi, soprattutto in occasione della festa del 22 agosto e, dove secondo la tradizione, sarebbe stata ospitata la Sacra Famiglia. Costato circa tre milioni e mezzo di euro, il museo nazionale di Sohag, costruito lungo le sponde del Nilo, è uno dei più grandi musei dell’Alto Egitto. Ha la forma di due mastabe sovrapposte che si affacciano sul Nilo, ha anche un molo destinato all’attracco dei traghetti ed è circondato da canali d’acqua e fontane. All’ingresso ci sono cinque colossi della dea Sekhmet nella sua forma leonina. All’interno le pareti sono dipinte di verde scuro come la rigogliosa vegetazione della zona, mentre lo sfondo delle vetrine è in beige chiaro a ricordare l’ambiente desertico di questo governatorato nel Sud del Paese. Il nuovo museo copre tutta l’area che va da Asyut (dove sono nati il filosofo neoplatonico Plotino e Giovanni da Lycopolis, uno dei più grandi santi dell’Egitto cristiano) fino a Dandara (celebre per il tempio tolemaico dedicato alla dea Hathor), valorizzando e promuovendo un territorio molto importante e fino a oggi frequentato per lo più soltanto da addetti ai lavori. L’idea è quella di rendere il museo di Sohag un significativo polo culturale e didattico valorizzando il Sud del Paese. Tutta l’area è ricca di siti: da Nag Hammadi, dove sono stati scoperti nel 1945 molti manoscritti copti tra cui un Vangelo apocrifo detto «Vangelo secondo Tommaso», alla città santa di Abido e ai celebri monasteri, da quello di Amba Shenuda, detto il monastero Bianco, a quello di Deir el-Ahmar, detto il monastero Rosso per il suo muro esterno in mattoni. Il museo di Sohag, come uno specchio, riflette la storia di questa regione dell’Egitto secondo la nuova filosofia adottata dal ministero delle Antichità, ovvero quella di trasformare i musei in istituzioni più educative e culturali, sensibilizzando il pubblico – anche quello egiziano – all’archeologia per rafforzare così il senso di appartenenza a un unico Paese dalla storia millenaria.

© RIPRODUZIONE RISERVATA