Cop26, taglio emissioni del 45% al 2030. Ma il negoziato rimane difficile

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Mercoledì 10 Novembre 2021, 20:35 - Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 07:18

La ​Cop26 di Glasgow ha prodotto la sua prima bozza di documento finale. Pubblicata stamani alle cinque, prevede un taglio delle emissioni di anidride carbonica del 45% al 2030, l'attivazione nel 2023 del fondo da 100 miliardi di dollari per gli aiuti ai paesi meno sviluppati, un ulteriore aggiornamento entro la fine del 2022 degli impegni di decarbonizzazione degli Usa. Ora su questa bozza si apre il negoziato fra gli Stati, che si prospetta durissimo. L'obiettivo della presidenza britannica della Cop è raggiungere venerdì un accordo finale che permetta di rimanere sotto 1,5 gradi di riscaldamento dai livelli pre-industriali, l'obiettivo più ambizioso dell'Accordo di Parigi. Ma la strada è in salita.

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L'annuncio

Pesano le resistenze degli stati emergenti, come Cina e India, che non vogliono decarbonizzare troppo per non rallentare la loro crescita.

Pesa la contrarietà degli Stati produttori di idrocarburi, come Russia, Arabia Saudita e Australia, per i quali decarbonizzare vuol dire non guadagnare. Pesano le tante lobby industriali dei paesi ricchi: da quelle delle fonti fossili, che non vogliono chiudere i battenti, a quelle delle manifatture, che non vogliono spendere troppi soldi per riconvertirsi a tecnologie pulite. E pesano le paure dei governi: di perdere voti se chiudono attività inquinanti, di ritrovarsi con le rivolte dei gilet gialli se le tassano. Le associazioni ambientaliste hanno detto che la bozza è poco ambiziosa e deludente. Ma questo è il loro gioco: chiedere sempre di più, per far sentire la pressione dell'opinione pubblica sui governi. Una pressione che, ammettono i negoziatori europei a Glasgow, «ci aiuta a spingere di più sui paesi più riottosi».

Oggi a Glasgow è arrivato il premier britannico Boris Johnson, per spendere tutto il suo peso politico per convincere i Paesi a trovare un accordo decente. «Sono negoziati duri, con ancora un enorme lavoro da fare», ha ammesso. L'obiettivo è «mantenere il target di 1,5 gradi». Sotto quello, sarebbe «un fallimento colossale». E ha concluso: «Non ci sono scuse per non agire». La bozza di documento finale della Cop26 «riconosce che limitare il riscaldamento globale a 1,5 C al 2100» richiede «ridurre le emissioni globali di anidride carbonica del 45% al 2030 rispetto al livello del 2010, e a zero nette intorno alla metà del secolo». La bozza «invita le parti a considerare di ridurre le emissioni di gas serra che non sono anidride carbonica» e «chiede alle parti di accelerare l'eliminazione del carbone e dei sussidi ai combustibili fossili». Il documento proposto dalla presidenza britannica «sollecita le parti a rivedere e rafforzare i loro obiettivi al 2030 nei loro Ndc (Nationally Determined Contributions, gli impegni nazionali di decarbonizzazione, n.d.r.), com'è necessario per allinearli all'obiettivo sulla temperatura dell'Accordo di Parigi, entro la fine del 2022».

 

È forse il punto più delicato: i leader mondiali lunedì scorso a Glasgow hanno preso nuovi impegni di decarbonizzazione. Ma anche gli osservatori più ottimisti sono concordi nel dire che al massimo possono tenere il riscaldamento sotto 2 gradi, non sotto 1,5. Quindi, entro l'anno prossimo occorre aumentare ancora gli impegni. Ma è più facile dirlo che farlo. La bozza fissa l'obiettivo l'obiettivo «di arrivare al più tardi nel 2023 al target dei 100 miliardi di dollari all'anno»: cioè il famoso fondo da 100 miliardi di dollari all'anno per aiutare i Paesi poveri a decarbonizzare, previsto dall'Accordo di Parigi per il 2020 e mai partito. E poi «riconosce l'importante ruolo dei soggetti non statali, compresa la società civile, i popoli indigeni, i giovani e altri soggetti» nella lotta climatica, come pure la «piena partecipazione delle donne».

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