La mossa della Casa Bianca che riapre i trattati sul disarmo

La mossa della Casa Bianca che riapre i trattati sul disarmo
di Giuseppe D'Amato
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Venerdì 30 Novembre 2018, 07:44
MOSCA Il Trump sfuggente. Se l'appuntamento argentino dovesse saltare il Cremlino si troverebbe in una situazione davvero complessa. Meglio pensare che l'incontro ci sarà, come avvenne a Singapore tra lo stesso presidente statunitense ed il leader nordcoreano Kim Jong-un. Anche allora, fino all'ultimo istante, non vi fu alcuna certezza. Vladimir Putin avrebbe dovuto tenere il suo primo summit di novembre con Donald Trump a Parigi, invece le cronache ufficiali hanno raccontato solto di una frettolosa stretta di mano.
IL SECONDO SUMMIT
A Buenos Aires, a margine del G20, ci sarebbe dovuto essere il secondo summit, quello conclusivo. Le due Amministrazioni stanno infatti trattando dietro le quinte da mesi, quasi in segreto, le proposte fatte dal capo del Cremlino al vertice bilaterale di Helsinki di metà luglio. La posta in palio è di straordinaria portata: le due superpotenze della Guerra Fredda si stanno giocando l'architettura strategica internazionale per il XXI secolo. In sostanza lo status di potenze nucleari con un ruolo guida negli affari mondiali. Gli Stati Uniti invero puntano a ridimensionare la Russia spingendo indirettamente ad includere anche la Cina nei trattati sul disarmo. Donald Trump ha così lasciato intendere di voler uscire dall'Inf del 1987 sui missili a medio e corto raggio, mettendo in difficoltà Vladimir Putin che in tutti i suoi negoziati ha cercato sempre di difendere lo status-quo e la «stabilità». Fino ad ora i russi non hanno ancora compreso se si potranno concludere nuovi trattati. Trump sta utilizzando con Mosca la stessa tattica adottata per il Nafta, per poi ottenere migliori condizioni dai suoi partner? Il dubbio è forte. In Argentina Putin pensava di capirlo di persona. Il capo del Cremlino si è trovato in queste ore cruciali impelagato di nuovo nel pantano ucraino, dove gli interessi russi sono vitali e la partita è per importanza soltanto un gradino sotto a quella sul futuro status di potenza. Mosca, è bene non dimenticarlo mai, non vuole interferenze occidentali all'interno del suo ex cortile di casa e sta lentamente riconquistando lo spazio ex sovietico. Da mesi, come ha scritto la stampa tedesca, «sta stritolando» l'ex repubblica sorella. Gli americani con la mossa di Trump hanno chiarito che le due questioni sono collegate e il ritorno, tanto caro al capo del Cremlino, al mondo novecentesco delle sfere di influenza è ancora lungi dal divenire. Un peggior risveglio non vi poteva essere. A questo punto Vladimir Putin dovrà scegliere se cedere sui marinai ucraini fermati in Crimea, e concedere l'uso del mare d'Azov anche a Kiev (con un danno di immagine rilevante in casa propria), oppure battere i pugni sul tavolo, facendolo saltare. Anche perché ai russi non è chiaro se Donald Trump stia evitando di proposito l'incontro decisivo con lui per avere le mani sciolte sul capitolo armamenti senza avere Mosca di mezzo.
IL RISCHIO DI UNA CRISI
A giudicare dal passato il capo del Cremlino difficilmente cederà sull'Ucraina ed il rischio di una crisi simile a quella del 1962 potrebbe terribilmente avvicinarsi. Kiev non nasconde di temere un'invasione da Est, con il tentativo di unire la Crimea alla terraferma inglobando l'intera area intorno al mare d'Azov. Il dislocamento d'urgenza nella penisola contesa di una nuova batteria anti-aerea di S400 - la quarta laggiù - non lascia presagire nulla di buono. Nelle ultime grandi manovre militari insieme ai cinesi i russi si sono addestrati a settembre a sostenere un conflitto regionale di grandi proporzioni, considerato probabile dagli strateghi federali in un lasso di tempo di medio termine. Nei prossimi giorni, se in Argentina si arrivasse alla rottura, la tensione potrebbe andare alle stelle. Del resto i politici europei ed americani sono giunti alla conclusione che è venuto il momento di fermare a tutti i costi le mire di Vladimir Putin. Solo così, si ritiene nelle cancellerie occidentali, si eviterà il peggio... Ma il peggio potrebbe essere già dietro l'angolo.
Giuseppe D'Amato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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