Coronavirus: in Cina sfuggito 86% infezioni a fine gennaio, studio Science

Occorre fare di più per identificare i pazienti se si vuole fermare Sars-Cov2, scrivono gli autori
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Lunedì 16 Marzo 2020, 20:06 - Ultimo aggiornamento: 20:44

Si poteva capire che stava arrivando ulìna pandemia? Anche la Cina, come diversi paesi ha sottostimato l'arrivo della slavina. C'è uno studio che lo dimostra. In Cina i casi sottotraccia di nuovo coronavirus erano davvero molto numerosi prima che fossero introdotte le restrizioni ai viaggi, intorno alla fine di gennaio 2020. E proprio queste infezioni non rilevate - circa l' 86% del totale, secondo gli autori di un nuovo studio pubblicato su Science - avrebbero contribuito per la maggior parte alla diffusione del virus, poi divenuto pandemico. Questi risultati, basati su uno studio di modellizzazione, spiegherebbero dunque la rapida diffusione geografica della Sars-CoV2 in Cina (e fuori), secondo i ricercatori della Columbia University che firmano la ricerca. E mettono in luce l'importanza di eseguire più test per identificare con certezza i pazienti. Al centro dello studio ci sono infatti proprio le infezioni non riconosciute, che «spesso presentano sintomi lievi, limitati o del tutto assenti», spiega il team di Ruiyun Li.

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«Abbiamo sviluppato un modello matematico che simula la dinamica spazio-temporale delle infezioni in 375 città cinesi», precisano i ricercatori. La stima della prevalenza e contagiosità delle infezioni non documentate «è fondamentale per comprendere il potenziale pandemico complessivo di Covid-19, in particolare poiché le infezioni non documentate possono esporre al virus una porzione molto maggiore della popolazione di quanto non si verificherebbe altrimenti». Per comprendere meglio il peso delle infezioni non documentate, Ruiyun Li e colleghi hanno sviluppato un modello matematico che combinava i dati sui movimenti delle persone con quelli delle infezioni segnalate dalle autorità. E hanno anche applicato delle tecniche di inferenza statistica.

 


Ebbene, prima delle restrizioni ai viaggi del 23 gennaio introdotte a Wuhan, l' 86% dei casi di Covid-19 non era documentato, secondo gli autori. Insomma, i numeri ufficiali erano straordinariamente sotto-dimensionati. Inoltre, queste infezioni non documentate per ogni persona avevano una contagiosità di circa il 55% rispetto alle infezioni confermate, affermano gli autori. I risultati mettono in luce anche il ruolo degli sforzi di controllo del governo cinese e della consapevolezza della popolazione dopo il mese di gennaio, che «hanno notevolmente ridotto la trasmissione dei virus». Sebbene non sia chiaro se questo effetto continuerà, una volta allentate le misure di controllo, affermano gli autori. Gli stessi ricercatori osservano che i risultati del loro studio «potrebbero essere utili in altri paesi con diverse pratiche di controllo, sorveglianza e comunicazione».

E sottolineano l'importanza di «un aumento radicale» nell'opera di identificazione delle infezioni attualmente non documentate, «per arrivare a controllare Sars-CoV2». Insomma, servono più test. «Se il nuovo coronavirus segue il modello dell'influenza pandemica H1N1 del 2009, diventerà il quinto coronavirus endemico nella popolazione umana», concludono i ricercatori.

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