Bucha, Hostomel e Mariupol: le città della barbarie. «Mine nei cadaveri», l'ultimo scempio dei russi

La ritirata dell’esercito di Putin svela una lunga scia di brutalità. Le autorità ucraine: «Commessi oltre 5mila crimini di guerra»

Bucha, Hostomel e Mariupol: le città della barbarie. «Mine nei cadaveri», l'ultimo scempio dei russi
di Mauro Evangelisti
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Giovedì 7 Aprile 2022, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 10:25

Alle porte di Kiev, alle porte della barbarie. La ritirata dell’esercito di Putin disvela le violenze e le brutalità commessi in varie cittadine come Bucha, Gostomel, Irpin, Borodyanka. Si è andati ben oltre il triste e prevedibile lascito di una guerra di cui, tra l’altro, si fatica a capire il senso perché l’esercito russo di fatto non ha ottenuto alcun risultato strategico. Anche il tentativo di Putin e del suo entourage di smentire il video con i cadaveri di Bucha - prima dicendo che erano attori, poi affermando che erano stati uccisi dagli ucraini - mostra la goffaggine di chi è abituato a comunicare in un ambiente sterilizzato, la Russia, in cui i media sono di fatto narcotizzati dal Cremlino. Dal New York Times a El Pais, i media internazionali hanno incrociato i video a disposizione e le immagini satellitari smentendo, oltre ogni ragionevole dubbio, le smentite di Mosca. Da Mariupol, invece, a Est dell’Ucraina, una città distrutta al 90 per cento dove, secondo Kiev, i russi hanno forni crematori per eliminare i cadaveri, si rischia di assistere a un’anticipazione di ciò che potrebbe succedere nelle altre città che stanno resistendo all’avanzata dell’esercito di Putin. Esecuzioni, stupri, fosse comuni. Le autorità ucraine - certo, di parte, ma anche rappresentanti di un Paese aggredito, non aggressore - ora parlano di 5.000 crimini di guerra indagati dal procuratore generale Irina Venediktova. Che ha spiegato: «Anche in questa situazione così crudele, i crimini di guerra sono i primi ad apparire, seguiti dai crimini contro l’umanità e dal genocidio».

HOSTOMEL

Svanite nel nulla 400 persone «Rapite o uccise»

Li hanno rapiti o uccisi.

O molto più probabilmente prima li hanno rapiti, poi li hanno uccisi e hanno fatto sparire i cadaveri. «Conosciamo le persone che sono state uccise, ci sono conferme, foto e registrazioni video. Ma ancora non riusciamo a trovare i cadaveri». Taras Dumenko, capo dell’amministrazione militare nel villaggio di Hostomel, parla alla radio pubblica dell’Ucraina e racconta la storia di 400 dispersi. Tra di loro anche bambini. Quattrocento cittadini spariti nel nulla, in un paese, a Nord di Kiev, con appena 14.000 abitanti. Dopo l’invasione, però, molti erano andati via e si calcola che ci fossero ancora 5.000 residenti a Hostomel. Di fatto, con 400 spariti, significa che una persona su 12 non si trova, è desaparecida si direbbe in un’altra parte del pianeta. Certo, può essere che una parte sia riuscita a fuggire, ma le testimonianze raccolte, ma anche foto e video, mostrano anche altro: purtroppo l’esercito russo ha ucciso molti cittadini di Hostomel. Si tratta di una ricostruzione opera degli ucraini, vero. Ma il precedente di Bucha, dove le smentite dei russi sono state smontate da tutte le ricostruzioni indipendenti, rendono più credibile la versione di Kiev. Scrive il quotidiano Ukraine Pravda citando il capo dell’amministrazione militare locale: «Sappiamo che i russi hanno rapito un uomo e un figlio e ancora non sono stati trovati. Stiamo anche cercando il corpo del capo dei vigili del fuoco dell’aeroporto di Hostomel. Le truppe russe hanno ucciso il capo del villaggio, Yuri Prilipko, e hanno ucciso Ruslan Karpenko e Ivan Zorya, i cui corpi sono stati trovati». Come mai, a differenza di Bucha che dista appena quattro chilometri da Hostamel, qui i cadaveri non si trovano? Secondo Dumenko «i russi hanno ripulito le tracce delle loro atrocità. Alcune persone, anche bambini, sono state uccise a colpi di arma da fuoco sulle loro auto, lungo la strada, mentre se ne andavano. Più gli occupanti si sentivano al sicuro, lontani dalla prima linea, più accuratamente coprivano le loro tracce».

Carcasse

Anche vicino a Hostomel, sulle grandi arterie viarie, ci sono decine di automobili abbandonate, spesso sono rimaste solo le carcasse carbonizzate, vi sono anche camion distrutti. Ci sono i segni dei bombardamenti e un ponte fatto crollare, almeno in un lato, tra Hostomel e Gorenka. Si possono incontrare carri armati abbandonati, una clinica distrutta, giganteschi condomini sventrati in cui non vive più nessuno: la normalità che esisteva prima del 24 febbraio è sparita insieme ai residenti. Questo centro periferico ha una importanza particolare, qui c’è l’Antonov International Airport, dove nella prima fase dell’invasione i russi hanno danneggiato in modo irrecuperabile l’unico esemplare dell’aereo più grande al mondo, l’An-225. Da Kiev dista appena 27 chilometri, è a Nord, ma è proprio dalla Bielorussia che sono scese le forze armate con cui Putin ha deciso di aggredire l’Ucraina a partire dal 24 febbraio.

BUCHA

Stuprate anche le 14enni Il sindaco: 320 esecuzioni

Non ci sono solo i cadaveri abbandonati per strada. L’orrore di Bucha sta restituendo anche altro, testimonianze di stupri, torture ed esecuzioni. Lyudmila Denisova, commissario per i diritti umani del Parlamento ucraino, ha raccontato: «Venticinque donne affermano di essere state violentate dai soldati russi a Bucha. Abbiamo attivato una linea telefonica di assistenza che offre supporto a chi ha subito abusi. Ci hanno chiamato ragazze giovanissime, anche quattordicenni, che hanno denunciato di essere state violentate dai militari russi». Secondo la Denisova, a Bucha, ma non solo a Bucha, lo stupro è stato usato come «una nuova arma» dagli invasori. «È successo per un mese, per tutta la durata dell’occupazione della cittadina. Continueremo a documentare questi crimini. E chi li ha commessi sarà trovato e punito».

Arrivati da Est

Nella cittadina alle porte di Kiev agiva l’unità militare 51460 arrivata, da una regione della Federazione Russa ai confini con Nord Corea e Cina, da un altro mondo a estremo oriente che dista 8.500 chilometri da Bucha. Lineamenti asiatici, secondo gli ucraini erano comandati dal tenente colonnello Omurbekov Asankebovich, già definito “il boia di Bucha”. Saranno però le indagini a verificare se davvero abbia dato lui il via libera alle atrocità, visto che in zona operavano anche i ceceni di Kadyrov. E il precedente del conflitto in Cecenia fa riflettere. Ciò che ora si può dire è che Bucha, insieme a Mariupol e a Irpin, è una delle città martiri di questa invasione ordinata da Vladimir Putin. Nel mese di occupazione sono morti almeno in 400. Il sindaco ha denunciato che i russi prima di partire hanno lasciato mine ovunque, perfino nei cadaveri. Alcuni media locali spiegano che chi aveva tra i 50 e i 70 anni è stato ucciso per strada, come mostrano i corpi trovati con un foro di proiettile in testa, i più giovani nei cortili delle loro case, perché i russi cercavano in modo sistematico coloro che avevano l’età per combattere. Un’azione irrazionale, inutilmente feroce, visto che poi i russi hanno abbandonato Bucha. Quei morti sono fonte di dolore e orrore, ma dal punto di vista strategico non spostano nulla. Una violenza cieca fine a se stessa.
Anatoliy Fedoruk, sindaco di Bucha, ha raccontato alla Bbc: «Dalle nostre case abbiamo visto le persone brutalmente colpite dai russi anche mentre cercavano di scappare in automobile. C’era una donna incinta, suo marito urlava, chiedeva di non spararle, ma i soldati russi non hanno avuto pietà e li hanno uccisi. Ho dovuto seppellire la donna sulla strada laterale, invece di una croce ho messo la targa della sua automobile». Il sindaco parla anche di cinque ragazzi torturati, con le mani dietro alla schiena e colpiti alla nuca.
Da Washington, il presidente americano Joe Biden ieri ha detto: «A Bucha sono stati commessi gravissimi crimini di guerra, persone sono state uccise a sangue freddo». Il primo ministro britannico Boris Johnson: «Le immagini che sono circolate sui crimini commessi a Bucha non sembrano molto lontane dal genocidio». Anche l’India, che pure all’assemblea dell’Onu si era astenuta sul voto della risoluzione contro l’invasione russa, ha condannato l’uccisione di civili a Bucha. Il leader russo Vladimir Putin, parlando con il presidente ungherese Orban, ha invece affermato che a Bucha non è successo nulla.

MARIUPOL

Quei crematori itineranti per far sparire i cadaveri

«Gli assassini coprono le tracce. Usano crematori mobili per bruciare i cadaveri». Mariupol, città martire, affacciata sul Mar d’Azov, a Sud-Est, non lontano dal confine, è in agonia da un mese, ha visto bombardare il suo teatro, i suoi ospedali, radere al suolo gran parte degli edifici. Nella città in cui fino al 24 febbraio abitavano e conducevano una vita normale 430mila persone, si muore ogni giorno, a causa dei combattimenti violenti, delle esecuzioni, ma anche della fame e della sete perché non è rimasto più nulla. Qui, secondo il consiglio comunale cittadino che ieri ha scritto un post sui social, i russi non vogliono commettere gli stessi errori di Bucha. Non vogliono lasciare i segni del loro passaggio. Non vogliono cadaveri, che siano quelli dei cittadini di Mariupol uccisi o dei soldati di Putin caduti in battaglia. Si legge nel post: «I crematori mobili russi hanno iniziato a funzionare. Dopo l’ampia pubblicità internazionale del genocidio di Bucha, i vertici della Federazione russa hanno ordinato la distruzione di qualsiasi prova di crimini del suo esercito a Mariupol». Secondo gli amministratori locali filo ucraini, a Mariupol «una settimana fa stime prudenti hanno portato il bilancio delle vittime a 5.000. Ma date le dimensioni della città, la distruzione catastrofica, la durata del blocco e la dura resistenza, decine di migliaia di civili di Mariupol potrebbero essere caduti vittime degli occupanti. Ecco perché la Russia non ha fretta di dare il via libera alla missione umanitaria turca e ad altre iniziative per salvare e completare l’evacuazione di Mariupol. Inoltre, tutti i potenziali testimoni delle atrocità degli occupanti vengono identificati ed eliminati». A guidare l’operazione, secondo gli ucraini, è l’auto proclamato sindaco “collaborazionista” (ma è una semplificazione perché in questa parte del Paese la situazione è particolarmente complessa), Kostiantyn Ivashchenko.

Dolore

Il sindaco in carica, fedele a Kiev, Vadym Boychenko, ha usato parole molto forti, probabilmente sproporzionate al di là della drammaticità e del dolore indicibile di Mariupol: «Questa non è più la Cecenia o Aleppo. È peggio. Questa è la nuova Auschwitz» ha detto. Ormai le forze russe stanno avendo la meglio a Mariupol, difficilmente gli ucraini resisteranno ancora a lungo. Ma quando l’esercito di Putin avrà il controllo totale della città sarà difficile ricostruire quanto successo, proprio perché i cadaveri, stando alla denuncia degli ucraini, vengono bruciati. E a differenza dell’area di Kiev, qui per Putin sarà semplice costruire una verità di comodo che riverserà sul battaglione Azov tutte le responsabilità.

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