Donald Trump sfida i democratici degli Usa sull'impeachment: «Non vengo a testimoniare»

Donald Trump sfida i democratici degli Usa sull'impeachment: «Non vengo a testimoniare»
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Venerdì 5 Febbraio 2021, 19:28 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 07:50

«Non verrò a testimoniare volontariamente». Donald Trump sfida i democratici nel secondo processo di impeachment che si apre il 9 febbraio in Senato, dove l'ex presidente è accusato di aver istigato con un suo comizio incendiario l'assalto al Congresso da parte dei suoi fan per bloccare la certificazione della vittoria di Joe Biden. I suoi unici due avvocati, Bruce Castor e David Schoen, hanno respinto immediatamente la richiesta che Trump sia chiamato a testimoniare definendola una «trovata mediatica» in un procedimento «incostituzionale».

La loro principale tesi difensiva infatti è che non si può processare un presidente decaduto. Il Senato ha già respinto una mozione sulla incostituzionalità del processo ma solo cinque repubblicani si sono uniti ai dem, segnalando che sarà improbabile raggiungere la maggioranza dei due terzi per la condanna. In ogni caso Trump potrebbe decidere di portare la questione alla Corte Suprema, confidando nella maggioranza conservatrice di giudici che ha contribuito a cementare.

Le altre tesi difensive sono che The Donald non intendeva incitare all'assalto di Capitol Hill e che comunque le sue affermazioni sono protette dal primo emendamento della costituzione sulla libertà di parola.

A chiedere l'interrogatorio sotto giuramento dell'ex presidente erano stati i nove 'manager' della Camera che rappresenteranno l'accusa, guidati dal deputato Jamie Raskin. «Ci riserviamo tutti i diritti, compreso quello di argomentare nel processo che il suo rifiuto di testimoniare pesa fortemente contro di lui», ha replicato Raskin, che potrebbe inoltre costringere Trump a deporre con un 'subpoenà, ossia una citazione, anche se appare improbabile. In ogni caso per lui c'è il rischio di un forte danno di immagine: per dimostrare l'accusa verranno usate le sue parole, nonché i video del suo comizio e del successivo assalto. Non è ancora stato deciso invece se convocare testimoni.

Intanto Trump incassa una sconfitta e una mezza vittoria nel partito: Liz Cheney, la numero tre alla Camera che aveva votato per il suo impeachment, mantiene l'incarico mentre con un clamoroso voto in aula è stata rimossa dalle commissioni parlamentari la sua sostenitrice Marjorie Taylor Greene, accusata di aver sposato teorie cospirative come QAnon e di aver incoraggiato sui social violenza, antisemitismo e razzismo. Ma la stragrande maggioranza dei repubblicani ha fatto quadrato intorno a lei, mostrando la volontà di non inimicarsi la base elettorale a cui fa riferimento e, soprattutto, il suo grande sponsor, l'ex presidente.

Trump ha infine giocato d'anticipo inviando una lettera di dimissioni alla Sag, dopo che il sindacato degli attori di Hollywood ha avviato a «stragrande maggioranza» un processo disciplinare che avrebbe potuto portare alla sua espulsione per aver aizzato l'assalto al Capitol. «Chi se ne frega. Non voglio più essere associato alla vostra organizzazione», ha scritto alla presidente Gabrielle Carteris, lamentandosi che nonostante il suo contributo alla tv e al cinema la Sag «non ha fatto nulla per me» e citando i suoi ruoli in film come «Home Alone Due», «Zoolander», «Wall Street: Money never sleeps» e il reality «The Apprentice». L'associazione ha risposto con due sole parole: «thank you».

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