Cambogia, morto il "compagno Duch", comandante e torturatore dei Khmer Rossi

Cambogia, morto il "compagno duch", comandante e torturatore dei Khmer Rossi
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Mercoledì 2 Settembre 2020, 11:49 - Ultimo aggiornamento: 18:39

Era uno dei simboli più odiosi del regime, e fu il primo a essere condannato per quegli orrori. Kaing Guek Eav, il 'comandante Duch' che gestiva il carcere-lager di Tuol Sleng sotto Pol Pot, è morto a 77 anni. Con lui se ne va un altro pezzo, il penultimo, dello scarno lotto di ex alti funzionari dei Khmer rossi alla sbarra in un tribunale dell'Onu, che per oltre un decennio ha cercato di portare giustizia, almeno simbolica, per quegli 1,7 milioni di morti. Duch, malato da tempo, si è spento per un grave problema polmonare che aveva reso necessario il trasferimento dal carcere all'ospedale. 

Nel 2012 era stato condannato all'ergastolo in appello, dopo un verdetto di 35 anni di reclusione in primo grado per i crimini contro l'umanità (tra cui sterminio, messa in schiavitù e tortura) commessi durante la sua spietata gestione di Tuol Sleng (noto anche come S21). In questa ex scuola nella capitale Phnom Penh, diventata un centro di tortura dalla quale passarono oltre 15mila persone e solo una dozzina ne uscirono vive, Duch estorceva confessioni per crimini inesistenti prima di spedire i prigionieri, dopo mille agonie, ai campi della morte del regime ultra-maoista. Ex insegnante di matematica, Duch aveva inizialmente fatto intravedere segni di onesto pentimento, ammettendo di provare un «rimorso lancinante» per le sue vittime. Con il tempo però diventò ambivalente, sostenendo di non aver avuto altra scelta che eseguire gli ordini, e alla vigilia della condanna in primo grado spiazzò tutti chiedendo di essere assolto. 

Degli ex Khmer rossi, almeno, è quello che ha passato in carcere più tempo di tutti: era stato arrestato già alla fine degli anni Novanta, dopo essere stato riconosciuto da un fotoreporter nella nuova vita che si era costruito nell'ovest della Cambogia, diventando cristiano evangelico e lavorando per una Ong. A differenza degli altri quattro imputati a processo, Duch è stato quantomeno l'unico a collaborare almeno parzialmente anche dopo la sua condanna, testimoniando contro gli altri. Pol Pot è morto nel 1998 senza mai dover rispondere degli orrori causati dal suo utopico progetto di riportare la Cambogia 'all'anno zerò. I coniugi Ieng Sary e Ieng Thirith, rispettivamente ministro degli esteri e first lady del regime, sono morti nel 2013 negando ogni responsabilità. 

Il 'fratello numero due' Nuon Chea e il capo di stato Khieu Samphan, condannati per genocidio e crimini contro l'umanità nel 2018, sono anch'essi rimasti impenitenti fino all'ultimo. Con Nuon Chea morto l'anno scorso, Khieu Samphan (89 anni) è ora l'unico degli imputati ancora in vita. Per il tribunale misto dell'Onu, istituito nel 2007 dopo anni di tortuosi negoziati e costato oltre 300 milioni di dollari, il lavoro è praticamente chiuso, sebbene sia stato costantemente ostacolato dal governo cambogiano di Hun Sen, un ex Khmer rosso che disertò passando dalla parte dei liberatori vietnamiti: il procedimento contro altri due ex ufficiali del regime in sostanza non è mai iniziato per il veto di Phnom Penh. In Cambogia, dove l'età media è di 25 anni e chi ha memoria di quel lacerante passato preferisce non rivangarlo, non c'è una domanda popolare di giustizia per i tanti ex Khmer rossi ancora in libertà. Alla fine, con ventuno anni in detenzione, il comandante Duch sarà quello che avrà pagato più di tutti.

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