Le raffinerie cinesi - controllate dallo Stato - non comprano nuove quantità di petrolio russo nonostante sia offerto sul mercato a prezzi molto bassi. Lo riporta l'agenzia di stampa economica Reuters in un servizio da Singapore nella quale sono citate sei fonti diverse.
Bucha, Hostomel e Mariupol: le città della barbarie. «Mine nei cadaveri», l'ultimo scempio dei russi
Estremamente interessanti i dettagli diffusi da Reuters.
La mossa delle raffinerie
Che cosa significa tutto questo? «Le grandi raffinerie cinesi non vogliono essere viste come sostenitrici di Mosca - ha spiegato una fornte a Reuters - Essendo pubbliche le loro mosse potrebbero essere lette come se fossero dettate dal governo di Pechino e dunque hanno sposato una linea di cautela».
Il segnale è importantissimo perché gli Stati Uniti già da alcune settimane hanno bloccato l'import di petrolio russo e anche l'Unione Europea sta studiando questa ipotesi dopo aver sanzionato Rosneft e Gazprom Neft, ovvero le principali società esportatrici di greggio russo. Mosca, dunque, si ritrova con quantità di greggio in eccesso che sta cercando di vendere sui mercati internazionali a prezzi inferiori a quelli raggiunti nei giorni scorsi.
Cina e Russia hanno sviluppato legami politici ed economici sempre più stretti negli ultimi anni e a febbraio hanno annunciato una partnership "senza limiti". Pechino inoltre si è rifiutata di condannare l'invasione della Russia in Ucraina e persino di definirla come "un'invasione". Tuttavia Pechino non sembra interessata a un azzeramento degli scambi economici favoriti dalla globalizzazione e dal fortissimo scambio commerciale con l'Occidente e - nei fatti - sta lanciando segnali di prudenza.